La volta che Bill Gates minacciò Grove e l’Intel

Lettera dalla Silicon Valley

29 marzo 2004
Federico Rampini
Fonte: Affari&Finanza di Repubblica

La controffensiva della Microsoft verso Mario Monti è scattata usando l'artiglieria pesante. Una quarantina fra senatori e deputati americani sono già usciti allo scoperto per attaccare duramente la storica sanzione dell'antitrust europeo. Il senatore repubblicano John Ensign ha toccato il tasto più sensibile in questo periodo preelettorale: "Il provvedimento della Commissione ci costerà migliaia di posti di lavoro qui negli Stati Uniti, proprio ora che ne abbiamo più bisogno".
Punire il monopolista significa distruggere occupazione? Qui nella Silicon Valley, in realtà, da anni sanno che è vero il contrario. Per capire perché, è utile un retroscena sui metodi usati da Bill Gates per far fuori i suoi concorrenti americani, rivelato in questi giorni. La storia è venuta fuori in una delle tante "class action" americane contro la Microsoft: una causa civile collettiva promossa dai consumatori del Minnesota. I quali sostengono che la Microsoft tra il 1994 e il 2001 li ha derubati di 500 milioni di dollari, grazie ai sovrapprezzi sui suoi software. Ma la rivelazione più interessante è un'altra, e l'ha raccolta John Markoff sul New York Times. Nel corso di quella class action gli avvocati dei consumatori (tra cui lo studio Townsend di San Francisco) hanno esibito carte imbarazzanti per Bill Gates. Si riferiscono al modo in cui il capitalista più ricco del pianeta eliminò un piccolo ma fastidioso concorrente della Silicon Valley, l'azienda di software Go Corporation. Quest'ultima negli anni 90 aveva creato un sistema operativo per navigare su Internet, PenPoint, studiato su misura per i computer palmari. Quello dei palmari allora era un mercato che prometteva grandi sviluppi, che poi ha mantenuto. La Microsoft in quel settore non aveva la posizione dominante che ha nei pc "da tavolo" (desktop). Ma come sempre, era intenzionata a sfruttare il proprio monopolio in un mercato, per estenderlo ad altri uccidendo sul nascere la competizione. La Go era un concorrente serio: così serio che, per quanto piccola, l'impresa di software aveva attirato come finanziatori i più reputati venture capitalist della Silicon Valley, e come partner industriali nientemeno che Intel, Ibm e AT&T.
Le prove esibite al tribunale di Minneapolis, dimostrano che la Microsoft aveva dovuto firmare un accordo con la Go per rispettare la segretezza del software della piccola concorrente, e che quell'accordo fu beffato: la Microsoft violò i patti, si impadronì dei segreti industriali della Go, li usò per costruire un suo programma operativo per i palmari, il PenWindows. Ma non è tutto. Anzi, il peggio deve ancora venire. Come risulta dalle carte del processo del Minnesota, Bill Gates intervenne personalmente per intimidire e ricattare le aziende che stavano appoggiando la Go. Il 28 giugno 1990 scrisse una lettera a Andrew Grove, allora chief executive della Intel, con queste testuali parole: "Credo di essere stato chiaro che consideriamo un investimento di Intel nella Go come una mossa antiMicrosoft, perché Go fa concorrenza ai nostri sistemi di software". Un avvertimento di questo tipo in Italia lo si definirebbe con un aggettivo che tutti sapete, ma che rinuncio a usare perché devo stare attento agli avvocati di Bill Gates. In ogni caso la minaccia contenuta in quella lettera fu chiarissima per il destinatario, e l'effetto fu immediato. Nonostante che Andrew Grove sia il re della Silicon Valley, capo dell'azienda leader mondiale dei microchip, e malgrado la sua leggendaria grinta, cedette subito. La Intel decurtò il suo investimento nella Go, da 10 a 2 milioni di dollari, e chiese che anche quel poco rimasto fosse tenuto segreto, tanto temeva la vendetta di Microsoft. Il successivo fallimento della Go naturalmente distrusse dei posti di lavoro, eliminati dal trionfo del monopolista. Per questo nella Silicon Valley i piagnistei del senatore Ensign vengono accolti con amaro sarcasmo

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