Il cd virtuale costa più di quello vero
4 aprile 2004
Franco Carlini
Un reporter del Wall Street Journal, Ethan Smith, si è preso la briga di confrontare
i prezzi degli album musicali venduti online, in forma digitale, e nei negozi.
Con sua e nostra sorpresa ne ha trovato molti che costano
di più se scaricati dalla rete piuttosto che acquistati come oggetti fisici
su Amazon.com o addirittura acquistati nei negozi. Per esempio "Fly or Die" dei
N.E.R.D. costa 13,49 dollari su Amazon e addirittura 16,99 sul servizio online
iTunes della Apple. "Freak of Nature" di Anastacia, vale 13,99 su iTunes e 11,98
nei negozi.
Cosa succede? Come è possibile che un Cd fisico, che occorre stampare, inscatolare, spedire, esporre, costi di più di un file digitale depositato su di un computer? Tutto dipende dalle politiche commerciali seguite dalle case musicali, le quali sono sì lusingate per la crescita costante delle vendite in rete (25 milioni di brani venduti nei primi tre mesi di quest'anno, contro i 19,2 milioni della seconda metà del 2003), ma proprio per questo sono fortemente tentate di massimizzare gli utili.
Lo sono a tal punto che stanno tentando anche di alzare il prezzo del singolo brano (track) ceduto online. Attualmente il prezzo di riferimento è di 99 centesimi di dollaro, ma alcuni servizi stanno proponendo cifre inferiori. Le mayor musicali invece stanno considerando la possibilità di farli salire, persino fino alla cifra sconvolgente di due dollari.
Un'altra tattica che viene presa in considerazione è quella di vendere più brani obbligatoriamente abbinati, la stessa logica sottostante agli album, grazie alla quale chi voglia avere un brano che gli piace molto deve necessariamente acquistarne (a prezzo maggiorato) anche altri di cui non gli importa niente.
Queste politiche commerciali sono tutto fuorché lungimiranti: un mercato appena nascente rischia di essere immediatamente depresso dall'innalzamento dei prezzi e la conseguenza, certamente negativa per l'industria musicale, sarebbe certamente di incentivare di nuovo lo scaricamento e lo scambio illegale dei file musicali. Ovvero un esito disastroso per tutti.
Cosa succede? Come è possibile che un Cd fisico, che occorre stampare, inscatolare, spedire, esporre, costi di più di un file digitale depositato su di un computer? Tutto dipende dalle politiche commerciali seguite dalle case musicali, le quali sono sì lusingate per la crescita costante delle vendite in rete (25 milioni di brani venduti nei primi tre mesi di quest'anno, contro i 19,2 milioni della seconda metà del 2003), ma proprio per questo sono fortemente tentate di massimizzare gli utili.
Lo sono a tal punto che stanno tentando anche di alzare il prezzo del singolo brano (track) ceduto online. Attualmente il prezzo di riferimento è di 99 centesimi di dollaro, ma alcuni servizi stanno proponendo cifre inferiori. Le mayor musicali invece stanno considerando la possibilità di farli salire, persino fino alla cifra sconvolgente di due dollari.
Un'altra tattica che viene presa in considerazione è quella di vendere più brani obbligatoriamente abbinati, la stessa logica sottostante agli album, grazie alla quale chi voglia avere un brano che gli piace molto deve necessariamente acquistarne (a prezzo maggiorato) anche altri di cui non gli importa niente.
Queste politiche commerciali sono tutto fuorché lungimiranti: un mercato appena nascente rischia di essere immediatamente depresso dall'innalzamento dei prezzi e la conseguenza, certamente negativa per l'industria musicale, sarebbe certamente di incentivare di nuovo lo scaricamento e lo scambio illegale dei file musicali. Ovvero un esito disastroso per tutti.
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