Programmare per settembre una didattica a distanza di qualità
Gentile Ministra,
le scrivo in qualità di docente impegnato sul fronte della didattica a distanza.
Sono animatore digitale di una scuola secondaria superiore di Taranto.
L’emergenza coronavirus ci ha spinto ad accelerare la transizione verso una didattica digitale.
E' stata una spinta positiva, quasi provvidenziale.
Abbiamo infatti - sotto lo stato di necessità - accumulato in queste settimane un’esperienza digitale globale elevata. Tanti docenti hanno raggiunto un’eccellente capacità di gestione delle tecnologie e dei software per la didattica a distanza.
Abbiamo imparato a progettare in pochi giorni - sotto la necessità di una terribile emergenza - delle modalita di comunicazione basate sulla collaborazione, sulla condivisione e sull’interattività multimediale. Cercando di valorizzare l'impegno degli studenti e costruendo un rapporto di fiducia e coesione delle classi.
Abbiamo dovuto imparare a gestire la comunicazione prestando attenzione a tanti fattori: la voce, le immagini, l'interattività, la motivazione, il ritmo. Come se fossimo in una radio o in una web TV.
Avevamo a disposizione la potenza delle immagini. E l'infinita possibilità di condividere, ricercare, replicare, combinare l'informazione.
Tutto poteva appassionare. Tutto poteva annoiare. Tutto dipendeva da noi. E dai nostri studenti. Dalle ragioni del nostro stare insieme, dalla stima che ci legava.
C'è chi in queste settimane ha sollevato obiezioni sui limiti intrinseci della didattica a distanza.
Tali obiezioni partono da un assunto non dimostrato, mentre è assolutamente dimostrabile la evidente impreparazione di chi non sa gestire la didattica a distanza.
La partecipazione al dialogo educativo è infatti possibile con il digitale, anche a distanza, a patto che non lo si concepisca come la comunicazione a senso unico, come un canale univoco e trasmissivo, uno-a-molti. Se si recupera il senso circolare della comunicazione, e se si piega la tecnologia a questa circolarità, allora le obiezioni alla didattica a distanza cadono e viene alla luce il vero problema: la didattica collaborativa e la partecipazione al dialogo educativo.
Fare didattica a distanza significa maturare nuove competenze nella comunicazione, significa scendere dalla cattedra ed entrare in rete, favorire un rapporto dialogico, sfruttare tutta l’interattività che i software ci mettono a disposizione. Significa migliorare la nostra voce, recitare bene e con sincerità la nostra parte. Significa recuperare Freinet e la scuola attiva.
La buona didattica a distanza è un modo di rimettere in discussione prassi consolidate.
Significa cambiare paradigma.
Rivedere la valutazione.
Rovesciare la classe.
Far partecipare gli studenti.
Puntare sull’apprendimento attivo e collaborativo.
Tracciare mappe concettuali.
Intraprendere cacce al tesoro digitali.
Scegliere la didattica visiva, colorata, basata sulla creatività e il gioco.
Significa anche divertirsi con un video simpatico, un cartone animato azzeccato, una battuta di Totò mentre scrive una lettera con Peppino.
Gli studenti nella didattica a distanza non possono essere più destinatari della solita lezione.
Dietro le lamentele di vari docenti nei confronti della didattica a distanza si nasconde in realtà la nostalgia del passato, della vecchia e rassicurante routine: spiegazione, compito a casa e interrogazione. Libro, quaderno, voto.
Ma un ritorno al passato sarebbe come lasciare incompiuta un’opportunità straordinaria.
In questo momento siamo a metà del guado.
Da ora in poi dobbiamo avere il coraggio di attraversare completamente il guado e di portare a completamento il processo di innovazione didattica.
Ed è per questa ragione che - almeno per le scuole secondarie superiori - l’obiettivo non deve e non può essere quello di interrompere a settembre l’esperimento intrapreso di didattica a distanza ma di portarlo a pieno compimento.
Da qui a settembre occorre formare anche quella parte di docenti non ancora pronti, colti alla sprovvista. Non si tratta di forzare nessuno. Si tratta di accompagnare, di condividere collaborazioni fra docenti, di aprirsi al futuro. E di usare cautela nel presente dato che, purtroppo, il virus continua a mietere ancora vittime.
Gli esperti potrebbero dirci infatti che non ci sono ancora le condizioni di sicurezza per un ritorno a scuola.
Se così fosse sarebbe azzardato e imprudente forzare il ritorno di moltitudini di studenti e docenti quando abbiamo l'opportunità di programmare fin da ora il nuovo anno scolastico arrivandoci preparati con una didattica digitale di buona qualità.
Ipotizzare un settembre di avvio con una buona didattica a distanza significa puntare su una scelta di sicurezza e eliminerebbe le incertezze sugli scenari: sapremmo che dobbiamo già attrezzarci. Cambiando la programmazione didattica fin da ora. Arriveremo a settembre con le nostre unità di apprendimento già sul cloud. Con il nostro zainetto digitale ricco di proposte. Con un congruo numero ore di esercitazione fatte con i colleghi. Saremo diventati realmente competenti nel gestire la transizione digitale. Avremo costruito team affiatati e collaborativi fra i docenti, non lasciando al singolo la fatica e l'incertezza del da farsi. Avremo il tempo di creare i nostri repository didattici di dipartimento.
Le scrivo perché questa prospettiva di ricominciare a settembre con la didattica a distanza sia considerata non come una iattura come una opportunità positiva per le scuole secondarie di secondo grado.
Come animatore digitale e come docente che ama la scuola, la invito a considerare realistico per le scuole secondarie superiori un avvio dell’anno incardinato sull'innovazione digitale di qualità.
La didattica a distanza è una straordinaria opportunità di innovazione se è accompagnata da una politica di formazione, con un intervento del Ministero anche nella progettazione e diffusione di software pubblico che sia pensato per condividere e collaborare in rete, favorendo il censimento dell'archivio delle parole conosciute da ogni singolo docente e promuovendone le competenze linguistiche.
La domanda che dobbiamo porci non è se fare la didattica a distanza ma è su come fare la didattica a distanza, individuando e supportando le migliori pratiche, valutando quanto gli studenti siano stati coinvolti e facendo il punto su cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato.
Il tempo che ci rimane da qui a settembre è sufficiente per pensare ad un avvio serio, ordinato e affidabile, totalmente centrato su ambienti virtuali per il cooperative learning e su repository didattici ben strutturati e basati su quanto di meglio c'è oggi a disposizione.
Per gli istituti secondari di secondo grado questo è fattibile. Va solo costruito.
Si può prevedere un ritorno a scuola per i laboratori e le palestre, ma non per ciò che può essere ben gestito a distanza con ottimi strumenti di condivisione interattiva che sono sperimentati con successo in tante realtà sociali e lavorative.
La invito a prendere in considerazione questa proposta, trasformando le attuali esigenze di massima precauzione in opportunità di cambiamento, condividendo in rete le migliori esperienze e costruendo su quelle esperienze un percorso affidabile e credibile per l'avvio del prossimo anno scolastico. Anche perché una programmazione didattica centrata sul digitale può essere facilmente rimodulata e trasferita in una prospettiva di ritorno graduale in classe, come ci auguriamo possa avvenire appena il coronavirus verrà debellato.
Quel giorno mi auguro che studenti e docenti ritorneranno in classe con un tablet o un netbook nello zainetto.
Un cordiale saluto
Alessandro Marescotti
docente e animatore digitale
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