Apple esercita pressioni contro un disegno di legge volto ad arrestare il lavoro forzato in Cina

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Secondo due funzionari del Congresso, Apple intende placare le disposizioni chiave del disegno di legge, il quale ritiene le aziende statunitensi responsabili per aver costretto gli Uiguri al lavoro forzato
29 novembre 2020
Reed Albergotti
Tradotto da Martina Di Carlo per PeaceLink
Fonte: The Washington Post - 20 novembre 2020

Una stazione di polizia presso il cancello principale del Centro di servizi di formazione per l'istruzione e le competenze professionali della città di Artux, nella regione dello Xinjiang della Cina occidentale

Secondo due funzionari del Congresso ferrati in materia, i lobbisti di Apple stanno cercando di contrastare un disegno di legge volto a prevenire il lavoro forzato in Cina, evidenziando il disaccordo tra i suoi imperativi aziendali e la sua posizione ufficiale in materia di diritti umani.

La legge uigura sulla prevenzione del lavoro forzato richiederebbe alle aziende statunitensi di non impiegare lavoratori costretti o prigionieri provenienti dalla regione prevalentemente musulmana dello Xijiang, dove ricercatori accademici hanno previsto che il governo cinese abbia collocato più di un milione di persone nei campi di internamento. Apple è fortemente dipendente dalla produzione cinese e i report sui diritti umani hanno identificato casi nei quali il presunto lavoro forzato uiguro è stato impiegato nella filiera di Apple.

I funzionari, i quali hanno parlato in anonimato poiché il colloquio con l'azienda ebbe luogo in incontri privati, hanno affermato che Apple fu una delle tante aziende statunitensi a opporsi al disegno di legge così come è scritto. Hanno rifiutato di rivelare dettagli sulle disposizioni specifiche che Apple stava cercando di cambiare perché hanno temuto che in base alla loro conoscenza in materia potessero essere identificati da Apple. Entrambi però hanno definito gli sforzi di Apple come un tentativo per placare il disegno di legge.

“Apple vorrebbe che noi tutti ci sedessimo e parlassimo senza avere reali conseguenze”, ha affermato Cathy Feingold, direttore del dipartimento internazionale di AFL-CIO, la quale ha sostenuto il disegno di legge. “Siamo scioccati perché questa è la prima volta in cui potrebbe esserci qualche effettiva applicabilità”.

La Cina sta costruendo nuovi e ampi centri di detenzione per i musulmani nello Xinjiang

Il portavoce Apple Josh Rosenstock ha affermato che l'azienda “si è occupata di verificare che ogni dipendente della nostra filiera venisse trattato con rispetto e dignità. Noi detestiamo il lavoro forzato e sosteniamo gli obiettivi della legge uigura sulla prevenzione del lavoro forzato. Condividiamo l'obiettivo del comitato di debellare il lavoro forzato e rafforzare la legge statunitense e continueremo a lavorare con loro per raggiungerlo”. Ha affermato che, all'inizio di quest'anno, l'azienda “ha condotto uno studio dettagliato con i nostri fornitori e non ha trovato alcuna prova di lavoro forzato nelle linee di produzione della Apple e stiamo continuando a monitorarlo attentamente”.

La società di lobbying di Apple, Fierce Government Relations, ha rivelato che ci fu del lobbismo nel disegno di legge per conto di Apple in un modulo di divulgazione che fu riportato per la prima volta da “The Information”. Comunque, il modulo non seppe dire se Apple fosse favorevole o meno al disegno di legge o se intendesse modificarlo in qualche modo. I moduli divulgativi di lobbying non richiedono tali informazioni. Fierce fece il nome del Washington Post al team di pubbliche relazioni di Apple.

L'amministratore delegato Apple, Tim Cook, ha affermato pubblicamente che Apple non tollera il lavoro forzato nella sua filiera. “Il lavoro forzato è ripugnante” ha affermato Cook in un'udienza del Congresso a Luglio. “Apple non lo tollererebbe”, ha affermato, aggiungendo che “avrebbe interrotto il rapporto di fornitura qualora lo si dovesse individuare”.

Il nuovo disegno di legge renderebbe più difficile per le aziende statunitensi ignorare le ingiurie tenutesi in Cina e darebbe più potere alle autorità statunitensi per rinforzare la legge. Una disposizione del disegno di legge richiede alle aziende pubbliche di garantire alla Commissione per i Titoli e gli Scambi che i loro prodotti non vengono realizzati tramite il lavoro forzato dei musulmani dello Xinjiang. Se si scopre che le aziende hanno impiegato i musulmani di tale regione per il lavoro forzato, potrebbero essere perseguite per violazione della sicurezza.

Mentre la legge statunitense impedisce già alle aziende di importare merci che vengono realizzate tramite il lavoro forzato, la legge raramente viene applicata raramente ed è difficile provare che le aziende statunitensi siano al corrente dell'impiego del lavoro forzato.

La legge uigura sulla prevenzione del lavoro forzato, a Settembre, è passata alla Camera con 406 a 3. Le persone coinvolte nella legislazione hanno affermato che l'industria dell'abbigliamento fu colta alla sprovvista dalla rapidità con cui la legge è passata senza troppe pressioni.

Ora che il disegno di legge, sostenuto dal portavoce Jim McGovern (Distretto del Massachusetts) e il senatore Marco Rubio (R-Fla.) è stato presentato al Senato statunitense, le società per azioni hanno fatto molto più di uno sforzo concertato per adattarla, in parte per smussare molte delle sue disposizioni più salde, secondo i due funzionari del Congresso. Tali persone hanno affermato che alcune aziende hanno fatto pressioni per vedere eliminati i lori nomi dal disegno di legge, in quanto esso fa riferimento a brand specifici quali Patagonia, Coca-Cola e Costco, con l'accusa di impiegare i provenienti dalla regione musulmana al lavoro forzato. Non viene citata la Apple.

Patagonia, Coca-Cola e Costco non hanno risposto alle richieste di commento.

Il disegno di legge si focalizza, in particolare, su industrie tessili e a bassa tecnologia. Per esempio, secondo reportage sui diritti umani, lo zucchero di Xinjiang si è fatto strada nella Coca-Cola e i pomodori sono stati utilizzati per il ketchup Heinz.

Michael Mullen, Vice Presidente Senior di Kraft Heinz, in una dichiarazione scritta ha affermato che i fornitori dell'azienda sono controllati da un terzo e tale controllo non ha identificato nessun caso di lavoro forzato. “Qualora si scoprissero casi collegati a pratiche lavorative inappropriate, prenderemo provvedimenti immediatamente”. Mullen ha rifiutato di nominare la società di revisione. Molte società hanno interrotto i controlli nello Xinjiang a causa di limitazioni imposte dal governo cinese. 

Rispettare il nuovo disegno di legge potrebbe costare caro alle società, soprattutto all'industria tessile, dove il cotone viene tessuto in capi in tutto il mondo, rendendolo costoso e difficile da trovare. La regione dello Xinjiang è conosciuta come centro per la produzione di cotone e l'industria dell'abbigliamento ha ottenuto la maggior parte del controllo per l'utilizzo, presumibilmente, di tessuti realizzati tramite il lavoro forzato nella regione.

La sezione CTS del disegno di legge riporta una disposizione del Dodd-Frank Act, il quale chiede alle società di far presente al governo se i loro prodotti contengono “minerali dei conflitti” dal Congo. Tale disposizione del Dodd-Frank Act ha creato grattacapi alle società che importano oro. Le società temono che la legge uigura sulla prevenzione del lavoro forzato possa creare problemi analoghi, secondo i legislatori.

Grazie al fatto che la Cina ha portato i musulmani dallo Xinjiang a lavorare in altre parti del paese, i sostenitori dei diritti umani hanno affermato che potrebbe essere difficile per ogni società statunitense che opera in Cina assicurarsi di non beneficiare, anche indirettamente, del lavoro forzato.

Lo Xinjiang, che confina con il Pakistan e l'Afghanistan, fu conquistata dalla Cina nel XVIII secolo e i musulmani turchi che vivevano li hanno combattuto a lungo contro il governo cinese. Ma, negli ultimi anni, il governo cinese sta cercando di inasprire i controlli sui musulmani, grazie a tecnologie di sorveglianza avanzate, quali l'intelligenza artificiale e il riconoscimento facciale, una presa di ferro digitale che ha oberato la popolazione.

Con una stima da 1 a 2 milioni di persone collocate in campi di prigionia, le associazioni per i diritti umani hanno definito la situazione nello Xinjiang un genocidio culturale. Molti di quelli che sono passati dai campi, rinunciando all'Islam e imparando a parlare il mandarino sono stati spostati in fabbriche nello Xinjiang o nelle regioni limitrofe.

Il governo cinese ha contestato la caratterizzazione del programma “campi di prigionia”, affermando che erano centri di formazione professionale per riformare i criminali minorenni. A seguito di forti pressioni internazionali, i funzionari, a Dicembre 2019, hanno dichiarato la conclusione del programma, affermando che tutti gli studenti erano riusciti a laurearsi. E' stato confermato che molti di questi centri sono stati sgomberati, anche se molti uiguri d'oltremare hanno dichiarato che i familiari rimangono detenuti o dispersi.

Ma la Cina ha sventato il tentativo di osservare le disposizioni sui diritti umani nello Xinjiang. Diplomatici e giornalisti stranieri che hanno visitato la regione quasi universalmente riferiscono d essere stati ripetutamente trattenuti e bloccati dalle autorità per essersi avvicinati alle zone dove i campi erano ubicati. Recenti foto satellitari mostrano che i campi crescono, non si restringono.

Gli uiguri riflettono sulla violenza del 2009 che ha scatenato l'inasprimento cinese

Sebbene non sia noto di quanti prodotti elettronici abbia bisogno la regione, molte associazioni per i diritti umani credono che nello Xinjiang ci siano stabilimenti che realizzano componenti elettronici. Le società private, che fungono da mediatori per i lavoratori dello Xinjiang, secondo relazioni sui diritti umani, hanno provveduto a trasferire i lavoratori dai campi di concentramento alle fabbriche di elettronica fuori dallo Xinjiang.

A Marzo, un reportage dell'Australian Strategic Policy Institute ha identificato quattro presunti casi nei quali il lavoro della regione dello Xinjiang è stato collegato alla filiera Apple. Il reportage ipotizza che i lavoratori erano stati costretti, ma non offre la prova che conferma i termini e le condizioni di lavoro.

I prodotti Apple comprendono migliaia di componenti realizzati da fornitori in tutto il mondo. La società ha un codice di condotta per i fornitori e afferma di aver stimato 1,142 fornitori in 49 paesi nel 2019, assicurando che vengono rispettate le condizioni di lavoro. Apple pubblica una relazione annuale sui progressi compiuti, riportando i risultati. “I diritti dei lavoratori sono diritti umani. Chiediamo ai fornitori di provvedere a orari di lavoro equi, sicurezza sull'ambiente di lavoro e un ambiente libero dalle discriminazioni”, afferma la società sul suo sito web.

Il reportage australiano ipotizza che nel 2017 il governo cinese ha trasferito tra i 1,000 e i 2,000 uiguri a lavorare in una fabbrica di proprietà O-Film che aiuta a realizzare le fotocamera per i selfie per iPhone di Apple. Tim Cook ha reso pubblica la sua visita alla fabbrica O-Film nel Dicembre 2017, in posa in una foto difronte a un microscopio sul pavimento della fabbrica, con una tuta blu. “Dare uno sguardo più da vicino al notevole lavoro di precisione con il quale vengono realizzate le fotocamere per i selfie per Iphone 8 e Iphone X a O-Film” ha scritto Cook sul social network cinese Weibo.

Stando al reportage, O-Film fornisce altre aziende americane quali Dell, HP, Amazon e General Motors (l'amministratore delegato e fondatore di Amazon Jeff Bezos possiede The Washington Post). La portavoce Dell, Lauren Lee ha affermato che una società sussidiaria di O-Film è un fornitore per l'azienda e che Dell non fa affari con la società O-Film citata nel reportage. Amazon ha preso atto del reportage e ha denunciato il lavoro forzato tramite una dichiarazione sul suo sito web. General Motors, in un suo recentissimo reportage sulla sostenibilità, ha affermato di aver studiato le accuse e di aver concluso il suo rapporto con il fornitore.

Un articolo di giornale cinese del Maggio 2017 ha trattato il trasferimento del lavoro uiguro alla società O-Film. L'articolo da una svolta positiva alla storia, riferendosi ai presunti lavoratori forzati come “lavoratori in esubero urbano e rurale” che hanno “lasciato le loro case per lavorare nel continente, fare soldi e crearsi un futuro migliore”.

La Cina ha radunato 1 milione di persone nei campi di concentramento

Il reportage australiano, citando un documento del governo locale del Settembre 2019, afferma che 560 lavoratori dello Xinjiang furono trasferiti nella provincia di Henan e molti di questi lavoratori si ritrovarono nella società di Foxconn Zhengzhou, altrimenti nota come “iPhone City”, dove viene assemblata la metà dei principali prodotti Apple.

Il reportage menziona anche il discorso di un funzionario del governo cinese del 2018, dichiarando il trasferimento dei lavoratori dallo Xinjiang alla società Hubei Yihong, la quale, ipotizza il reportage, possa essere la società madre di un fornitore Apple. Stando al reportage, il sito web della società ha riportato che essa riforniva GoerTek, la quale realizzava gli AirPod di Apple. Nel discorso, il funzionario ha definito il trasferimento dei lavoratori come un “canale verde” e ha ordinato ai lavoratori di essere “grati” al Partito Comunista Cinese.

“I lavoratori migranti dello Xinjiang considerano la società come casa loro e cercano di essere degli ottimi lavoratori”, ha affermato il funzionario. Stando al reportage, la società, presumibilmente, fornisce anche altri produttori americani di elettronica, quali Oculus di Facebook, Microsoft e Google. GoerTek non ha risposto alla richiesta di commento. Frank Shaw, vice presidente delle comunicazioni aziendali di Microsoft, ha affermato che la società “ha stabilito che O-Film e Hubei Yihong non sono fornitori né dei nostri dispositivi, né delle nostre attività di cloud hardware”. Ha aggiunto che la Microsoft ha studiato presunte violazioni del lavoro alla Foxconn, ma non ha trovato alcun illecito. “Non tolleriamo il lavoro forzato nella nostra filiera”, ha affermato.

Il reportage australiano cita anche un articolo del 2018 di Xinjiang Economic News, il quale ha riferito che 544 studenti uiguri sono stati trasferiti in una società sussidiaria di Highbroad Advanced Material, fabbricante di componenti LCD e OLED. Stando all'elenco dei fornitori, il reportage ipotizza che Highbroad è un fornitore di BOE Technology Group, fabbricante di schermi OLED per Apple. BOE non ha risposto alla richiesta di commento.

Ad agosto, il Tech Trasparency Project ha svelato i tagliando di spedizione, mostrando che Apple importava T-shirt di cotone da un'azienda dello Xinjiang a cui il Congresso ha imposto sanzioni per il suo presunto ricorso al lavoro forzato. Al momento Apple ha affermato che non importa T-shirt dalla regione.

Negli ultimi anni Apple è stata coinvolta in diversi presunti sfruttamenti sul lavoro.

“Non sono del tutto sorpresa che Apple sia coinvolta nel tentativo di placare la legislazione riguardante la tutela dei diritti umani in Cina”, ha affermato Maya Wang, una ricercatrice cinese dell'Osservatorio dei diritti umani. Tuttavia, ha definito lo sforzo di lobbying da parte di Apple “eccessivo”.

Tradotto da Martina Di Carlo, revisione di Giacomo Alessandroni per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
N.d.T.: Titolo originale: Apple is lobbying against a bill aimed at stopping forced labor in China

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