Urbani, dimissioni please

Quando si fanno promesse cui non si dà seguito il rischio è di perdere la propria credibilità. E di dare ragione a chi a certe parole non ha mai creduto
30 luglio 2004
Paolo De Andreis (Direttore Responsabile di Punto Informatico)

Roma - Devo aver avuto una allucinazione. Ricordo di aver visto in diretta dal Senato un ministro italiano prendere un impegno chiarissimo, ribadito nel corso di un lungo discorso con forza e più volte. Ricordo di aver sentito quel ministro garantire una propria azione forte e rapida per sistemare quelle che definiva "pagliuzze", ossia alcuni dei grossolani errori della norma che porta il suo nome, la Legge Urbani.

Come dicevo, però, deve essere stata una allucinazione. Perché da cittadino non so, anzi, non voglio spiegarmi come sia possibile che un ministro della Repubblica assuma in forma solenne un impegno dinanzi al paese e poi decida di dimenticarsene, arrivando a non commentare pubblicamente quanto sta accadendo, cioè che le modifiche alla normativa stanno naufragando nel nulla.

Due giorni fa ho avuto modo di parlare con i gentili e competenti responsabili stampa del Ministero che mi hanno spiegato come sia meglio non attendersi risposte all'appello di Cortiana per un intervento del Ministro, appello peraltro fatto proprio da diverse associazioni Internet. Siamo dunque dinanzi ad un silenzio che, se si può comprendere sul piano istituzionale (il Governo è una cosa, il Parlamento è un'altra), sul piano politico è evidentemente rumorosissimo.

La pesantezza del dispositivo legislativo approvato dal Parlamento italiano in fretta e furia per accontentare una delle tante corporazioni italiane sta quasi interamente, come noto, in un articolo delirante che aggredisce Internet e sul quale già è stato detto tanto, al punto che non credo sia ora necessario tornarci. Ciò che più conta è capire quali siano le prospettive.

Sono pessime. Inutile illudersi. Quando un solo parlamentare lavora per ostacolare l'iter legislativo di una norma di cui pochi deputati e senatori sembrano comprendere la portata, allora c'è ben poco da fare. Se in questi mesi non sono bastati gli impegni presi pubblicamente a Palazzo Madama (dove sono stati approvati dall'assemblea ben quattro ordini del giorno), se non sono servite le durissime prese di posizione degli esperti e degli utenti, se non è stata sufficiente a modificare la legge la pubblica ammenda di chi quella legge ha sostenuto, allora le speranze di una modifica pur fuori tempo massimo sono ridotte al lumicino.

Ogni pessimismo è giustificato anche dal fatto che alla riapertura dei lavori del Parlamento le assemblee e anche la commissione Bilancio, la stessa che oggi blocca l'iter delle modifiche, avranno ben altro a cui pensare. Le urgenze della Finanziaria e le altre novità politiche che in queste settimane si sono fatte largo nelle cronache non lasceranno spazio a questioni che non sono percepite come prioritarie. Se poi ci si aggiungono le pressioni dell'industria il quadro è chiaro e le prospettive, come dicevo, sono pessime.

Le conseguenze per Giuliano Urbani dovrebbero essere ovvie. Aver assunto su di sé un impegno politicamente così rilevante, e averlo disatteso, ha trasformato una piccola operazione chirurgica, la rimozione delle pagliuzze, in un caso che deturpa l'immacolata reputazione del Ministro.

Dal momento però che non credo Urbani sia disposto a dare le dimissioni che gli consentirebbero di uscire a testa alta da questa brutta storia, ho deciso di sottopormi a terapie specifiche per evitare, in futuro, nuove inquietanti allucinazioni. La Urbani c'è e ce la teniamo. Allegria.

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