RIAA può ottenere i nomi degli utenti dei servizi P2P che violano il copyright

30 luglio 2004
Alessandro di Francia

Lunedì scorso il giudice distrettuale Denny Chin ha stabilito che Cablevision, la società fornitrice di connettività a banda larga negli stati di Connecticut, New Jersey e New York, può essere fatta oggetto della richiesta di divulgare l'identità dei propri clienti accusati di aver violato la legge sul copyright.
Da lungo tempo ormai a livello legale negli Stati Uniti d'America si sta cercando di capire come conciliare la necessità di mantenere l'anonimato dei cittadini con le richieste dell'industria musicale di ottenere i nomi degli utenti della Rete che si collegano ai servizi di file-sharing, ed ora il giudice Chin ha motivato la sua decisione affermando che secondo lui “l'identità di queste persone non si può ritenere protetta dal Primo Emendamento”; infatti, se è pur vero che si può fino ad un certo punto ritenere che la condivisione e lo scambio di file in rete siano accomunabili al “free speech” del Primo Emendamento, occorre anche stabilire il peso di tale similarità caso per caso.
Nella fattispecie, occorrerà che la RIAA provi che ha per le mani un caso di violazione di copyright preciso e circostanziato, e non che stia andando alla cieca alla ricerca di nomi da citare in giudizio a tutto favore della stampa.
Va detto che il Digital Millenium Copyright Act prevede altri modi per venire a conoscenza dei nomi dei sospettati di utilizzare i servizi di file-sharing, anche senza l'approvazione dell'autorità giudiziaria, ma una corte d'appello di Washington ha già avuto occasione di stabilirne l'illegalità.
E per quanto la decisione del giudice distrettuale non si possa considerare avere un gran peso negli altri Stati americani, di certo risulterà avere la sua influenza negli stessi.

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