Autori multipli e sparpagliati

Di chi è la proprietà intellettuale dei film? Con la tecnologia digitale tutto si complica maledettamente
Francesco Carlini

Ma di chi è la proprietà intellettuale di un film? Il caso dell'edizione fantasma di Guerre Stellari I ripropone la questione, non nuova peraltro. In quell'occasione Gorge Lucas non si scompose più di tanto e non denunciò nessuno, ma il problema esiste. Convenzionalmente un film è di chi l'ha prodotto, nel senso che egli acquisisce una volta per tutte i diritti di riproduzione e diffusione, firmando i relativi contratti con tutte le persone che hanno lavorato all'opera. I quali sono tantissimi: nel caso di Guerre Stellari I, per esempio, il cast era formato da 85 attori, cui si aggiungono però le centinaia di persone del dipartimento artistico, suono, effetti speciali, trucco, gestione della produzione eccetera, una vera moltitudine. Ognuno di loro in qualche misura fa parte di una autorialità collettiva, avendo portato il proprio contributo diretto, sia operativo che creativo. Gli stessi premi Oscar del resto, che vengono assegnati non solo al regista migliore, ma anche a sceneggiatori, attori, effetti speciali, musiche, costumi, fotografia, rendono conto di questo fatto.

Ma questi autori multipli che diritti possono esercitare sulla loro opera? Pochi in verità, perché tutto confluisce nelle mani della produzione, in pratica per l'eternità. Per esempio può un regista, magari famoso, impedire che la sua opera venga massacrata dagli spot pubblicitari nei passaggi televisivi (la famosa questione del «non si interrompe un'emozione» di Veltroniana memoria) ? Di fatto non può, salvo decidere in anticipo di farsi lui stesso produttore indipendente rinunciando a quella quota significativa di incassi rappresentata dai passaggi in tv.

Eppure questa è esattamente una questione che ha a che fare con il «diritto morale» dell'autore a controllare che la sua creatura non venga storpiata e sfigurata ed è cosa diversa dal diritto di copia. La stessa questione si pose a suo tempo nel caso della colonizzazione di vecchi film in bianco e nero.

Con le tecnologie digitali poi le cose si complicano ulteriormente, seguendo un percorso che è già stato ampiamente battuto nella musica e nella fotografia: le opere originali diventano il materiale di base, grezzo, per altre opere di smontaggio e rimontaggio. Il Blob televisivo di Ghezzi-Giusti è un chiaro esempio al riguardo, dove tutta la creatività sta nel cut and paste, nel taglia e incolla, a partire da materiali già lavorati, per altri usi, destinazione e contesti.

Ma Blob si può fare perché molti dei filmati sono della Rai stessa e per gli altri vale (ma fino a quando?) un «diritto alla citazione» delle opere altrui. Del Signore degli anelli esiste in Russia una versione assai stravolta, opera di tale Dmitri Puchkov, un ex poliziotto: qui la cosiddetta «localizzazione» non si è limitata alla traduzione, ma sono stati cambiati i nomi dei personaggi, rendendoli allusivi e contestuali alla Russia post sovietica; è opera ironica, dissacrante, ma geniale, dove la citazione ampia di un testo globale come il Signore degli anelli trova una versione totalmente nuova, con una sua originalità.

Anche in questo caso la disponibilità di facili ed economiche tecnologie abilitanti, come quelle del video editing attraverso personal computer stravolge non solo le leggi della distribuzione, ma anche quella della produzione delle opere dell'ingegno.

Il fenomeno sembra inarrestabile e già dilaga a livello amatoriale, tra giovani e meno giovani e non c'è nemmeno bisogno di acquistare programmi costosi perché di tali software esistonono anche versioni Open Source liberamente disponibili. Dunque come ognuno può fare il suo weblog giornalistico e fornire news al mondo (e riceverne dal mondo), così la Banda Larga e i sistemi P2P vanno generando una cinematografia che è già ben oltre quella delle case indipendenti, ma ancor più sparpagliata, frammentata, personale come il personal computer, ma anche capace di aggregarsi in gruppi e comunità. Presto diventerà anche «prodotto» commerciale e le lamentele di Hollywood saliranno di tono, non c'è da dubitarne.

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