Indymedia torna ma le domande restano
Roma - È arrivata ieri la conferma che il clamoroso sequestro degli hard disk di Indymedia è effettivamente derivato da un'inchiesta italiana, una conferma che arriva a poche ore di distanza dalla restituzione degli hard disk sequestrati al provider britannico che ospita i server del network indipendente di informazione.
Stando a quanto confermato dalla stessa Indymedia, il pubblico ministero bolognese che indaga sui pacchi bomba a Prodi e sulla "Federazione Anarchica " (FAI) aveva richiesto informazioni su notizie pubblicate dal network di informazione. Una richiesta che, spiega Indymedia, "è stata interpretata in senso quantomai estensivo da parte dell'FBI che ha proceduto a un sequestro vero e proprio, un eccesso molto grave, che non è stato ovviamente convalidato". Da qui la restituzione degli hard disk.
Sebbene gli hard disk contengano sostanzialmente soltanto le informazioni pubblicate dai contributori di Indymedia sui siti del network, e non contengano invece log di accesso che Indymedia non conserva, è probabile che nelle prossime ore saranno esaminati a fondo dagli attivisti del network per verificarne l'integrità e l'assenza di intervenute manomissioni.
Da parte sua la FAI ha rilasciato una nota di commento all'accaduto sostenendo che la chiusura del server non ha solo inteso chiudere la bocca ad una "voce scomoda" ma ha costituito un "vero e proprio attacco alla libertà di stampa e di opinione".
Va detto che al momento l'ordine di sequestro eseguito dall'FBI non è ancora disponibile nei suoi contenuti. La conoscenza dei dettagli servirà a rispondere a molti degli interrogativi che in questi giorni si sono concretizzati in una vivace polemica sulla libertà di informazione e in interrogazioni parlamentari.
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