Software, la ricerca e i «freni» dei brevetti

27 novembre 2004
Franco Carlini
Fonte: Il Corriere della Sera

Salvo il primo, i nomi di Linus Torvalds, Michael Widenius e Rasmus Lerdorf non sono noti al grande pubblico, ma i tre rappresentano la più importante filiera del software aperto: il sistema operativo Linux, il database MySql e il software Php che aggancia gli archivi ai siti web - tutti prodotti in grande crescita e in diretta competizione con i software proprietari. Nei giorni scorsi i tre "guru" hanno scritto una lettera aperta all' Unione Europea che sta decidendo se procedere con la direttiva che prevede anche nel Vecchio Continente la piena brevettabilità delle applicazioni software. Incitano il Consiglio europeo sulle competitività a non procedere perché non c' è il consenso di importanti Stati membri (il governo olandese, il parlamento tedesco, di recente anche la Polonia) e perché le norme saranno di grande danno all' industria europea stessa. In Italia un gruppo di accademici riuniti a Firenze ha sollecitato in proposito il ministro Stanca, finora silente. Il ragionamento dei tre informatici è limpido: troppo alto il costo dei brevetti (da 30 mila a 50 mila euro) e troppo costoso "coprirsi" con tutte le licenze necessarie per sviluppare nuove applicazioni senza correre il rischio di essere denunciati: l' effetto generale è di frenare l' innovazione, specialmente da parte delle piccole imprese inventive. Questo punto di vista non ha nulla a che fare con le posizioni ideologiche contro la proprietà intellettuale, ma è eminentemente pratico e largamente condiviso dagli analisti economici: i brevetti software, impropriamente riconosciuti a ogni algoritmo che venga calato in un apparato tecnico sono ormai una giungla inestricabile, dove gli unici a guadagnarci sono gli studi legali e alcune aziende parassite che vivono di cause legali contro le case grandi e piccole.

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