L'Italia tecnoarretrata

I ritardi e gli scarsi investimenti del paese nella Information tecnology ne condizionano la crescita. Me è possibile invertire la tendenza. E' quanto ci dice Marco Comastri, amministratore delegato di Microsoft Italia
17 dicembre 2004
Bruno Perini

La Microsoft Italia si prepara ad «aggredire» il mercato delle piccole e medie imprese nel disperato tentativo di colmare il gap tecnologico rispetto agli altri paesi e rispetto alla grande industria, accumulato negli anni grazie a una politica di governi e Confindustria che hanno favorito da sempre la cultura della grande impresa. La letteratura economica e politica italiana è piena di buone intenzioni a proposito della piccola impresa, soprattutto in periodo elettorale, ma poi tutto finisce rapidamente e le piccole e medie imprese si riducono al ruolo di «fornitori» della grande impresa. Nel lanciare questa strategia il gruppo informatico ha già trovato un alleato in Banca Intesa. Riuscirà il gruppo di Bill Gates là dove non è riuscito nessun altro? In Italia l'esercito della Microsoft non è così numeroso come si immagina ma il gruppo statunitense farà leva su quello che viene definito «l'ecosistema» Microsoft, ovvero i 24.000 rivenditori che hanno interesse a mettere radici nel tessuto, molto ampio in Italia, delle piccole imprese. Marco Comastri, 44 anni, amministratore delegato di Microsoft Italia dall'agosto del 2003, ex Vice Presidente nel gruppo Ibm di Integrated Technology Service, è per natura ottimista, ed è convinto che questa sfida lanciata da Microsoft Italia si possa vincere. Ma se si guardano i dati che lo stesso Comastri ci fornisce a proposito del rapporto tra crescita economica e investimenti tecnologici in Italia, c'è da rabbrividire. La tabella che pubblichiamo dà la misura della strada che ci sia da fare per recuperare il tempo perduto. E da quelle cifre si capisce che l'impresa della Microsoft sarà davvero ardua. «E' possibile che lei abbia ragione, afferma Comastri, quelle cifre parlano chiaro e ci dicono che la nostra non sarà una passeggiata. Ma io vorrei partire dagli aspetti positivi»

Proviamo a ricordarne qualcuno di questi aspetti positivi, perché sono difficili da individuare

Intanto in Italia, come tutti sanno, c'è stata un diffusione molto ampia dei telefoni cellulari. Questa è un'eccellenza del sistema Italia che non va sottovalutata e che ci consente di essere molto avanti rispetto ad altri paesi europei. Nel nostro paese, inoltre, come dimostrano dati recenti, c'è stata una forte diffusione della banda larga e, infine, in questo momento si sta diffondendo il digitale terrestre, una tecnologia che consentirà interconnessoni alla rete

Già, quasi quaranta milioni di telefonini, cento milioni di telefonini usati gettati al macero e una cultura della piccola e media industria che ancora guarda con diffidenza la posta elettronica. Non le sembra un paradosso?

Certo che è un paradosso. Dal grafico che le ho dato risulta in effetti un dato preoccupante: tra i paesi occidentali sviluppati l'Italia mantiene un brutto primato: il rapporto Pil-investimenti tecnologici è il più basso. E' per questo che la Microsoft Italia ha deciso di affrontare di petto il sistema.

Prima di parlare della Microsoft soffermiamoci ancora un attimo sul fenomeno appena descritto. Quali sono le ragioni di questo terribile gap, tenuto conto che da noi il tessuto delle piccole medie imprese è più ampio che in altri paesi europei?

Anche a un osservatore distratto salterebbe agli occhi un primo elemento: in Italia, lo ha appena detto il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono molto bassi. Questo è il dato da cui si deve partire se si vogliono fare passi avanti. Se a questo si aggiunge la bassa propensione delle piccole imprese a investire in tecnologia, lei capirà che c'è molta strada da fare. Come Microsoft abbiamo scoperto che in Italia la media degli investimenti in tecnololgia è la metà di quella europea e pensiamo che sia in primo luogo un problema di cultura industriale. Le faccio un esempio: quando un imprenditore del settore meccanico deve investire in ua macchina utensile non ha difficoltà a farlo, sa benissimo a cosa serve la macchina utensile. Se quello stesso imprenditore deve investire in tecnologia, lo fa malvolentieri, è come se non fosse nel suo dna. Noi dobbiamo riuscire a convincere gli imprenditori italiani che la nuova tecnologia è una condizione dello sviluppo. Finora abbiamo sbagliato, l'abbiamo raccontata male.

Non crede che molto dipenda dalle politiche economiche dei governi e dalla filosofia che ha guidato fin qui la Confindustria?

Può darsi che giochino anche questi fattori. Ma noi dobbiamo partire dalle forze che abbiamo. Vede, gli imprenditori sono agnostici, mettono i loro soldi dove c'è un ritorno a medio o lungo termine. Nel caso della tecnologia la sensazione è che non ci sia un ritorno certo. E' questo il punto su cui fare autocritica e lavorare. E' vero, le imprese italiane devono competere con quelle dei paesi asiatici e dunque con un basso costo del lavoro ma noi abbiamo dei vantaggi da mettere in campo, come la scolarizzazione e l'elasticità delle piccole e medie imprese. La nostra missione come Microsoft da questo momento in poi sarà quello di raccontare agli imprenditori delle piccole e medie imprese che cos'è la l'information technology e perché è così importante per le imprese.

Eppure la penetrazione della tecnologia informatica fino a un certo punto a funzionato: la diffusione dei Pc in tutti i sistemi aziendali, l'uso della posta elettronica, sono tutti elementi che dimostrano che un processo si era messo in atto. Poi cosa è successo?

E' la paura di investire da parte degli imprenditori che ha impedito che questo processo di diffusione della tecnologia andasse avanti. E dire che la tecnologia lavora sulla semplificazione dei processi, un aspetto questo molto caro agli imprenditori. Lo ripeto, se non ha funzionato significa che abbiamo sbagliato qualcosa. E' possibile che ci siano responsabilità nella pubblica amministrazione o nelle associazioni industriali di categoria ma io devo guardare cosa non va in casa mia.

Non sarà difficile per un colosso come la Microsoft bussare alla porta degli imprenditori e vendergli tecnologia. Non mi sembra che abbiano molte alternative. O sbaglio?

Mi dispiace dirglielo ma in questo caso si sbaglia. L'immagine della Microsoft che molti hanno in Italia è del tutto diversa dalla realtà. E' vero siamo un grande gruppo ma la nostra quota di mercato è diversa da quella che la gente comune si immagina. Se mi permette le do qualche dato: il nostro giro d'affari è di 600 milioni di euro; nel mercato italiano dell' Information Technology, Microsoft Italia possiede una quota del 3%. Sì, ha capito bene, soltanto il 3%. Certo nel mercato del software controlliamo una quota del 14% ma come vede non siamo, come qualcuno crede monopolisti del settore. L'immagine del brand è molto diffusa ma non siamo gli unici operatori. E' una questione d'immagine che va sfatata.

Mi scusi, ingegnere, come pensate allora di poter «aggredire» il settore delle piccole e medie imprese?

Diciamo che esiste una sorta di ecosistema Microsoft ben più ampio della nostra realtà aziendale. In Italia ci sono più di 20.000 rivenditori che sono interessati a questa strategia verso le piccole e medie imprese. Noi consideriamo questo ecosistema la nostra forza indiretta. Stiamo mettendo a punto una campagna di marketing che sostenga questa strategia. Abbiamo anche pubblicato un libro, «L'information Technology per il recupero della competitività delle Pmi italiale», che sarà la guida per il nostro ecosistema. Sono già nati centinaia di Microsoft Point che dovranno diventare punto di riferimento delle aree industriali più interessate allo sviluppo tecnologico.

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