Libertà nell'era della parola programmata

Il movimento del software libero, nato negli anni '80 come iniziativa di un gruppo di programmatori e confinato in qualche modo in un orizzonte di tecnologi, è diventato un fenomeno sempre più rilevante nel panorama culturale europeo. Oggi si parla di software libero (spesso tramite il termine "open source") anche in ambiti molto remoti da quelli della nostra storia di programmatori.
3 gennaio 2005
Alessandro Rubini

GNU Forse l'uso del termine «libertà» in un ambito puramente tecnologico può suonare pretestuoso e arrogante se confronato con le questioni sociali e politiche che dobbiamo fronteggiare in questo periodo in altri contesti. Ritengo però che l'uso pervasivo dei calcolatori e di altri ausili informatici nella nostra società sia diventato così rilevante che non possiamo più ignorare le problematiche associate al controllo di tali strumenti. Se è vero che il mondo occidentale sta vivendo la «società dell'informazione», è importante prendere coscienza dei risvolti sociali e politici (in senso lato) del controllo dell'informazione stessa.

Nella storia antica dell'uomo viene unamimamente riconosciuto il ruolo fondamentale dell'introduzione della parola e successivamente della parola scritta; un altro passo importante verso il progresso culturale e tecnologico è stato segnato dalla parola stampata e successivamente, anche se forse in misura minore, dalla parola trasmessa tramite radio e televisione. La fase attuale dello sviluppo tecnologico è invece caratterizzata dalla parola programmata: molti degli strumenti che usiamo oggi nelle nostre attività (computer, cellulari, elettrodomestici, ma anche i servizi pubblici e le attività della pubblica amministrazione), devono gran parte della loro funzionalità al modo in cui sono stati programmati; così come le loro manchevolezze possono essere corrette semplicemente modificando i programmi che controllano questi prodotti e servizi. La «parola programmata», il codice, è quindi un grande risorsa dello sviluppo tecnologico e, di conseguenza, culturale.

Il software libero, GNU/Linux e decine di altri sistemi operativi «liberi» meno noti, le migliaia di applicazioni che gli autori rendono disponibili per la replicazione e la modifica da parte di tutti gli utenti, sono frutto di un'attività partita dalla base, dai programmatori e dagli utenti, per dare alle persone la possibilià di controllare le proprie macchine e le proprie attività, o di farle controllare da tecnici di propria fiducia. Come la parola, la parola scritta e la parola stampata, la parola programmata deve essere accessibile a tutti, a tutti quelli che vogliano cimentarsi nella sua produzione. Si tratta della «libertà di pensiero algoritmico», come definita dal prof. Renzo Davoli, che è importante oggi come lo è la libertà di parola e la libertà di stampa (art. 21 della Costituzione).

I programmi di cui si parla in questo contesto vengono spesso visti semplicemente come alternativa ai programmi più abituali, mentre in realtà si tratta del frutto di un modello di gestione dell'informazione completamente diverso. Si tratta di volumi scritti e stampati da case editrici indipendenti, di qualità pari (talvolta superiore, talvolta inferiore) ai volumi della «casa editrice unica»; opere che apportano voci nuove e diversificate sul piatto culturale; si tratta di programmi che possono essere riprodotti senza oneri non perchè non hanno valore ma perchè i loro autori preferiscono essere remunerati per il proprio lavoro piuttosto che attraverso un balzello applicato su un'operazione il cui costo è ormai nullo, come la copia di un dischetto o di un CDROM, potendo accedere ad un patrimonio enorme di conoscenze già acquisite e soluzioni già realizzate.

Le aziende che lavorano nel campo del software libero sono piccole e medie imprese o liberi professionisti che svolgono il loro lavoro risolvendo i problemi dei propri clienti e offrendo servizi qualificati, in un mercato di libera concorrenza tra i fornitori in cui il cliente viene visto come una risorsa da valorizzare e non un «pirata» da cui difendersi. Acquistando e utilizzando software libero, usufruendo di contratti di assistenza su di esso, le persone e le aziende possono mantenere il controllo della propria infrastruttura informatica e favorire un libero mercato informatico, in cui l'evoluzione dei programmi è dettata dalle necessità degli utenti e non dalle politiche commerciali dei distributori.

Credo che il progresso tecnologico nella potenza di calcolo degli elaboratori, nella portata delle reti di comunicazione e nella capacità di immagazzinamento dei dati, non possa che facilitare la diffusione delle opere libere e la presa di coscienza dell'importanza di tale libertà, nonostante le ingenti risorse spese dai proprietari dell'informazione «classica» per inasprire sempre più la normativa sul diritto d'autore e sui brevetti per mantenere le proprie posizioni di potere limitando la «libertà di pensiero algoritmico» e la diffusione della cultura.

Note: Copyright (C) 2004 Alessandro Rubini rubini@linux.it >
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