Blog liberi!
Roma - Di chi sono le parole e le immagini che troviamo su Internet? Da un certo punto di vista di tutti. Tutti noi infatti le possiamo usare. Tutti le possiamo alterare, ricopiare, riproporre, completare. Possiamo stamparle per chiuderle in un cassetto. Qualche volta rovinarle anche. La condivisione, figlia di un dio bizzarro che trasforma le idee e i pensieri in bit, e di una madre ragnatela che tutti questi bit collega, è il motore segreto di questo media. Ciò che lo rende unico e differente da tutti gli altri.
Così chiunque utilizzi internet per diffondere contenuti prima o poi si troverà a fare i conti (se ciò che produce incontra un qualche interesse) con questo fenomeno di prevedibile amplificazione. Che e’ fantastica quando ci vede coinvolti a vario titolo come autori e che ci pare invece esserlo assai meno quando, per ragioni quasi fisiologiche, sfugge al nostro controllo.
Negli ultimi giorni sui weblog italiani si e’ molto discusso della recente iniziativa di Libero.it (nulla di particolare, semplicemente il portale con il maggior numero di accessi della Internet italiana) che ha aggiunto alla sua offerta di contenuti una sezione blog. Libero, che fornisce gia’ da tempo un servizio di hosting blog su Digiland, ha fatto le cose in grande, creando un motore di ricerca blog, un aggregatore di post e perfino un magazine creato dalla sua redazione news assemblando i post più interessanti che compaiono giornalmente nella blogosfera. Grandi contenuti originali su un sito a grande traffico: da un certo punto di vista l’alchimia perfetta.
Proprio su quest’ultimo strumento, il magazine, si sono subito concentrate le polemiche. L’idea della redazione di Liberoblog era forse un po’ ingenua, forse leggermente supponente. Sta di fatto che molti blogger hanno trovato le proprie pagine ricopiate pari pari sul magazine, editate, aggiustate, talvolta completate da immagini, in assenza di qualsiasi attribuzione che non fosse un generico link al proprio blog a fondo pagina. Il tutto nella più assoluta noncuranza delle licenze d’utilizzo che spesso tutelano i contenuti dei blog interessati.
Personalmente la prima cosa che ho pensato dando una occhiata al lavoro di taglia-incolla della redazione di Liberoblog e’ stata che forse era giunto il momento, per le licenze Creative Commons, di sottoporsi al vaglio della giurisprudenza italiana. Perchè qualcuno si sarebbe certamente arrabbiato.
Occorre dire, a tale proposito, che la nascita di Creative Commons ha arricchito il web di una straordinaria gradazione di opportunità per chi produce contenuti e li rilascia in rete. Punto Informatico per esempio, come fanno anche molti blogger, utilizza una licenza intermedia la quale recita piu’ o meno: sei libero di usare questi testi, ma li devi riprodurre senza modifiche e con le attribuzioni corrette all’autore. E devi farlo senza ottenerne lucro.
A mio modo di vedere un ottimo compromesso fra la volontà esplicita di rendere liberamente disponibili e condivisi i propri lavori e quella di mantenere comunque un certo controllo su di essi.
Usare i contenuti altrui in rete non è insomma uno scandalo. Fa parte del gioco. Ed è un valore che rende Internet un media migliore. Del resto molti blogger attingono ogni giorno dalla informazione professionale citando, copiando e commentandone il lavoro. Si tratta quindi di un percorso a doppio senso.
Io continuo a pensare che il discrimine stia un po’ nel lucro e un po’ nel buonsenso. Certo personalmente non vorrei (eppure è accaduto) che i miei articoli andassero ad arricchire persone che hanno fatto la sola fatica di ricopiarli: nello stesso tempo non ricordo di averne mai negato il riutilizzo gratuito anche per fini commerciali. Quando gentilmente mi e’ stato chiesto.
Mi dicono che Libero, dopo le prime polemiche stia rivedendo un po’ tutto il proprio lavoro di "interpretazione" della blogosfera. E questa è una buona cosa. Condivisione sembra insomma tornare a far rima con attenzione. La stessa attenzione che noi tutti ci attendiamo dagli altri come misura tangibile di civile convivenza. Qualche giorno fa Fabio Cabula, uno dei piu’ bravi photoblogger italiani ha trovato una sua bella foto sulla homepage di Virgilio.it (niente di speciale, solo uno dei piu’ visitati siti web italiani) ad illustrare un articolo. Nessuno si è dato la pena di avvisarlo, nessuna anche microscopica citazione dell’autore da parte di Virgilio. La foto e’ stata "presa" da Internet e quindi – come sostiene Roberto D’Agostino nel disclaimer scritto in piccolo sul suo sito – "valutata di pubblico dominio". A forza di valutare questo e quello di pubblico dominio (oltre che per meriti propri) D’Agostino e’ arrivato fin sulle pagine dell’Herald Tribune. Restiamo in attesa che anche a Fabio accada altrettanto.
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