Pubblicazione in un newsgroup di un messaggio diffamatorio e denigratorio – danni materiali e morali – competenza territoriale.

Non è consentito fare riferimento alla molteplicità dei luoghi in cui un evento lesivo si sia contemporaneamente prodotto per effetto della diffusività del mezzo Internet. Il giudice del luogo dove una notizia diviene per la prima volta pubblica e perciò idonea a pregiudicare l’altrui diritto si identifica nel luogo dove si trova il server sul quale sono caricate le pagine che compongono il sito contenente le dichiarazioni diffamanti.
24 febbraio 2001
Tribunale di Lecce

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il 10 novembre 1999, la Banca X conveniva dinanzi a questo tribunale Sig. X Sandro, da Roma, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni materiali e morali derivanti da un’assunta illiceità della pubblicazione sulla rete Internet di un messaggio relativo alla banca e definito dalla stessa diffamatorio e denigratorio.

Nello stesso atto di citazione, la banca attrice chiedeva, in via preliminare, per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, la riunione della presente causa con altra pendente tra le stesse parti innanzi a questo stesso giudice, n.r.g. 1544/98, nel corso della quale azione analoga alla presente era stata proposta dalla stessa banca in via riconvenzionale, la cui inammissibilità era stata eccepita dallo stesso attore e dichiarata alla prima udienza di comparizione.

Con comparsa di risposta depositata in data 6 dicembre 1999, il Sig. X si costituiva in giudizio ed eccepiva — tra l’altro — l’incompetenza territoriale del Tribunale di Lecce, nel merito contestava la domanda attorea sotto vari profili.

Nel corso del giudizio, alla prima udienza di comparizione, il giudice invitava le parti a precisare le conclusioni sulla eccezione preliminare di incompetenza territoriale sollevata dal convenuto.

All’udienza del 4 luglio 2000 le parti precisavano le proprie conclusioni riportandosi a quelle già formulate in citazione e in comparsa di risposta e nei successivi scritti.

Concessi i termini per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica, questo giudice riservava la decisione.

Motivi della decisione. — La rilevanza della eccezione di incompetenza prospettata in via pregiudiziale impone al giudice l’obbligo di accertare la fondatezza o meno di essa, allo scopo di verificare la possibilità di definire la lite, prescindendo da qualsiasi pronunzia in ordine alle specifiche richieste riguardanti il contenuto sostanziale della pretesa.

Orbene, la proposta eccezione di incompetenza territoriale è fondata e va accolta.

Parte attrice preliminarmente ha eccepito la decadenza del convenuto per il mancato assolvimento dell’onere di contestazione specifica della competenza territoriale del giudice adìto sotto il profilo della mancanza di qualsiasi articolata deduzione e/o prova da parte della società convenuta dei fatti costitutivi dell’eccezione di incompetenza da essa sollevata.

Tali motivi di censura non hanno fondamento poiché, com’è noto, l’onere della prova assume rilevanza solo in riferimento ai fatti contestati: pertanto il convenuto che eccepisce l’incompetenza territoriale del giudice adìto è tenuto unicamente a formulare la sua eccezione nella comparsa di risposta con enunciazione delle ragioni su cui essa si basa e indicazione del giudice ritenuto competente, previa contestazione di tutti i criteri eventualmente concorrenti che potrebbero radicare la competenza del giudice adìto, ma non anche a illustrare i motivi di fatto o di diritto che suffragano il proprio assunto (Cass. 27 aprile 1991, n. 4662, Foro it., Rep. 1991, voce Competenza civile, n. 115), sicché un onere probatorio a suo carico può configurarsi solo nel caso in cui l’eccezione di incompetenza comporti la contestazione dei criteri posti a fondamento della scelta compiuta dall’attore, il quale ne abbia fatto espressa indicazione.

Né può ritenersi l’osservazione della banca secondo cui, in mancanza di specifiche deduzioni a sostegno dell’eccezione di incompetenza territoriale, l’attore non sarebbe in grado di valutarne la fondatezza e quindi non avrebbe gli elementi necessari per valutare l’opportunità di prestare adesione all’indicazione del convenuto, poiché l’adesione dell’attore, rendendo incontestabile la competenza territoriale del giudice indicato dal convenuto, risponde a calcoli di mera convenienza che prescindono completamente dalla fondatezza o meno dell’eccezione di incompetenza, potendo le parti concordare anche nel sottoporre la controversia all’esame di un giudice diverso da quello che sarebbe territorialmente competente, salvo che non si versi in tema di competenza per territorio inderogabile.

E, poiché nella specie l’eccezione di incompetenza è stata proposta tempestivamente, con la contestuale indicazione del giudice ritenuto competente e delle ragioni — sufficientemente circostanziate — addotte al riguardo (riferimento agli ordinari criteri di cui all’art. 20 c.p.c. sotto il profilo del forum destinatae solutionis), nessuna decadenza si è verificata a carico del Sig. X.

Passando al merito dell’eccezione di incompetenza territoriale, rammenta preliminarmente questo giudice che i fori alternativamente previsti per le cause relative ai diritti di obbligazione dall’art. 20 c.p.c. concorrono con qualunque altro foro eventualmente competente in base alle altre norme processuali, quale quello generale degli art. 18 e 19 c.p.c. rispettivamente indicato per le persone fisiche e per le persone giuridiche o associazioni non riconosciute (in proposito, anche Cass. 4 dicembre 1992, n. 12920, id., Rep. 1992, voce cit., n. 74).

Inoltre, per stabilire quale sia, agli effetti dell’art. 20, «l’obbligazione dedotta in giudizio» occorre aver riguardo, secondo quanto dispone l’art. 5 c.p.c. con riferimento alla «domanda», al contenuto obiettivo della deductio su cui verte la disputa (quid disputandum) prescindendo da ogni indagine sulla esistenza o validità dell’obbligazione, in quanto attinente alla decisione di merito (quid decisum): senza pertanto che sulla questione di competenza territoriale possa influire l’eccezione del convenuto che neghi l’esistenza o la validità dell’obbligazione (in proposito, anche Cass. 9 maggio 1983, n. 3181, id., Rep. 1983, voce cit., n. 83; 22 marzo 1993, n. 3353, id., Rep. 1993, voce cit., n. 58).

Nel caso che occupa, il Sig. X è stato citato in giudizio sulla base di un asserito illecito che lo stesso avrebbe commesso contro la Banca X con la diffusione via Internet e tramite un gruppo di discussione (newsgroup) di un messaggio definito denigratorio e diffamatorio.

L’obbligazione dedotta nell’atto introduttivo dunque non costituisce obbligazione derivante da contratto o da atto unilaterale ed avente ad oggetto una somma di denaro certa, liquida ed esigibile, il cui adempimento deve effettuarsi presso il domicilio che il creditore ha al momento della scadenza (art. 1182, 3° comma, c.c.). Essendo piuttosto stata dedotta in giudizio un’obbligazione da fatto illecito, col foro generale delle persone fisiche concorrono quello del luogo in cui era sorta l’obbligazione risarcitoria e quello del luogo in cui essa doveva essere eseguita. Quanto al secondo profilo, il forum destinatae solutionis è quello della residenza o del domicilio del convenuto poiché l’obbligazione risarcitoria, in quanto debito di valore, deve essere adempiuta presso il domicilio del debitore al tempo della scadenza.

Con particolare riferimento al forum commissi delicti, la Banca X ha dedotto che trattandosi di illecito extracontrattuale per diffamazione commesso a mezzo Internet, va considerato quale tribunale territorialmente competente quello di Lecce; secondo tale ricostruzione, il forum commissi delicti deve intendersi nel duplice senso di «foro del luogo in cui è stato commesso il fatto illecito» e «foro del luogo in cui si è prodotto il danno» (Lecce, quale sede centrale della banca), con prevalenza di quest’ultimo in caso di divergenza tra questo e quello dell’azione o omissione.

Allo scopo di decidere correttamente la questione così come prospettata, che presenta senza dubbio margini di novità, appare premettere come sia intuitivo che la diffamazione possa essere realizzata per via telematica ed informatica; basterebbe pensare alla cosiddetta trasmissione di e-mail, per rendersi conto che è certamente possibile che un agente, inviando a più messaggi atti ad offendere un soggetto, realizzi la condotta tipica del delitto di ingiuria (se il destinatario è lo stesso soggetto offeso) o di diffamazione (se i destinatari sono persone diverse). Se invece dalla comunicazione diretta, l’agente immette il messaggio in rete, l’azione è, ovviamente, altrettanto idonea a ledere il bene giuridico dell’onore. Per quanto riguarda specificatamente il reato di diffamazione, è infatti noto che esso si consuma anche se la comunicazione con più persone e/o percezione da parte di costoro del messaggio non siano contemporanee (alla trasmissione) e contestuali (tra di loro), ben potendo i destinatari trovarsi persino a grande distanza gli uni dagli altri, ovvero dall’agente. Ma mentre nel caso di diffamazione a mezzo posta, telegramma ed appunto e-mail, è necessario che l’agente compili e spedisca una serie di messaggi a più destinatari, nel caso in cui si crei o si utilizzi uno spazio web o le pagine di un c.d. newsgroup, la comunicazione deve intendersi effettuata erga omnes (seppure nei limiti degli utilizzatori della rete).

Infatti, proprio la natura capillare di Internet e la diffusione globale di qualunque informazione vi sia immessa, da un lato amplificano enormemente le conseguenze di un eventuale comportamento lesivo dei diritti altrui, dall’altro lato pongono il problema di individuare preliminarmente la legge nazionale applicabile, e successivamente il foro competente per le relative controversie.

Stante la diffusione mondiale della rete, tali problemi si sono posti in prima battuta con riferimento all’individuazione dei criteri di risoluzione delle controversie aventi carattere di internazionalità, anche se di seguito si preciserà che il ritenere «evento» la diretta percezione del messaggio diffamatorio da parte di un qualunque utente della rete, può valere soltanto nel limitato ambito della individuazione della legge penale italiana in quanto applicabile, nel senso di consentire al giudice italiano di conoscere del fatto-reato di diffamazione, anche quando la diffusione del messaggio denigratorio sia partita dall’estero.

In tal senso è condivisibile l’affermazione della banca attrice secondo cui bisogna partire dal dato normativo costituito dall’art. 5, n. 3, della convenzione di Bruxelles, richiamata dall’art. 3, 2° comma, l. 218/95, il quale prevede che il giudice competente a conoscere dei delitti e dei quasi-delitti sia in alternativa al giudice del domicilio del convenuto, il giudice del luogo dove «il fatto dannoso è avvenuto», ossia nell’interpretazione autentica della Corte di giustizia europea (ai sensi del protocollo di Lussemburgo del 3 giugno 1971) «nel luogo in cui si è manifestato il danno», ovvero «nel luogo dell’evento generatore di tale danno» (Corte giust. 30 novembre 1976, causa 21/76, id., 1977, IV, 49).

Al riguardo i difensori della Banca X hanno citato alcuni autori che si sono espressi nel seguente modo: «È senz’altro possibile ritenere che — per quanto concerne la diffamazione a mezzo Internet — il luogo dell’evento dannoso è ogni luogo in cui il messaggio diffamatorio riportato sul sito web è stato diffuso ed in cui pertanto la vittima della diffamazione ha subìto un danno»; la conseguenza che se ne vorrebbe far derivare, sarebbe questa: «... la lesione del diritto deve considerarsi verificata in tutti i luoghi in cui la divulgazione avviene, e giudice competente a decidere la causa, a norma dell’art. 20 c.p.c., è con riferimento al locus commissi delicti, il giudice di ciascun luogo in cui si è verificata la divulgazione medesima, idonea a pregiudicare l’altrui diritto ...».

Sennonché tale ultimo criterio, a parere di questo giudice, può servire unicamente a determinare la legislazione nazionale applicabile alla diffamazione c.d. a mezzo Internet puramente «transfrontaliera» (ricadente nell’ambito di applicazione del menzionato art. 5, n. 3, della convenzione di Bruxelles), e ciò nell’ottica estremamente largheggiante di cui all’art. 6 c.p., norma che accoglie il principio della c.d. ubiquità, in base alla quale viene estesa, per quanto possibile, l’applicazione della legge penale italiana.

Tale criterio rimane invece inapplicabile alla diffamazione puramente «italiana» per la quale valgono le ordinarie regole in tema di risarcimento di danno extracontrattuale, secondo cui è competente a decidere la causa il giudice dei fori individuati a norma dell’art. 20 c.p.c., individuabile nel giudice del luogo ove la notizia viene immessa nel circuito telematico (luogo dell’evento generatore del danno) e/o diviene per la prima volta pubblica e perciò idonea a pregiudicare l’altrui diritto, ovvero, alternativamente al forum commissi delicti, il giudice del luogo dove l’autore del danno ha la residenza o il domicilio (o la sede), configurando l’obbligazione risarcitoria un debito di valore che dev’essere adempiuto al domicilio che il debitore aveva al momento della scadenza.

In sostanza non è consentito fare riferimento alla molteplicità dei luoghi in cui l’evento lesivo si sia contemporaneamente prodotto per effetto della diffusività del mezzo utilizzato, se non a costo di attribuire all’attore una discrezionalità tale da sfociare in una libertà assoluta, estesa al punto da sollevare qualche dubbio di legittimità rispetto all’art. 25 Cost.

Né è sostenibile l’ulteriore argomentazione proposta dall’istituto di credito, e cioè che è a Lecce che si trova la sede centrale della Banca X ed è perciò lì che (presumibilmente) deve considerarsi verificato il maggior danno, in quanto rivela l’adozione di un criterio di radicamento della competenza territoriale, quello del luogo in cui si trova il soggetto leso, che nel caso in esame appare poco obiettivo, visto che la stessa attrice ha più volte ripetuto l’impossibilità, nei casi di diffamazione a mezzo Internet, di stabilire il luogo esatto in cui il danno si è verificato; senza contare poi, che, così facendo, la banca «rende la regola della competenza estremamente ambulatoria ed incerta, risolvendosi essa nell’adozione di un opinabile criterio meramente quantitativo» (Cass. 22 maggio 1992, n. 6148, id., 1993, I, 2919).

Poste queste premesse, potrebbe in prima istanza il forum commissi delicti essere individuato nel luogo in cui l’attività denunciata sia stata concepita e siano stati predisposti i mezzi per la sua attuazione (nel caso in esame probabilmente Roma, luogo di residenza del convenuto); non avendo tuttavia il Sig. X dato prova di tale circostanza neppure nella sommaria cognitio della decisione sulla competenza, ci si deve limitare alla constatazione che il modo di inserire messaggi nella «rete delle reti» — almeno di regola — non permette di stabilire con certezza il luogo in cui gli stessi, e perciò anche quelli denigratori, sono stati introdotti e di conseguenza, nel caso di specie, il luogo in cui è stato commesso l’illecito.

Per di più, trattandosi di offesa arrecata tramite newsgroup Internet, l’evento potrebbe temporalmente, oltre che concettualmente, risultare ben differenziato dalla condotta. Ed invero in un primo momento, si avrà l’inserimento in rete da parte dell’agente degli scritti offensivi, che potrebbero essere immediatamente percepiti dai fruitori del sito in quel momento collegati allo specifico forum di discussione (che in tal modo consentiranno la verificazione dell’evento); come pure potrebbe accadere che, non essendoci al momento di spedizione del messaggio altri partecipanti al forum diversi dall’agente, il testo venga memorizzato negli archivi storici, accedendo ai quali altri visitatori in un secondo momento (a distanza di secondi, ore, minuti), col percepire il messaggio, finiranno coll’integrare l’evento di diffamazione.

Tutto questo per significare che per la stessa strutturazione del dispositivo adoperato, risulta estremamente problematica l’individuazione del luogo in cui deve ritenersi consumato il delitto commesso «a mezzo Internet», visto che una espressione ingiuriosa, una immagine denigratoria, una valutazione poco lusinghiera inserite in un sito, in una chat line o in un newsgroup sono soggette ad una diffusione istantanea ed al di fuori di ogni controllo: tale diffusione globale di qualunque informazione vi sia immessa implica anche che sia praticamente impossibile individuare il singolo luogo in cui si produce il danno.

Ritenere, come vorrebbe fare parte attrice, consumata l’attività denigratoria non al momento della diffusione del messaggio offensivo, ma al momento della percezione dello stesso da parte di soggetti che siano «terzi» rispetto all’agente ed alla persona offesa (evento psicologico di percezione), non farebbe altro che riproporre quella disseminazione territoriale del temuto pregiudizio che, assieme alla già confutata e quanto mai opinabile individuazione del luogo di prevalenza del medesimo, il costante insegnamento giurisprudenziale della Suprema corte di cassazione ha voluto evitare, ricercando un criterio oggettivo unico, ravvisato nell’evidenziare il fatto che si profila quale causa originaria e unitaria del danno, nel luogo in cui per effetto della raggiunta pubblicità della notizia immessa nei circuiti informativi (nello specifico, nella rete Internet), questa appare potenzialmente idonea a pregiudicare l’altrui diritto (cfr. Cass. 22 maggio 1992, n. 6148, cit., con riguardo alla diffamazione a mezzo stampa).

Anche se la diffusività e la pervasività di Internet sono lontanamente paragonabili a quella della stampa ovvero delle trasmissioni radio-televisive, non ci si può discostare dal riferimento al «criterio oggettivo unico» (analogo al luogo di stampa del quotidiano o dello stabilimento della produzione televisiva); ed allora il giudice del luogo ove la notizia diviene per la prima volta pubblica e perciò idonea a pregiudicare l’altrui diritto (forum commissi delicti) si identifica nel luogo dove si trova il server sul quale sono caricate le pagine che compongono il sito contenente le dichiarazioni diffamanti; nello specifico, il messaggio è stato inviato ad un sito di diffusione pubblica newsgroup — all’indirizzo «it.economia.analisi-tecn-» — presente sul computer centrale (c.d. newsserver) denominato Mailgate, gestito dalla Pantheon, con sede in Roma, via del Tritone n. 132.

Per quanto sussista una forte presunzione che il newsserver sia allocato in Roma, presso la sede della Pantheon, in assenza di prove certe al riguardo, non rimane che radicare la competenza presso il forum destinatae solutionis, id est il foro del luogo di residenza del danneggiante, unico luogo certo e ben individuabile a priori.

Da ultimo, deve essere disattesa l’estensione analogica dell’art. 30, 4° e 5° comma, l. 223/90 al presunto caso di diffamazione in oggetto, ipotizzata dalla stessa Banca X per suffragare l’incardinamento della competenza presso il luogo di residenza del danneggiato; è opportuno far notare che in una recente sentenza la Suprema corte si è pronunciata nel seguente modo: «in tema di risarcimento del danno extracontrattuale per lesione del diritto alla reputazione, conseguente alla pubblicazione di un articolo su stampa periodica, territorialmente competente a decidere la causa a norma dell’art. 20 c.p.c. è, alternativamente, il giudice del luogo ove il quotidiano è stampato, perché in esso per la prima volta la notizia diffamatoria diviene pubblica e, quindi, idonea a pregiudicare l’altrui diritto (forum commissi delicti), ovvero il giudice del luogo ove il danneggiante ha la residenza o il domicilio (forum destinatae solutionis), essendo l’obbligazione da fatto illecito un debito di valore, il cui adempimento va effettuato al domicilio che il debitore aveva al tempo della scadenza (in motivazione la Suprema corte ha osservato che tali conclusioni, quanto al foro del luogo della stampa, non risultano infirmate dalla circostanza che l’art. 30 l. n. 223 del 1990 abbia assunto come forum commissi delicti, nel caso del reato di diffamazione commesso attraverso l’impiego del mezzo radiotelevisivo, quello del luogo di residenza della persona offesa, nel caso di attribuzione di fatto determinato, e dal fatto che tale disciplina sia stata considerata giustificata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 42 del 1996, id., 1997, I, 1670, poiché, ferma l’impossibilità di un’estensione analogica di essa, il fatto che il legislatore sia dovuto intervenire con un’espressa previsione normativa, conferma la regola generale come sopra ricostruita)» (Cass., sez. I, 24 novembre 1999, n. 13042, id., 2000, I, 3577).

Nella fattispecie in esame, dunque, in presenza dell’asserita condotta illecita consumata dal Sig. X e vista la particolare natura del mezzo di comunicazione utilizzato dallo stesso, il foro di Roma, luogo di residenza del presunto danneggiante, deve essere considerato quale unico foro competente.

Note: La sentenza e’ stata pubblicata nella rivista Il Foro Italiano, 2001, I, 2031 con nota di F. Di Ciommo

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