La Telematica è pericolosa
A poco meno di un anno dal primo sequestro di massa di banche dati in Italia SottoVoce" torna ad intervistare il P.M. che ordino' le perquisizioni, Gaetano Savoldelli Pedrocchi.
E scopre che al magistrato fa piu' paura la messaggistica che la pirateria.
E scopre che al magistrato fa piu' paura la messaggistica che la pirateria.
23 marzo 1995
Gianluca Neri
Fonte: "SottoVoce - Le Parole Sono Importanti", Anno I, numero 1, aprile 1995
Tempi duri: la psicosi di una nuova ondata di perquisizioni di banche dati genera almeno un falso allarme a settimana e l'inaspettato successo di Internet ha indotto la stampa, certa stampa, a sguinzagliare orde di redattori per il cyberspazio, alla ricerca dell'"elemento folkloristico": il sedicente hacker, le immagini porno in un sito del governo Americano, il ragazzo e la ragazza che si incontrano in Internet Relay Chat, si conoscono, si amano e si sposano via cavo. Diciamolo chiaramente, una volta per tutte: la telematica da' fastidio e fa paura, piu' di quanto si creda. Fa paura il fatto che le notizie vengano "create" e non "riportate", che con poche lire ed un semplice personal computer si possa mettere in piedi un sistema in grado di fare informazione, e di farla talmente bene da dare fastidio. Un'esempio per tutti: la rivelazione dei rapporti tra la Diakron e Video On Line e' stata inviata nel cyberspazio attraverso una piccola rete di bbs. Gli utenti l'hanno riportata da un'area messaggi all'altra, al punto che la notizia, una volta arrivata ad Internet, e' stata diffusa su "l'Espresso", citando la fonte. Si puo' capire quindi quanto una cosa semplice come scrivere, salvare ed inviare un semplice messaggio possa ledere interessi economici dell'ordine di parecchi zeri. Basta prendere in considerazione il fatto che la politica sia entrata nella telematica non dalla finestra, ma sfondando la porta, e non e' piu' tanto difficile immaginare una nuova serie di sequestri "mirati". Il P.M. della procura Pesaro Gaetano Savoldelli Pedrocchi e' stato il primo ad avviare un'"operazione di pulizia" nel mondo delle banche dati italiane. Il fatto che la sua inchiesta abbia colpito tra l'altro sistemi piu' attivi nel campo della "libera informazione" ha destato piu' di un sospetto, anche se molto piu' probabilmente si e' trattato (allora) di semplice avventatezza, poverta' di mezzi e mancanza di competenza in fatto di telematica di un magistrato di provincia. A poco meno di un anno dall'avvio della sua inchiesta torniamo ad intervistarlo, e cosa andiamo a scoprire? Che i messaggi, guardacaso, sono diventati piu' pericolosi dei "pirati". Innanzitutto, come sta procedendo l'inchiesta da lei avviata lo scorso maggio? "L'inchiesta e' agli sgoccioli. La consulenza sta per essere depositata, ma fintanto che non ho quella..." Ci sono nuovi sviluppi, nuovi indagati? "No, come le ho detto sono in attesa della consulenza che e' stata commissionata gia' da quell'epoca. Bisogna rendersi conto della mole del lavoro... E' una consulenza estremamente complessa". E da chi e' fornita la consulenza? "Io ho un consulente tecnico dell'INPS piuttosto bravo, e' un allievo di Billia..." Si parla ormai sempre piu' di telematica, anche su giornali non specializzati, specialmente dopo il boom di Internet, una rete che basa il suo successo su trenta milioni di utenti e sulla mancanza di regole. Su Internet si e' in presenza di una sorta di autoregolamentazione degli utenti che garantisce il libero scambio di programmi, ma soprattutto di informazioni. Considerando la costante crescita e il successo di questa "rete delle reti", come e' possibile fare rispettare la legge ed esigere regole ferree in ambiente limitato come quello delle banche dati italiane, quando nella telematica mondiale regna un caos tutto sommato positivo, e che in un certo qual modo ha garantito fino ad oggi la liberta' di espressione? "Beh, si tenta di regolamentare anche quel caos, anche in America ci si sta muovendo in questo senso. Il mondo della cibernetica sta tentando di darsi delle regole che siano compatibili con la liberta' di informazione, di comunicazione e di pensiero e che prevengano i rischi di un sistema tutto sommato "anarchico" che puo' cadere in mano a personaggi senza scrupoli. L'essere un appassionato, un esperto di computer non conferisce la santita'. Il problema non e' controllare i contenuti, ma responsabilizzare i titolari di banche dati rispetto a quelli che sono gli abusi, in modo che la loro attivita' sia esercitata con la dovuta prudenza, come succede in qualsiasi giornale o televisione o mezzo di comunicazione. Del resto la liberta' di stampa nel nostro paese, come in qualsiasi stato democratico, e' garantita. La banca dati in automatico, ad esempio, e' un qualche cosa di estremamente pericoloso". Cosa intende per "banca dati in automatico"? "Un sistema che non sia sottoposto al controllo di qualcuno che possa vigilare e intercettare la distribuzione di notizie pericolose". Lei e' quindi favorevole alla sentenza di Roma che probabilmente imporra' alle banche dati e a tutti i fornitori di informazioni di diventare testate giornalistiche. "Si. Le banche dati dovranno essere analoghe a testate giornalistiche. I giornali non si realizzano in tempo reale, mente la posta telematica viaggia alla velocita' della luce. Occorrera' un qualcosa di diverso, passibile di controllo". E come potra' un operatore di sistema, se il suo ruolo verra' equiparato a quello del direttore responsabile di un giornale, a controllare tutte le notizie che vengono messe in rete dalla propria banca dati? Un direttore responsabile commissiona gli articoli ai propri collaboratori e, se ritiene non sia il caso, non li manda in stampa. Sulle banche dati, una volta inviato, un messaggio puo' essere ripreso, commentato, riportato da un altro utente su altre reti e avere una diffusione impensabile. Le notizie immesse nelle reti, considerata la mole, non sono controllabili. "Questo e' un fatto. Pero' se la presenza del responsabile del sistema fosse continua potrebbe in qualche modo "parcheggiarle", intercettarle per poi controllarle in un secondo tempo. Oppure, cosa vuole che le dica, questa e' l'anticipazione di un mondo strutturato diversamente". Lei ha avviato la prima e la piu' grande inchiesta sulla telematica italiana, ed e' stato poi seguito da altri magistrati italiani. In particolare l'oggetto della sua indagine e' stato la pirateria del software sotto copyright. A Milano un GIP ha emesso una sentenza secondo cui se i programmi pirata sono distribuiti da una banca dati che non ha scopo di lucro sono da considerare "oggetto di studio", e quindi non si e' in presenza di un reato. "Si, non conosco quella sentenza, ma ho capito il ragionamento di quel GIP. E' una teoria che ho sostenuto anche in un piccolo convegno qui a Pesaro. A mio parere si dovrebbe ampliare la nozione di "possesso" in questa materia. In pratica: se io possiedo un'enciclopedia, la posso fare consultare a chi voglio. Finche' si rimane nella sfera del possesso personale e dell'utilizzo da parte di persone in qualche modo collegate al proprietario a mio parere non si dovrebbe neanche parlare di reato. Negli istituti universitari, ad esempio, molti ricercatori devono lavorare allo stesso programma; perche' non deve essere possibile avere piu' copie "di comodo"? Tutto questo pero' fa parte di una visione realistica del problema. La pirateria danneggia patrimonialmente le imprese, ma come reato e' paragonabile a quello di chi duplica una musicassetta. Non e' uno dei grandi pericoli dell'informatica. Vede, siamo in una normale visione economica del diritto d'autore, non siamo in un mondo affascinante ma incontrollabile. A me, sinceramente, questa pare una cultura ansiosa: questo voler fare diventare grande un problema che non lo e', la ricerca del pericolo ad ogni costo". Si dice ad esempio che molto spesso siano le stesse case produttrici di software a mettere a disposizione in rete i propri programmi, dal momento che il tipo di utenza a cui puntano non e' il ragazzino che duplica dischetti e che non comprerebbe mai un programma da due milioni e mezzo, quanto le imprese che devono acquistare una licenza per ogni copia del programma utilizzata. La larga diffusione di un programma, attuata anche tramite la pirateria, rappresenta senza dubbio una buona pubblicita'. "La disponibilita' di un prodotto a prezzi popolari o addirittura gratuito e' senza dubbio utile, ed e' una strategia adottata da molte aziende, in qualsiasi campo". La sua ed altre inchieste hanno toccato anche banche dati con una funzione sociale. Sono addirittura state presentate varie interrogazioni al riguardo. La rete Peacelink ha avuto anche la legittimazione dell'ex ministro della giustizia Biondi, eppure e' finita sotto inchiesta. Non crede vi sia stata una disparita' di trattamento tra banche dati pirata contro le quali non e' stato preso alcun provvedimento e a cui dopo pochissimi giorni sono state restituite tutte le attrezzature sequestrate, e Peacelink, rete telematica pacifista e con una funzione sociale importante? "Si, ma sono stati sequestrati solo materiali dubbi, e tutto il resto non e' stato toccato. Peacelink e' stata appena sfiorata da noi, e senza danni, se non quei pochi giorni di allarme". E' stato sequestrato il computer centrale. "Si, ma poi e' stato restituito adottando solo alcune misure di salvaguardia". Ma Giovanni Pugliese, il responsabile del sistema, e' ancora sotto inchiesta. "Si, l'operatore di sistema e' ancora sotto inchiesta, ma non credo che abbia subito torture..." Essere indagati non credo comunque faccia piacere a nessuno. In ogni caso i responsabili di Peacelink sostengono che per verificare eventuali violazioni sarebbe stato molto piu' utile inserire nel sistema alcune "talpe", invece che procedere esclusivamente sulla base di dichiarazioni di sedicenti collaboratori "bene informati". "Guardi, il nostro mestiere e' quello che e'. Il fatto che il nostro modo di condurre le indagini, le nostre possibilita' operative e il sistema processuale siano un po' grevi e' una critica che si puo' fare, ma che va estesa a tutto il sistema giuridico italiano. Gli strumenti penali sono sempre offensivi. Inserire delle talpe e' un operazione di intelligence che chi e' un grado di fare? Non certo una piccola procura della Repubblica di Pesaro. O si trovano grandi specialisti, oppure... Per fare la talpa in questo ambiente bisogna essere bravi, saperci fare. E poi e' difficile seguire la tecnologia con gli strumenti che abbiamo a disposizione: gli hacker, quelli veri, sono tra i piu' esperti nel campo. C'e' una cosa che li caratterizza: hanno una gran voglia di far vedere quanto sono bravi. Uno di loro mi ha chiesto: vuol vedere come si fa?". Quando si concludera' l'inchiesta? "Tra una decina di giorni sara' depositata la consulenza. Poi agiro' in relazione a cio' che il consulente mi riferira'. Io sono abituato a lavorare su fatti concreti. Le ipotesi di lavoro sono una cosa, ma per la determinazione servono certezze". Quali saranno le pene applicate nei confronti di chi sara' giudicato colpevole? "Se non verifichero' niente di pericoloso credo che smembrero' il processo mandandolo alle singole autorita' giudiziarie competenti per territorialita'. Poi saranno loro a decidere". Gianluca Neri
Parole chiave:
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