Copiare Software ad uso personale è reato
La legge 248 del 2000 ha introdotto la reclusione per coloro che duplicano anche a fini personali il software.
Occorre premettere come nell’ultimo decennio la tutela del software abbia subito varie modifiche. Basta pensare che sino alla legge n. 518 del 1992 - che ha disciplinato in sede penale la tutela dei programmi per elaboratore elettronico, in attuazione della direttiva comunitaria n. 250 del 1991 - la condotta di duplicazione ai fini di lucro dei predetti programmi non era prevista dalla legge come reato, non potendosi estendere alla fattispecie per il divieto di analogia, la normativa relativa alla abusiva duplicazione e commercializzazione di musicassette trattandosi di materie e prodotti diversi (Pretura di Napoli, 14 aprile 1999).
Invece con la introduzione dell’articolo 171 bis legge n. 518, il legislatore disponeva: <
Cosa è cambiato? Una parola, ovvero dal termine “lucro” - adottato nella prima versione legislativa – si è passati a quello di “profitto” posto nella normativa odierna. Conseguenza è che se con “lucro” il legislatore intendeva punire solo coloro i quali dalle condotte di duplicazione, riproduzione, vendita, ecc., traessero un vantaggio patrimoniale, con “profitto” la punibilità si estende anche a coloro che dalla duplicazione traggono un vantaggio “casalingo”, ovvero un semplice risparmio evitando di acquistare un originale del programma.
Parliamo in termini pratici, e portiamo esempi concreti da ricercarsi nelle pronunce giurisprudenziali degli ultimi anni.
Iniziamo dal 1996, quando un Pretore di Cagliari, assolveva l’imputato accusato di duplicazione abusiva di software ad uso personale, motivando che: <<… il termine lucro di cui all’art. 171 bis, indica esclusivamente un guadagno patrimoniale ossia un accrescimento patrimoniale consistente nell’acquisizione di uno o più beni; esso non coincide in linea di principio con il termine profitto, che ha un significato ben più ampio in quanto il profitto può implicare sia il lucro, quindi l’accrescimento effettivo della sfera patrimoniale, che la mancata perdita patrimoniale ossia il depauperamento dei beni di un soggetto. In altri termini nel profitto può rientrare anche la mancata spesa che un soggetto dovrebbe, per ipotesi, affrontare per ottenere un bene. Il lucro costituisce solo ed esclusivamente l’accrescimento positivo del patrimonio; il profitto anche la sola non diminuzione dello stesso. L’imputato ha duplicato copie di un programma esclusivamente per la sua attività non mosso da fini di lucro, ma eventualmente di profitto, consistente nell’evitare la spesa necessaria ad acquistare altre due copie del programma, pertanto non violando la fattispecie contenuta nella norma incriminatrice (perché nella condotta dallo stesso tenuta non è ravvisabile il fine di lucro) l’imputato è prosciolto dal reato contestato.>> Dello stesso avviso un Giudice di Bologna, che nel 1998 assolveva un imprenditore nella cui azienda erano stati utilizzati software duplicati abusivamente. Il giudice motivò l’assoluzione sulla base dell’incriminazione da parte della norma della duplicazione a scopo di lucro, intendendo punire la riproduzione finalizzata al conseguimento di un utile patrimoniale, cosa ben diversa dal semplice risparmio che aveva invece conseguito l’imprenditore duplicando i programmi.
Palese dunque la portata punitiva circoscritta al conseguimento di utili dell’art. 171 bis legge diritto d’autore, sino alla riforma del 2000.
Ad oggi sanzionando coloro che duplicano software con finalità di profitto, il legislatore intende punire tutti coloro che duplicheranno abusivamente traendo un vantaggio di qualsiasi natura, che sia risparmio o semplice vantaggio morale.
Subirà un processo penale il minorenne che duplicherà un gioco dall’amico, lo studente che duplicherà un programma di ricerca, l’adulto che mostrerà in ufficio un programma che ha in originale a casa (ricordiamo che l’unica copia di programma che può essere effettuata per legge, è la copia di sicurezza, che deve comunque trovare una collocazione precisa e non deve essere avviata nel computer salvo perdita o deterioramento dell’originale).
Inoltre, chi acquisterà o riceverà software duplicato non contrassegnato SIAE, potrà incorrere nel reato di ricettazione di software abusivo. La ricettazione è un reato consistente nell’acquistare, ricevere o occultare al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, cose provenienti da un qualsiasi delitto. Avendo il legislatore parificato la duplicazione a scopo di profitto ad un delitto, coloro che ricevono un programma già duplicato abusivamente potrebbero essere accusati di ricettazione e rischiare la reclusione da due anni ad otto e con una multa da L. 1.000.000 (516,45 €) a L. 20.000.000 (10.329,14 €) salvo trattarsi di reato di particolare tenuità (ricevere una sola copia di un cd, ad esempio, “restringe” la pena della reclusione sino a sei anni e la multa sino a L. 1.000.000 (516,45 €).
Non è il caso di allarmarsi, ma forse di fare più attenzione perché le politiche del mercato hanno prodotto una limitazione notevole nei confronti dei privati che hanno in buona fede duplicato un software, addirittura esponendoli alla reclusione quando più logico ed equo poteva essere semplicemente concedere una maggiore tutela risarcitoria a coloro che subiscono menomazioni economiche dalla abusiva duplicazione dei programmi per elaboratore.
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