The Italian Crackdown
Con originale tempismo la macchina giudiziaria italiana si sta muovendo, a soli cinque mesi dall'approvazione della cosiddetta legge sui "computer crimes", in puro stile americano, contro centinaia di BBS italiane, ovvero contro quelle banche dati amatoriali che raccolgono per lo piu' messaggistica digitale di diverse migliaia di appassionati di scienza informatica e del viaggio nel cyberspazio. Non si conoscono i dati esatti dell'operazione, ma pare che al momento il "bollettino di guerra" si attesti sul sequestro di un numero di sistemi elettronici casalinghi che va da 40 a 115, mentre il numero di indagati pare raggiungere ben 400 unita'. I capi d'accusa per i sottoposti al sequestro dei loro amati personal computer e modem sono gravissimi: associazione a delinquere, ricettazione, contrabbando, violazione di dati informatici perpetrati tramite la duplicazione o possesso di sistemi atti alla duplicazione.
Insomma tutti reati penali che, nella peggiore delle ipotesi, possono portare a passare qualche annetto in galera solo per aver tenuto in casa programmi copiati. Si parla inoltre di centinaia di computer e modem, lettori CD-Rom, tastiere, mouse e marchingegni autocostruiti sequestrati e di migliaia di dischetti confiscati dalla Guardia di Finanza, che ha condotto le operazioni.
Il tutto e' partito dalla Procura di Pesaro, guidata dal procuratore Pedrocchi, contro due giovani presunti rivenditori di programmi copiati e l'azione si e' estesa seguendo il filo (telefonico) rosso delle reti telematiche italiane, Euronet, Ludonet, P-Net, CyberNet ma la piu' colpita appare la veneranda Fidonet, la madrina tra le BBS mondiali, famosa per le sue ferree regole interne contro la pirateria informatica. Purtroppo le informazioni che al momento circolano sono ancora troppo limitate per poter definire esattamente il quadro della vicenda, infatti la qualita' della segretezza sembra essere il suo requisito principale. Questo alone di mistero pare sinistramente riecheggiare anche nell'assenza di informazione sugli organi di stampa che, fino a qualche mese fa si sarebbero lanciati a capofitto sulla ghiotta notizia da titolo scandalistico a piena pagina: "Grande operazione contro i pirati informatici, i criminali del 2000", mentre al contempo gli abitanti della frontiera elettronica sono posti violentemente di fronte al primo duro shock da subire, guarda caso, proprio agli esordi del governo del "grande comunicatore". Quello a cui si assiste e' una sorta di supplizio di tantalo: ormai i ogni responsabile di BBS aspetta aspetta il suo turno per la perquisizione, il sequestro e l'incriminazione.
In assenza d'informazione istituzionale, un giro all'interno delle banche dati in questi giorni fa apparire in tutta la sua pesantezza la situazione attuale, con interi network amatoriali chiusi d'autorita', molta gente privata delle macchine che usava anche per lavoro o per lo studio e la sensazione diffusa che sia in corso un attacco indiscriminato alla liberta' di gestione diretta della propria informazione. Vale quindi la pena di leggere qualche commento a caldo, estratto da messaggi di frequentatori di alcune BBS: "Cosa sta succedendo? Sono i primi effetti del nuovo governo di destra?";" Ieri pomeriggio si sono presentati in casa mia dei funzionari della finanza... mi hanno sequestrato tutti i PC con annessi e connessi che avevo nella mia abitazione. Hanno preso proprio tutto, dal cavettino del telefono al sacchettino di dischetti o all'agendina con i numeri di telefono dei miei amici. Ho veramente bisogno di aiuto."; "Ma perche' proprio *ADESSO?*. Spero ardentemente che si tratti solo di mie paranoie."; "Mi risulta che alcuni BBS (soprattutto 'alternativi') siano soggetti da tempo al controllo di modem-cimice (magari in sede di centrale $ip): come lo so? Cio' che studio servira' pure a qualcosa, no?"; "Quello che appare preoccupante e' la sovrapposizione fra l'indagine e la plateale disarticolazione di interi pezzi del sistema di comunicazione democratica dell'informazione amatoriale, con avvisi di garanzia e sequestri di attrezzature 'in massa' a persone la cui 'colpa' sta nell'essere - probabilmente - state memorizzate nell'archivio dei presunti pirati."; "Assisto con sgomento e meraviglia a quanto e' accaduto l'11 maggio scorso a molti amici e 'colleghi' sysops di tante parti d'Italia, privati anche dei loro strumenti di lavoro."; "Tutti abbiamo sentito parlare di attrezzature elettroniche (a volte anche segreterie telefoniche) poste sotto sequestro, di perquisizioni minutissime in appartamenti di sigilli posti ad ambienti di casa. Insomma, un vero e proprio blitz organizzato pensando di affrontare una organizzazione oliata e ben esperta nel crimine. Ma cio' e' plausibile?"; "Quale professionista ed 'operatore del diritto' rimango colpito dal modo con cui questa serie di azioni sono state eseguite. Certo, non puo' sfuggire la grossolanita' dell'intervento operato e la sua durezza, nonche' la scarsissima preparazione tecnica denotata dalle varie 'squadre' di finanzieri che si sono mosse in tutto il paese, preferendo troppo spesso sequestrare e sigillare piuttosto che cercare di comprendere cosa si trovavano davanti."; "Così comincia il coprifuoco per i canali di comunicazione che non si possono ontrollare, per l'informazione autogestita... Troppo poco (???) entrava nelle tasche della $IP..."; "Pare che il solo possesso di un modem sia sufficiente per finire in galera."; "S.t.i.a.m.o. c.a.l.m.i., male che vada daremo vita alla cryptoresistenza..."
Questo e' il tam-tam dei bollettini elettronici che registra il clima all'interno del cyberspazio italiano nel quale questa operazione, in realta' chiamata dagli inquirenti "Hardware 1" forse per il gran numero di computer piu' che per il software sequestrati, viene definita con l'espressione ben piu' significativa di "Italian Crackdown", in relazione a una simile operazione americana di qualche tempo fa, ben descritta dallo scrittore cyberpunk Bruce Sterling nel suo saggio "The Hacker Crackdown" (ed. it. "Giro di vite contro gli hacker", ShaKe, Milano). Anche negli USA furono sequestrate e chiuse un
centinaio di BBS e le accuse erano proprie quelle di associazione a delinquere, iffusione di codici d'accesso e diffusione di software sotto copyright. Il risultato e' stato quello di tenere confiscate le macchine per piu' di quattro anni e non celebrare la maggior parte dei processi per l'inconstistenza delle prove accumulate, ma di condannare al contrario un paio di sedicenni per possesso di marjiuana trovata nel corso delle perquisizioni.
Sempre negli USA tale operazione ha stimolato la nascita di importanti organizzazioni per la difesa dei diritti del cittadini del cyberspazio come L'Electronic Frontier Foundation. Solo rispetto a quest'ultima esperienza ci si augura che il modello americano possa essere preso ad esempio e si attende anche in Italia una risposta garantista a queste azioni di forza.
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