'Delitti al computer' è scattata la retata
Il "tam tam" e' scattato subito tra un computer e l'altro e le cifre iniziano a girare. Sarebbero circa 400 le perqui- sizioni domiciliari nei confronti del mondo amatoriale tele- matico (cento quelle accertate), scattate in seguito ad una indagine della procura di Pesaro contro "pirati del software". Nel mirino dei magistrati sono finiti pirati che si collegano alle BBS (Bulletin Board System, strutture per lo scambio telematico di informazioni, banche dati) e non le banche dati stesse.
Questo e' un elemento importante. E' infatti necessario non fare di tutte le erbe un fascio: le reti telematiche non sono il punto di incontro per loschi traffici di software o punti di smistamento per messaggi erotici a basso prezzo. Oggi tramite la comunicazione telematica via modem si svolgono moltissime attivita' di volontariato umanitarie ed anticrimine. Un esempio per tutti e la Peacelingk rete dedicata proprio a servizi sociali, al mondo dell'associazio- nismo, della solidarieta'. Peacelink e' stata coinvolta in questa "retata" telematica come altre reti, per esempio Fidonet o Cybernet (la prima si occupadi dibattiti, notizie tecniche, libri, comunicazione, la seconda di sperimentazione, arte, multimedialita'), che non solo non hanno niente a che vedere con la pirateria, ma che da anni la combattono attivamente, espellendo dal circuito chiunque "scarichi" nelle banche software illegali. La legge vigente da alcuni mesi contro i "computer crime" non tiene conto, ad esempio, di questo aspetto pubblico e sociale delle attivita' telematiche.
"Una legge che protegga gli interessi economici - spiega in un comunicato Alessandro Marescotti portavoce di Peacelink - senza una legge che garantisca i diritti civili - anche sulla nuova frontiera della comunicazione telematica - rappresenta un'omissione sul versante costituzionale, la' dove sancito il diritto alla liberta' di pensiero tramite tutti i mezzi di espressione. Tra questi rientra pienamente il modem. In un paese democratico questo tipo di comunicazione va incentivato, tutelato come strumento di crescita educativa e culturale"
L'indagine della procura di Pesaro porta in primo piano proprio la questione "informatica e democrazia", questione fondamentale su cui sara' necessario tornare al piu' presto. La legge, ad esempio, non prevede che il "SysOp" (System Operator, colui che ha creato sul proprio personal computer una banca dati) possa non avere responsabilita' su quello che altri hanno "scaricato" nella banca. E quindi, come giudicare, con chi prendersela? "Le accuse della procura di Pesaro - raccontano dalla redazione di Decoder, la rivista internazionale che si occupa del mondo "cyber" e "hacher" - appaiono esageratamente punitive. I reati fanno riferimento a quattro tipi di leggi differenti: a) la legge sul computer crime per quanto riguarda l'entrata non autorizzata in sistema telematico e danneggiamento; la legge sul copyright relativo al software; la legge doganale per presunto contrabbando (perche' i programmi sarebbero stati prelevati all'estero); e infine l'art. 416 del C.P. tipico reato di carattere associativo con pene dai 3 ai 7 anni per gli organizzatori e da 1 a 5 anni per i partecipanti".
La preoccupazione che serpeggia nel mondo telematico dunque, e' reale, concreta. Giovani, meno giovani, ragazzini, rischiano di essere condannati pur non avendo a che fare con la pirateria. Perche', oltretutto, c'e' anche un fatto di preparazione pura e semplice da parte delle forze dell'ordine: un conto e' riconoscere la refurtiva rubata in una gioielleria, un conto e' scambiare (come ahinoi, e' accaduto durante
una di queste percuisizioni) il tappettino del "mouse" per un corpo di reato! Per poter applicare la legge (gia' di per se' generica e sbilanciata) ci vuole anche esperienza e formazione professionale.
"Al di la' delle eventuali responsabilita' soggettive - dice Gomma, di Shake Edizioni (in libreria tra pochi giorni un loro libro che si preanuncia molto interessante per l'argomento, NO COPYRIGHT a cura di Raf Valvola) - la situazione e' piuttosto assurda. E' come se per reprimere la vendita di audiovisivi piratati, si entrasse in casa di tutti coloro che possiedono un videoregistratore".
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