A caccia dei pirati informatici

18 giugno 1994
Claudio Gerino
Fonte: La Repubblica

PESARO - Le cifre sono da "bollettino di guerra" contro la criminalita' informatica: 159 computer sequestrati, acquisiti oltre 110 mila dischetti contenenti programmi di dubbia provenienza, 122 avvisi di garanzia per associazione a delinquere finalizzata alla copiatura illecita di software e altrettante perquisizioni in tutta Italia.
E ancora: centinaia di rapporti giudiziari, decine di procure che dovranno occuparsi dei filoni locali dell'inchiesta partita da Pesaro lo scorso marzo e l'ombra di una pirateria informatica tutta ancora da identificare che avrebbe colpito importanti banche dati private.

Ma il procurato del capoluogo marchigiano, Gaetano Savoldelli Pedrocchi sembra sconcertato dal clamore che la sua indagine ha suscitato. E vuole chiarire i contorni di una vicenda che, per numero di perquisizioni, denunce e banche-dati chiuse e' stata ben superiore a un'analoga indagine condotta negli anni '80 in USA e che fu poi presa ad esempio per il varo di una nuova legislazione destinata a garantire il diritto alla comunicazione telematica dei cittadini.

"Da profano, da magistrato assolutamente digiuno di elaboratori elettronici ho capito una cosa: le nuove leggi attualmente in vigore in Italia - spiega il procuratore di Pesaro - devono essere rapidamente adeguate ad una realta' cosi' difficile da identificare, ad una cultura che cresce, cambia e si plasma in tempi brevissimi. Con l'obiettivo di non limitare la libera comunicazione del pensiero, ma di tutelare sempre piu' di una parte la privacy di chi usa i sistemi telematic e dall'altra chi, legittimamente, gestisce banche-dati e produce programmi per computer"

Savoldelli Pedrocchi ricostruisce l'inchiesta: "Siamo partiti, su segnalazione del comando generale della guardia di Finanza, da una 'centrale' per lo smercio di programmi illecitamente duplicati di Pesaro. Seguendo i contatti che questa 'centrale' aveva con diverse banche dati abbiamo individuato gli altri indagati. Ora, esaminando il materiale, stiamoaccertando se questi ultimi abbiano o meno compiuto reati". Nella 'centrale' pesarese, gestita apparentemente da due giovanissimi quasi senza redditi, c'era materiale per oltre 300 milioni.

Il procuratore sottolinea i limiti oggettivi di un'indagine cosi' ampia :"Se dovessimo perseguire tutti coloro che copiano dei programmi, tre milioni di italiani rischerebbero l'accusa di ricettazione e un massimo di otto anni di carcere- C'e' da tenere presente, comunque, che l'indagine penale, nel nostro paese, e' obbligatoria", spiega facendo capire che l'inchiesta potrebbe proseguire ancora. La sensazione e' che le indagine della procura di Pesaro, pero', non puntassero ai copiatori di software per uso proprio, ma ad una vera e propria organizzazione.

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