Uranio, arriva l'«altra» commissione
Sono attesi per la prossima settimana i primi risultati della commissione medica nominata dal ministro della difesa Sergio Mattarella e presieduta dal dottor Mandelli. Gli esperti stanno valutando diciotto casi di malattie (leucemie, linfomi) che hanno colpito militari italiani in missione nei Balcani, per capire se siano in qualche modo connessi a una esposizione all'uranio impoverito. Senza entrare nel merito della composizione e del lavoro della commissione, si tratterà comunque di risultati molto parziali, sia per l'esiguità del campione analizzato (mentre una ricerca accurata andrebbe condotta sui grandi numeri) sia perché concentrata solo sui militari, e non anche sui volontari delle Ong e sulla popolazione.
E' anche per questi motivi che la sezione italiana del tribunale Clark e il comitato Scienziati e scienziate contro la guerra ha promosso la costituzione di una commissione interdisciplinare e indipendente, vale a dire non governativa, sulla questione dell'uranio (che, alla luce del rinvenimento di U-236 e plutonio, forse sarebbe improprio definire impoverito). La commissione sarà composta dal fisico Carlo Pona, dalla genetista Francesca Degrassi, dall'epidemiologo Valerio, Gennaro, dal fisico nucleare Giorgio Cortellessa, dal matematico Livio Giuliani e dal chimico Paolo Manzelli La sezione italiana del tribunale Clark ha proposto poi di bilanciare la presenza governativa e militare nella commissione Mandelli con l'ingresso del professor Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino, del naturalista Fabrizio Fabbri di Greenpeace e, in alternativa, del professor Mauro Cristaldi, docente di Anatomia comparata all'università «La Sapienza» di Roma.
Ieri pomeriggio, al Senato, a parlare alla stampa di uranio impoverito c'era proprio l'uomo che dà il nome al tribunale indipendente che sta indagando sui crimini di guerra della Nato. Stiamo parlando di Ramsey Clark, l'ex ministro della giustizia americano che non ha esitato a denunciare i crimini di guerra compiuti dagli Usa prima in Iraq e poi nei Balcani. «Già nel '91 ho scritto un libro intitolato The fire (il fuoco) - ha detto Clark - All'epoca sapevo che l'uranio impoverito stava nelle nostre armi e anche che era stato utilizzato in Iraq. Ma solo dopo molti anni di pressioni e ricerche siamo riusciti a sapere che erano stati sparati 240mila proiettili all'uranio impoverito, più 14mila missili e proiettili di cannone». Poi ha accusato senza mezzi termini il governo Usa di avere mentito sulle cifre, ma anche alle famiglie delle vittime del cosiddetto «fuoco amico».
Per quanto riguarda la vicenda del plutonio, di cui la stessa Nato ha confermato la presenza di «tracce» nei Balcani, è spuntata fuori una lettera del comitato di coordinamento Usa per l'uranio impoverito datata 1 settembre '99. La presidente del comitato, Tara Thornton, scrisse infatti una lettera al Dipartimento dell'energia di Washington per denunciare le perdite di plutonio che si erano verificate negli impianti nucleari di Oak Ridge (Tennessee), Paducah (Kentucky) e Pinkerton (Ohio), facendo presente inoltre che uranio contaminato da plutonio era stato riprocessato a Portsmouth, Paducah e Oak Ridge. E l'uranio impoverito che ne era derivato come scoria era stato usato per costruire munizioni, corazzature di carri armati, contrappesi negli aerei e zavorra nelle chiglie di imbarcazioni Proprio quello che temono gli esperti dell'Unep. E il plutonio è finito anche nel corposo fascicolo della procura militare di Roma, che sta indagando sui casi di malattia tra i soldati.
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