«Cagliari porto nucleare? No, anzi sì»
Un ministro della Difesa che smentisce un prefetto. Un porto italiano che, da un giorno all'altro, potrebbe ospitare un sommergibile a propulsione nucleare a pochi metri da barche a vela e traghetti. Un gruppo di cittadini che, nonostante la legge sia dalla sua, non ha la possibilità di accedere al piano di emergenza da attuare se quel sottomarino andasse in avaria.
Succede a Cagliari ed è tutto certificato da documenti ufficiali. Antonio Martino il 7 giugno risponde ad una interrogazione parlamentare presentata dal deputato verde Mauro Bulgarelli il 18 aprile: «Il porto di Cagliari è compreso fra gli 11 porti nei quali è prevista la sosta di unità militari a propulsione nucleare». Peccato che, quasi due mesi prima, l'11 aprile per l'esattezza, il prefetto di Cagliari Efisio Orrù avesse inviato una raccomandata al pacifista sardo Antonello Repetto a proposito del piano di emergenza: «La Marina - Comando Militare Marittimo Autonomo in Sardegna - Ufficio Operazioni/Difesa, in base alle indicazioni dello Stato Maggiore del medesimo Corpo, ha comunicato che non sussiste alcuna necessità di pianificazione di emergenza relativa a navi a propulsione nucleare e della conseguente comunicazione della medesima alla popolazione. Questo in quanto la rada di Cagliari non sarà più compresa nell'elenco dei punti di approdo nazionali impiegabili per la possibile sosta di unità a propulsione nucleare». Repetto, soddisfatto, aveva insistito: «Apprendo con soddisfazione che il porto e la rada di Cagliari non ospiteranno più sommergibili a propulsione nucleare. Vorrei però sapere quanto tempo ci vorrà perché tutto ciò avvenga». E il prefetto aveva sciolto il dilemma del pacifista il 21 aprile: «Si ribadisce che l'esclusione dalla rada di Cagliari di punti di approdo impiegabili per la sosta di unità a propulsione nucleare, è attuale e, conseguentemente, non sussiste la necessità di alcuna pianificazione di emergenza».
Bulgarelli parla di «un indegno gioco delle tre carte» e il 16 giugno presenta un'altra interrogazione: «Come è possibile che il prefetto di Cagliari e il ministro della Difesa abbiano dato, al medesimo quesito, risposte diametralmente opposte? Per quale motivo non viene reso pubblico il piano di emergenza nell'eventualità di un incidente nucleare?». Il comitato sardo "Gettiamo le basi", lamentando il silenzio della classe politica sarda sulla questione, ricostruisce «la farsa indecorosa» che dura dal febbraio di cinque anni fa.
Allora il prefetto aveva convocato alcune associazioni per confermare che Cagliari è porto nucleare senza però rendere noto il piano di emergenza. Eppure il decreto legislativo 230 del 1995 parla chiaro. Al Capo X, articoli 129 e 130, è imposto l'obbligo all'informazione senza che la popolazione ne faccia richiesta. «Le informazioni devono essere accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica» e comprendono: «Natura e caratteristiche della radioattività e suoi effetti sulle persone e sull'ambiente; casi di emergenza radiologica presi in considerazione e relative conseguenze; comportamento da adottare in tali eventualità; autorità ed enti responsabili degli interventi e misure urgenti previste per informare, avvertire, proteggere e soccorrere la popolazione».
Repetto torna alla carica e scrive al prefetto: «Invierò quanto prima tutta la documentazione sulla vicenda alla Commissione europea che sta procedendo a sanzionare l'Italia per la mancata divulgazione ai cittadini dei piani di evacuazione». Per il consigliere regionale di Rifondazione Paolo Pisu il problema della presenza militare in Sardegna è inderogabile. «Superare i vincoli, i limiti e lo stretto riserbo posto dalle strutture militari e civili è difficilissimo», scrive il consigliere al "Giornale di Sardegna", proponendo una commissione d'inchiesta regionale per affrontare con maggiore autorità e fermezza l'argomento: «Solo utilizzando i poteri d'inchiesta della magistratura, si potrà entrare in possesso di tutti i dati e porre le condizioni per la salvaguardia delle nostre popolazioni e dei nostri territori».
A Taranto, altro porto nucleare italiano come Cagliari e come altri 10 scali, compresa La Maddalena, l'associazione Peacelink promuove una manifestazione regionale per il 26 giugno, partenza alle 18 da piazza Ebalia. Il comitato organizzatore ribadisce i due no al rischio nucleare e ad ogni altro insediamento militare in città.
Al ministro della Difesa per sapere, premesso che:
in data 15 aprile 2005 il signor Antonello Repetto inviava una lettera alla Prefettura di Cagliari chiedendo se il porto di tale città fosse incluso tra quelli per i quali è prevista la sosta di sottomarini a propulsione nucleare e, in tal caso, se fosse stato predisposto un piano di emergenza per la popolazione civile e se esso fosse di pubblico dominio, come esplicitamente disposto dalla normativa europea; il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, infatti, emanato in attuazione delle direttive Euratom 80/386, 84/467, 84/466, 89/618, 90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti, nella Sezione I (Piani di emergenza) disciplina l'emergenza nucleare riferita alle situazioni determinate da eventi incidentali negli impianti nucleari e all'articolo 124 (Aree portuali) prende in considerazione la possibilità di emergenza in conseguenza di incidenti derivanti dalla presenza di naviglio a propulsione nucleare nelle aree portuali;
al Capo X (Stato di emergenza nucleare), Sezione II (Informazione della popolazione), articoli 127-134 del decreto legislativo n. 230/1995, vengono prese in esame le misure di informazione della popolazione in merito alla protezione sanitaria e al comportamento da adottare per i casi di emergenza radiologica; l'articolo 129 (obbligo di informazione) prevede che le «informazioni previste nella presente sezione devono essere fornite alle popolazioni [...] senza che le stesse ne debbano fare richiesta. Le informazioni devono essere accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica»; all'articolo 130, si afferma che «La popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica viene informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica»; l'articolo 133 prevede l'istituzione presso il Ministero della sanità della Commissione permanente per l'informazione sulla protezione contro i rischi da radiazioni ionizzanti, avente il compito di «predisporre e aggiornare le informazioni preventive di cui agli articoli 130 e 132 e di indicare le vie di comunicazione idonee alla loro diffusione, nonché la frequenza della diffusione stessa»; al medesimo articolo si dispone inoltre di «predisporre gli schemi generali delle informazioni da diffondere in caso di emergenza di cui all'articolo 131 e indicare i criteri per l'individuazione degli idonei mezzi di comunicazione», e, infine, di «studiare le modalità per la verifica che l'informazione preventiva sia giunta alla popolazione, utilizzando anche le strutture del servizio sanitario nazionale e il sistema informativo sanitario»;
in data 21 aprile 2005 il Prefetto, dott. Orrù, rispondeva alla richiesta nei seguenti termini: “Si ribadisce l’esclusione dalla rada di Cagliari dai punti di approdo impiegabili per la sosta di unità a propulsione nucleare e, conseguentemente, non sussiste la necessità di alcuna pianificazione di emergenza’;
l’interrogante, in data 18 aprile 2005, presentava un’interrogazione al ministro della Difesa –n. 4-13777- nella quale, premettendo che “in Italia i porti di 11 città sono compresi nell'elenco dei punti di approdo nazionali impiegabili per la possibile sosta di unità a propulsione nucleare”, chiedeva “se il porto di Cagliari sia incluso in tale lista e sia dunque ritenuto idoneo all'attracco e la sosta di navigli a propulsione nucleare”;
in data 7 giugno 2005, dunque di molto successiva a quella della risposta del Prefetto di Cagliari al signor Repetto, il ministro rispondeva che: “Si conferma che il porto di Cagliari è compreso tra gli 11 porti nei quali è prevista la sosta di unità a propulsione nucleare” e che a “protezione della popolazione e la tutela dell’ambiente la Marina Militare ha approntato un Piano di emergenza per la sosta in porto di navi militari a propulsione nucleare”, piano che andrebbe a integrare quello “della competente Prefettura”;
- come sia possibile che il Prefetto di Cagliari e il ministro della Difesa abbiano dato, al medesimo quesito, risposte diametralmente opposte;
- per quale motivo, essendo confermata la sosta di navigli a propulsione nucleare nel porto di Cagliari ed essendo stato predisposto un piano di emergenza nell’eventualità di incidente, quest’ultimo non venga reso pubblico, in ottemperanza all’obbligo prescritto dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230.
Roma 16/06/2005
On. Mauro Bulgarelli
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Per approfondimenti http://lists.peacelink.it/news/2005/06/msg00038.html
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