La "Guerra Ecologia" dei Balcani
Uno dei primi laboratori in Italia che già un anno e mezzo fa si occupò di armi all'uranio impoverito (Depleted uranium = DU) e del loro utilizzo nel Kossovo è proprio l'Enea di Bologna. Ne parliamo con il fisico Paolo Bartolomei.
Visto il recente clamore su tutte le prime pagine dei giornali sul tema del DU che valutazione ne da uno come te che se n'è occupato già dalla fine della guerra nei Balcani del '99?
"Occorre articolare la risposta in due parti. Da un lato, occorre mettere in luce la pericolosità del DU, le sue modalità d'impiego negli scenari di guerra a dispetto dei divieti, i rischi che si stanno effettivamente correndo nei Balcani ed i problemi relativi alla determinazione dell'inquinamento legato a tali sostanze. D'altro lato, non si può fare a meno di sottolineare come sia errato concentrare tutta l'attenzione sul tema del DU quando rappresenta solo la punta dell'iceberg di un vera e propria guerra ecologica che si è scatenata nei Balcani con i bombardamenti della NATO. Una guerra ecologica che ha assunto i suoi aspetti più drammatici nei bombardamenti delle industrie chimiche di Pancevo e Novi Sad e che già sta determinando danni di gran lunga più gravi di quelli del DU".
Nella comunità scientifica non c'è un parere unanime sulla pericolosità del DU. Quali sono le certezze in merito?
"Al di là di certe discordanze specifiche, una cosa è universalmente riconosciuta, il DU è dannoso e pericoloso non solo per la sua tossicità chimica, ma anche dal punto di vista radiologico qualora ingerito, inalato o quando schegge di uranio possano penetrare sotto la pelle. Inoltre, il suo impiego è ricorso tutte le volte che sono stati utilizzati dalla truppe statunitensi aerei come gli A10, quindi non vedo come il suo utilizzo potesse essere ignorato quando decollavano da Aviano. Possiamo dire che abbiamo partecipato ad una guerra nella quale i nostri alleati hanno impiegato sotto gli occhi di tutti ordigni sulla cui pericolosità si erano già espressi numerosi organismi internazionali universalmente riconosciuti. Inoltre c'è l'aspetto dell'efficacia bellica: i trentunomila proiettili al DU impegnati nella guerra del Kossovo sono serviti per distruggere solo 13 carri armati, quindi la maggior parte di questo materiale giace inesploso costituendo un pericolo per la popolazione".
Allora era già noto l'utilizzo bellico dell'uranio?
"Era il segreto di Pulcinella. Il problema vero è la trasmissione dei dati dai vertici a chi effettivamente è impegnato sul campo. Nel caso del Kossovo, i vertici politici e militari italiani erano informati, non hanno detto subito ai soldati presenti in loco che c'era il pericolo uranio, ma avevano predisposto regole di comportamento valide sia in caso di contaminazione chimica che radioattiva. In Bosnia, invece, non c'è stata nessuna precauzione. Infatti la procedura di bonifica prevedeva di raccogliere gli ordigni inesplosi senza nessun controllo per la radioattività e di farli brillare tutti assieme. È probabile che per la diffusione del particolato di uranio nell'ambiente sia stato più importante questo modo di procedere improprio che non le azioni belliche dirette".
Quindi è lecito attendersi tumori?
"Direi che questo è un passaggio fondamentale se vogliamo affrontare il tema del DU secondo una discriminante morale. Certo ci potranno essere dei tumori tra i militari, la cui numerosità non sarà forse elevatissima, ma rischi molto più forti sono quelli che corre la popolazione del Kossovo, quella che i bombardamenti dovevano aiutare. Pensiamo soprattutto a gruppi critici come i bambini che andavano a cogliere schegge di metallo poco dopo il bombardamento quando le probabilità di inalazione era più alte oppure a quelle fasce di popolazione civile che fra qualche anno berranno acqua inquinata da particelle di uranio che una volta ossidate si infiltreranno nel terreno".
Rischi che comunque avevano un precedente come nella guerra del Golfo?
"Certo in quell'occasione l'utilizzo del DU è stata una delle cause di effetti devastanti sulla salute della popolazione, anche se dai dati fin qui ufficializzati la quantità di DU riversato sull'Iraq è di 20 volte superiore a quello scaricato sui Balcani. Ma qui torniamo alla questione iniziale, perché preoccupa vedere come sia per i Balcani che per l'Iraq pervengano alle prime pagine dei quotidiani solamente notizie che fanno riferimento al DU. In realtà, già in Iraq ma soprattutto nel caso dei Balcani sono le bombe sulle industrie chimiche che hanno procurato i danni maggiori".
Che relazione tra questi e la sindrome del golfo?
"Anche di recente abbiamo sentito illustrare quanto avvenuto in Iraq come se solamente il DU ne fosse il responsabile. Invece sappiamo che le industrie chimiche sono state colpite anche lì e che il vento ha portato le nubi tossiche verso il fronte dell'esercito americano dove poi si sarebbero registrati il maggior numero di morti e di conseguenze relative alle malformazioni fetali sui figli dei soldati. Un particolare agghiacciante per tutti: vicino ai cadaveri di molti soldati iracheni non si vedeva volare una mosca ,e questo può significare solo che una nube insetticida li aveva sterminati, con quali conseguenze sugli essere umani è difficile immaginarlo".
Quindi un modello di guerra che nei bombardamenti sui Balcani del '99 ha trovato un ulteriore conferma. Quella che chiamavi prima guerra ecologica.
"Certo, è per questo che parliamo del DU come punta di un iceberg. Stiamo discutendo di decine, forse centinaia di casi sui militari, di centinaia forse migliaia tra i civili kossovari come uno scenario inquietante per gli anni futuri, ma già oggi dalle città delle industrie chimiche colpite dai bombardamenti emergono i dati di una catastrofe che si coniuga con i tempi del presente.
Del resto non si può tacere sull'atteggiamento del tribunale internazionale dell'Aja: sul problema del DU, finora, ha glissato nascondendosi dietro le controversie scientifiche, ma nel caso dei bombardamenti alle industrie chimiche è riuscito a non prendere in considerazione il rapporto dell'UNEP (l'agenzia delle Nazioni Unite per la protezione dell'ambiente). Il caso di Pancevo è appena citato, e lì c'è stata la fuoriuscita di migliaia di tonnellate di Cloruro di Vinile Monomero (causa di morte per tumore tra gli operai dei petrolchimici di Marghera e Brindisi), e la produzione, in seguito agli incendi, di micidiali sostanze come le diossine e il fosgene in concentrazioni a volte superiori alla soglia letale. Ora il tribunale dell'Aja si è dichiarato disponibile a riaprire il caso dell'uranio, e questo è importante, ma è necessario affrontare la complessità del problema ambientale".
Ci sono già dati attendibili?
"Teniamo presente che tra le autorità jugoslave si è finora riscontrata una tendenza a non enfatizzare il pericolo per ragioni di ordine pubblico. Solo informalmente si era consigliato alle donne di non partorire per due anni. Però la sindaca ed il ministro all'ambiente della città più bombardata, Pancevo, ci parlano di una crescita dei casi di tumore che passa da due a diecimila unità. Ottomila casi in più in un anno in una regione di 2-300.000 abitanti. A Kososka Mitrovica si parla di una crescita dei tumori pari al 200%. Le condizioni dei terreni a Novi Sad inducono a temere una catastrofe di dimensioni inimmaginabili se le sostanze tossiche riusciranno a raggiungere le falde acquifere. Da qui a qualche anno le cifre finora denunciate raggiungeranno l'ordine delle decine di migliaia di unità. E' questa la parte nascosta dell'iceberg: quello che si può scoprire leggendo le pagine in appendice ai rapporti ufficiali ma che nessuna fonte si è mai sognato di smentire".
Cosa ci si può aspettare dalle nuove indagini programmate dall'ONU?
"L'UNEP ha appena effuato una missione in Kossovo visitando 11 siti bombardati dalla NATO situati nelle zone controllate dal contingente italiano e da quello tedesco. I risultati saranno divulgati entro marzo, ma le informazioni già ora disponibili sono interessanti. Intanto il fatto che in 8 siti su 11 indagati sono stati rinvenuti frammenti di penetratori all'uranio impoverito e relativi bossoli. Il direttore dell'UNEP, Pekka Haavisto, per questo ha criticato l'atteggiamento della KFOR che in un anno e mezzo non ha trovato il tempo né di organizzare la raccolta dei proiettili né di recintare le aree. La missione ha inoltre evidenziato alcune anomalie come il fatto che in nessuno dei siti visitati sono stati rinvenuti residui dei blindati colpiti. In particolare non è stato individuato alcun residuo e nessuna contaminazione evidente nel sito della collina di Vranovac sulla quale sono stati impiegati 2300 proiettili al DU per attaccare una postazione di artiglieria, dei mezzi corazzati e, forse, un convoglio militare. La KFOR nei contatti avuti con l'UNEP ha attribuito l'assenza degli obiettivi colpiti all'esercito Serbo che li ha spostati nel corso della ritirata. La cosa appare evidentemente irrealistica. Più probabile l'ipotesi di una bonifica impropria fatta dalla popolazione kossovara raccogliendo rottami metallici per il riciclo sul mercato, oppure una bonifica vera e propria effettuata dai militari. In entrambi i casi si pone il problema di chi abbia effettuato le operazioni, in quali condizioni e con quali eventuali conseguenze. Le istituzioni internazionali o si dimostreranno in grado di muoversi autonomamente o si giocheranno gran parte della loro credibilità".
Sono già state proposte ricerche sull'argomento?
"C'è un rapporto appena uscito del Comitato Scienziati e Scienziate contro la guerra stilato da Cristaldi, Di Fazio, Pona, Tarozzi e Zucchetti che è stato discusso una settimana fa con i parlamentari Russo Spena, M. Cossutta, Cento e De Zulueta. C'è il testo "Contro le nuove guerre" edito dalla Odradek. Poi ci sono differenti indagini di tipo sanitario ed epidemiologico che potranno fornirci dati interessanti se saranno condotte in maniera efficace e tempestiva. Si è parlato di messa al bando del DU: una proposta importante anche se non bisogna dimenticare che le bombe che più di tutte le altre hanno prodotto disastri, quelle sulle industrie chimiche, hanno avuto un effetto micidiale per il loro obiettivo non per la loro tipologia. Forse non è solo il DU da mettere al bando. Le proposte intermedie come quella di moratoria temporanea di queste armi (avanzata dal nostro Governo) oppure quella di utilizzo del DU in caso di azione congiunta NATO solo con il preventivo consenso di tutti i partner dell'alleanza (mozione parlamentare presentata un anno fa dalla De Zulueta con la firma di 80 senatori di tutti gli schieramenti) possono avere una grande importanza a condizione che siano avanzate in buona fede e non come contentino per fare passare l'ondata di indignazione".
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