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Sigfrido Ranucci, autore di "Fallujah-la strage nascosta", ci spiega come sia possibile combattere contro la menzogna e/o l'omissione di una realtà "scomoda"

La verità unisce, la menzogna divide.

20 novembre 2005


Il nostro sito ha rimarcato la tentata disinformazione, perpetrata contro il Servizio Pubblico, delle più importanti reti televisive, nel riportare la terribile verità nascosta dagli USA sull’uso di armi chimiche in Iraq. Ancora oggi, nel palese e puerile intento di sconfessarla, si insiste nel volerci convincere che un’arma incendiaria, nella fattispecie il fosforo bianco, non appartiene alle armi chimiche. Del resto è notizia fresca che gli USA vietano all’ONU un sopralluogo a Guantanamo. Non è chi non veda in tutto questo l’embargo totale al diritto di conoscere la verità.
Riproponiamo ciò che già si è scritto sull’omessa e/o assente informazione, con particolare riferimento al primo giornalista embededd “pentito”della storia, intervistato da S. Ranucci: Darrin Mortenson del North County Times di San Diego. A seguito di questo pentimento siamo entrati nel merito del silenzio che ha coperto, o per lo meno ha cercato di farlo, la diramazione della notizia straordinaria.
[C’è stato un altro silenzio che ha indignato gli italiani. Riportiamo alcuni stralci dei messaggi inviati in rete “…c’erano già voci che circolavano, ma voi non ci avete detto nulla…-…ci informate ossessivamente di matrimoni e nascite di vip, di pettegolezzi amorosi scandalistici, affari di isole, di talpe, di share sui tormentoni, e ci nascondete i milioni di civili massacrati dalle guerre nel mondo e il modo col quale sono massacrati…” Gli autori di questi messaggi ci comunicano (a ragione) che l’informazione non c’è. Il presente testimonia la sua assenza.
Lasciamo da parte il turpiloquio. Una buona parte è stata indirizzata a Teodori, intervenuto a “Primo Piano”(secondo lui andato in onda per “bilanciare il servizio di Rainews improntato al più puro antiamericanismo”).Il 14 novembre su “Il giornale” Teodori ha dichiarato di avere ricevuto insulti e minacce. Il turpiloquio non è da ignorare, ma non è costruttivo, almeno non lo è in questo caso…. Un bell’articolo di Piero Sansonetti pubblicato su Articolo 21 dal titolo “Perché tanto silenzio?” chiude con “…perché [credo] se esplode [lo scandalo] in tutta la sua portata, comporta l'incriminazione dei massimi vertici dell'esercito americano, di ministri e probabilmente anche del Presidente. Il sistema arriva fino a riconoscere Abu Grahib (torture commesse da americani su prigionieri irakeni ndr) e la condanna di Lindie England (23 anni) e del suo fidanzato, ma non può concedersi l'ammissione che il Presidente americano ha ordinato crimini di guerra gravissimi e simili a quelli ordinati da Saddam. Non sopravviverebbe…”
Facile demagogia, leggendo il pezzo, chiamare in causa l’antiamericanismo, così si sposta l’attenzione dalla gravità del tema alla banalità di un’idea...]. A questo punto citavamo altri “sospetti” ormai diventati collezione d’indizi. Quando gli indizi sono più di uno sarà il caso di pensare che diventino almeno una prova?!
[Cosa chiameremmo in causa per “banalizzare” il dramma degli immigrati che attraccano a Lampedusa e che il nostro Governo trasferisce in Libia? Per il momento ci limitiamo a “sentirne parlare”. Il Parlamento non è stato mai informato del “come” “quando” e “perché” si è presa questa decisione. Numerose interpellanze inoltrate da alcuni Parlamentari, Camera e Senato, hanno posto la domanda, prime fra queste, quelle dell’On. Tana De Zulueta dei Verdi. Proprio a lei, particolarmente sensibile al problema, ci siamo rivolti per cercare di capire a che titolo s’imbarcano per la Libia gli “sconosciuti” di Lampedusa. La Libia poi, quali provvedimenti adotta nei confronti di questi? Le sue risposte sono sconcertanti. Ci ha risposto che molte interpellanze sono state inoltrate al Governo. Le uniche risposte sono state che ci sono accordi con il Governo libico. Nulla di scritto, ma le sovvenzioni che mandiamo al Governo libico per “ospitare” il popolo dei “non meglio identificati” la dicono lunga. Prosegue la De Zulueta dicendo di essere al corrente che la ACNUR (l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati) non ha mai potuto attuare il suo intervento così come tutte le altre organizzazioni umanitarie. La Libia non riconosce alcun accordo stabilito dalla convenzione di Ginevra. Nessuna ufficializzazione. Patti “segreti” immediatamente fagocitati dalla Libia “neutrale” che, proprio per questo, non deve rendere conto al resto dell’umanità. Infatti, alla domanda “Quali provvedimenti adotta la Libia nei confronti di questi migranti scaricati nella sua terra?” Tana De Zulueta risponde che non possiamo accertarlo con documenti e testimonianze visto il divieto di controllo, ma si hanno fondati motivi di ritenere che vengano trasportati come bestie da macello attraverso il deserto, visto il numero dei cadaveri trovati nel Sahara. Morti di stenti, soffocati e disidratati perché stipati in specie di carri bestiame durante il tragitto che li condurrebbe in Egitto. Infatti, il nostro Governo alle interpellanze della De Zulueta risponde che non è un problema che ci riguarda, perché di competenza libica. Quella Libia ospita due centri di “accoglienza” dall’Italia sovvenzionati. Uno a sud e uno a nord, vicino a Tripoli. Il trattamento che i disperati di Lampedusa ricevono, l’ha ampiamente descritto il giornalista Fabrizio Gatti. Si è “travestito” da migrante per poterci rivelare il criterio di “accoglienza” (ripreso da Report, in onda in tarda serata ). Ma, a quanto pare, questa storia non fa scandalo, non merita che le più grandi testate se ne occupino.
Ebbene, in presenza di questi molteplici “indizi”cosa sarebbe bene fare in onore del Servizio Pubblico? Esercitare il diritto/dovere di filmare, ottenere documenti e testimonianze concrete su ciò che avviene in Libia, ma prima ancora in Italia che strategicamente sembra aver adottato quella terra come “terra di nessuno”, al fine di purificare, senza colpo ferire, le nostre responsabilità.
Se la forza del sistema potenzialmente ci ricatta o ci compra, spacciandosi per verità, possiamo solo liberarcene fornendo e utilizzando l’informazione corretta. Questa volta la “cenerentola” della Rai ha finalmente riscattato il popolo che paga il canone. Il Servizio Pubblico si è rivelato eccezionale, come dovrebbe essere la TV di Stato, ma nella totalità delle sue reti.]

La sconvolgente strage di Fallujah, che, per quanto gli americani e chi li appoggia, hanno rifiutato di accettare, è da equiparare a crimine di guerra ove per crimine s’intenda la loro bugia sostenendo di aver usato agenti chimici esclusivamente per stanare il nemico e poi annientarlo con armi convenzionali, mentre la verità è che le sostanze chimiche sono state le armi dell’annientamento non solo del nemico, ma di quei civili innocenti nel nome dei quali abbiamo utilizzato il termine “missione di pace” millantando la pace come giustificazione di atti criminali. Ascoltiamo chi ha dato impulso al servizio e, inconsapevolmente, ha prodotto una specie di “miracolo” mediatico: a distanza di più di due settimane non solo il tutto non è stato ancora riposto nell’archivio delle emozioni, ma continua ad essere più vivo che mai. Ce lo racconta Sigfrido Ranucci

D. Il tuo è un giornalismo d’inchiesta. Da sempre Rainews24 denuncia temi severi, scomodi. Sospetti che gli USA avessero impiegato il fosforo bianco, come arma chimica di distruzione e non già come mero tracciante illuminante, erano già stati annunciati fin dal 2004 e pubblicati, tra gli altri, da “The Indipendet”. Perché hai deciso di approfondire questo argomento piuttosto di un altro?
R. Perché il conflitto iracheno rappresenta oggi il tema principale che più riguarda la natura dell’uomo. In qualche modo possiede tutte le sfaccettature del genere umano. Contiene e rappresenta i sentimenti dell’umanità, in positivo e in negativo. E’ il termometro che misura la capacità dell’uomo nell’approcciare la “diversità” del prossimo. Dimostra fino a che punto l’uomo è disposto a mettere in gioco la propria coscienza e fino a che punto può spingersi pur di fare valere i propri diritti e nel contempo evidenzia quali siano i diritti che i poteri istituzionali riterrebbero tali. A marzo di quest’anno Rainews mandò in onda un servizio che dimostrava come Nassirya sarà pur anche la terra da salvaguardare, chiamandola “missione antica Babilonia”, ma noi italiani siamo là per proteggere giacimenti petroliferi di rilevante importanza…

D. Qual è, secondo te, il modo migliore, più corretto per trasmettere il messaggio al Pubblico e meritare la sua attenzione?
R. La semplicità dei fatti. A domande, risposte. Cosa c’è di più semplice che raccontare la verità? Supportandola con filmati, documenti scritti, testimonianze. Non è l’inviato che deve suggerire le risposte. Il compito, il dovere, del giornalista è portare a conoscenza di chi è interessato, la quotidianità della storia. E’ l’uomo informato che ha poi il compito di metabolizzarla, è l’uomo informato che può usare la sua intelligenza, e assumersi la responsabilità di raccontarla ai suoi figli. Di norma la storia la scrivono i vincitori. Il messaggio che noi dobbiamo trasmettere deve per forza, dunque, essere limpido. Alzi la mano chi non vuole che sia la verità a vincere.
D. Tornando al tuo reportage, chi o cosa ha contribuito, per la prima volta nella storia della televisione, come dichiarato dal direttore di testata Morrione, a scatenare un interesse, a livello planetario, di questa portata?
R. Prendo in prestito le affermazioni del collega Torrealta, curatore del reportage, per rispondere. L’oscenità delle foto dei morti di Fallujah si è diffusa, per contagio da internet, utilizzando un veicolo diverso da quello della comunicazione televisiva analogica tradizionale. Le foto sono state poste sulle pagine web di rainews24 con la possibilità di essere scaricate, video compresi, scaricabili su altri computer, trasformandosi a loro volta in file a loro volta, ancora scaricabili e diffusibili .Si è innescato un modello di diffusione, più attinente alla teoria dei Memi di Richard Dawkins, (Il primo a parlare del concetto di "meme", abbreviazione di “mimeme” dalla radice greca che significa imitazione o unità di base della trasmissione culturale, tema del libro di cui è autore: “Il gene egoista” ndr) che alla tradizionale modalità comunicativa televisiva .La sinergia tra le due modalità di diffusione, quella di rete e quella televisiva, ha permesso di rafforzare le debolezze che le due modalità separatamente hanno. La rete non offre sufficiente autorevolezza per essere immediatamente ritenuta credibile. Questa funzione è stata svolta dalla certificazione di garanzia controllata, offerta dal media televisivo d’origine. Mentre la televisione è sottoposta ai limiti della unidirezionalità del suo messaggio, la rete al contrario, con i suoi meccanismi, permette un’estensione e una diffusione imprevista e imprevedibile dell’efficacia comunicativa televisiva. Inizialmente il fenomeno è lento, ma poi diventa esponenzialmente rapido e diffuso. Non deve dunque stupire la notizia che il centro di analisi di intelligence per lo studio di informazioni non riservate, creato da John Negroponte ex governatore militare dell’Iraq ed ora membro titolato dell’intelligence Usa, si sia immediatamente interessato al filmato della televisione italiana che ha creato tanto traffico in internet. Un’ altra caratteristica che ha permesso la diffusione è stata la sua gratuità. Un filmato scaricabile a pagamento ovviamente non avrebbe avuto la stessa diffusione e la stessa rapidità ed avrebbe comportato limiti di copyright che ne avrebbero limitato la visibilità. L’effetto shock di questo reportage sulla Pubblica Opinione Internazionale è stato cosi forte che ha provocato una prima reazione violenta: un fuoco di sbarramento basato sulle smentite e sulla denigrazione del lavoro giornalistico che lo ha prodotto. Paradossalmente sono state proprio le smentite iniziali del Pentagono a sollevare lo sdegno che, evidentemente, il Pubblico nazionale e internazionale ha votato come scandalose.
D. A proposito di voto, da 1 a 10 il direttore di testata che potere decisionale ha, quando l’inviato gli sottopone il pezzo?
R. dieci.

Questa è probabilmente quindi la risposta per avere fondati motivi di ritenere che le più autorevoli testate televisive italiane non diffondano al “grande pubblico” la verità.
Ringraziamo Ranucci augurandogli ogni bene e un buon proseguimento di lavoro. Ranucci: “...ringrazio voi per aver contribuito alla diffusione dei 3milioni di pagine trasmesse in web e a voi auguro buon proseguimento di lavoro…”
Il nostro editoriale, in parallelo con Rainews24, è stato ripreso da Google news, come prima notizia.

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