Chernobyl in mare: anche da noi e' possibile
L'incidente al sottomarino atomico russo "Kursk" ripropone al mondo intero l'incubo di una nuova Chernobyl. Sarebbe pero' irresponsabile non dire che questi rischi li corriamo anche nei nostri mari solcati dai sottomarini della NATO.
A Taranto - venti giorni prima che accadesse l'incidente del "Kursk" - il Prefetto ha ricevuto una seconda lettera di sollecito di PeaceLink in cui abbiamo chiesto, come è nostro diritto, di poter avere una copia del piano di emergenza nucleare. Alla data di oggi il Prefetto di Taranto non ha ancora risposto. Ricordiamo che, sulla base del decreto legislativo n.230 del 17.3.1995, e' diritto dei cittadini conoscere il piano di emergenza nucleare connesso al transito e alla sosta di sottomarini nucleari e che e' dovere delle prefetture renderlo pubblico senza che i cittadini siano obbligati a farne richiesta.
Forse i sottomarini NATO sono "piu' sicuri" ma e' falso affermare che "sono sicuri", dato che nessuna compagnia di assicurazioni stipula polizze per risarcire in caso di incidente atomico. Se le compagnie di assicurazione non assicurano ci sono delle ragioni. Infatti l'incidente accaduto in questi giorni al sottomarino russo sarebbe potuto accadere - ad esempio - a Taranto o a Napoli nel 1968 a causa del sottomarino nucleare americano Scorpion ed e' un puro caso che cio' non sia avvenuto.
L'incidente dello Scorpion e' molto simile per dinamica e per gravita' a quello che ci tiene oggi con il fiato sospeso. Riassumiamo in breve quanto accadde allora. Il 15 aprile 1968 il sottomarino nucleare statunitense USS Scorpion (SSN-589) venne coinvolto in una bufera nel porto di Napoli; la poppa dello Scorpion (dove e' collocato il propulsore nucleare) entro' in collisione con una chiatta posta a separarlo da un'altra unita' navale; la chiatta colo' a picco. Alcuni giorni dopo lo Scorpion esplose nell'Atlantico e cola a picco con il propulsore nucleare e due bombe atomiche a bordo. Il caso volle che l'affondamento dello Scorpion non si verificasse ne' a Napoli ne' a Taranto (dove era passato il 10 aprile) ma al largo delle Azzorre, il 27 maggio 1968. Ventuno sono le ipotesi dell'incidente che rimane ancora oggi misterioso (e in cio' troviamo un'inquietante similitudine con la sciagura attuale del sottomarino russo); alcune analisi evidenziarono la grave carenza nella manutenzione, ben al di sotto di quanto il programma di sicurezza nucleare richiedeva. Poiche' pochi giorni prima lo Scorpion era stato a Taranto, e' legittimo chiedersi cosa preveda oggi - per una simile eventualita' - il piano di emergenza della Prefettura e se l'Arsenale Militare verrebbe coinvolto (assieme ai lavoratori dello stabilimento) nella riparazione di emergenza di unita' navali soggette a incidenti nucleari nelle vicinanze. Quante radiazioni dovremmo assorbire e quanti morti e contaminati gravi sarebbero previsti? Per quanti millenni le nostre coste rimarrebbero contaminate? Che ne sarebbe di Taranto? Le stesse domande e' legittimo porle a tutte le prefetture dove ci sono porti militari interessati al transito nucleare.
Rilanciamo ai prefetti la domanda e attendiamo le risposte, ammesso che conoscano la risposta e che abbiano veramente a cuore la sorte delle nostre citta'.
Ci teniamo a specificare che questi problemi non sono ne' di destra ne' di sinistra ma di tutti. E due dati dovrebbero farci riflettere, appunto, tutti:
- l'uranio contenuto nel reattore nucleare di un sottomarino dimezza la propria radioattivita' in 4,5 miliardi di anni;
- la data di nascita della Terra risale a 4,6 miliardi di anni fa.
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