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Armi libere, farmaci controllati
30 giugno 2006
ma.ga.
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Due notizie solo apparentemente differenti. La prima si legge sul settimanale «Carta» - ma anche sul sito http://www.banchearmate.org - tratta degli introiti che le banche hanno dalla vendita delle armi di alcune importanti società. La seconda, invece, è relativa alla mancata possibilità che alcuni paesi hanno di commercializzare alcuni farmaci poichè ancora soggetti ai diritti di brevetto da parte delle compagnie. Mentre i governi delle medesime società stanno contrattando i negoziati di Doha - nell'ambito del Wto (l'oganizazione mondiale per il commercio) - la liberalizzazione di alcuni settori (ad esempio i Trips) in cambio praticamente del nulla. Ovvero, i Paesi in via di sviluppo (Pvs) devono aprire settori della sanità, del credito (banche, assicurazioni) ai «prodotti» stranieri e, contemporaneamente, si vuole mantenere la titolaritò su alcuni farmaci. Il più recente dato statistico rivela che lo scorso anno gli istituti di credito italiano hanno accreditato presso di loro 1.125 milioni di euro provenienti dalla vendita di armi. Anche sulle filiali straniere (poco affidabili?) delle medisime che, a volte, hanno una scarsa controllabilità. Le società italiane appartengono per la maggior parte al gruppo della Finmeccanica (complessivamente dieci aziende) controllata per un terzo dallo stato italiano. I gruppi maggiormente coinvolti sono: il gruppo Capitalia e il Sanpaolo; rispettivamente per circa 168 milioni di euro e circa 164milioni di euro. Dal lato della farmacaceutica, il dato «brutale» è che, per «imperizia», ogni anno continuano amorire circa 8.500 persone. Alcuni mesi fa, il Sudafrica ha dovuto portare davanti alla corte del tribunale le compagnie che non volevano vendere al governo un cocktail di farmaci anti-Aids. Sul mercato statunitense costavano 10.000 dollari annuo a terapia. Prodotto da una ditta indiana la stessa triade di molecole costava appena 500 dollari sempre per una terapia annua.

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