Italia e Nigeria, armi contro debiti
Ami italiane all'Africa. Alenia Aermacchi, società di Finmeccanica nei giorni scorsi ha firmato - si legge in una nota del gruppo citato - un contratto con la Nigeria per la manutenzione e l'aggiornamento avionico di 12 aerei MB 339 forniti al Paese africano negli anni '80. Il contratto ammonta a 84 milioni di dollari (circa 100 milioni di euro) ed è relativo alla rimessa in efficienza dei velivoli e l'aggiornamento avionico, oltre alla fornitura delle parti di ricambio e di servizi di assistenza tecnica ed addestramento dei piloti e dei tecnici. Questa commessa segue quella dell'anno scorso del valore di 60 milioni di euro ottenuto dalla medesima azienda per la fornitura di servizi aeronautici, connessi alla messa in efficienza di aerei da trasporto G 222.
Il contratto suscita molti dubbi. La politica dell'Italia verso la Nigeria appare anomala. Roma ha cancellato, a fine 2005, parte del debito estero nigeriano, per quasi 900 milioni di euro ed ora vende armi, come in passato, ad un Paese fra i più poveri ed indebitati del mondo. Per il senatore Francesco Martone (Rifondazione), «cancellare il debito con una mano e vendere collaborazione del settore degli armamenti con l'altra è politica incoerente»
Oltretutto nel paese africano, l'ottavo produttore petrolifero mondiale, operano dei gruppi guerriglieri che hanno colpito anche installazioni Eni, l'ultima volta pochi giorni fa. Non solo, questi focolai di guerra sono il motivo della riduzione della produzione petrolifera e il conseguente rialzo del prezzo del petrolio, e anche nei giorni scorsi sono stati uccisi dei militari. Il caso nigeriano è simbolico di come enormi ricchezze non migliorino condizioni di vita inaccettabili. Dall'indipendenza la Nigeria ha ricavato dall'oro nero 300 miliardi di dollari, però la maggior parte della popolazione «vive» con meno di un dollaro al giorno. E' evidente, del resto, che le risorse risparmiate con la remissione del debito non possono essere destinate alle spese militari. In un contesto del genere, in una Nigeria che - come ha denunciato Amnesty International - non brilla per il rispetto dei diritti umani, la fornitura di armamenti non aiuta a risolvere i gravi problemi del paese.
Per il governo italiano si tratta di attuare il programma elettorale dell'Unione, che in materia di commercio di armi recita: «L'Unione si impegna a che vi siano trasparenza e un più cogente rispetto delle disposizioni che impediscono il commercio delle armi in paesi che violano i diritti umani o che siano collocati in aree di conflitto». Nella commessa nigeriana non sembrano rispettati i criteri previsti dalla legge 185/1990 per le esportazioni di armi, e il governo potrebbe dare un segnale di forte discontinuità con il passato sospendendo il contratto firmato ultimamente dall'Alenia. Proprio mentre tutti i riflettori sono stati a lungo puntati sul voto parlamentare per il rifinanziamento delle missioni militari italiane all'estero, porre al centro del dibattito politico la lotta alla proliferazione degli armamenti sarebbe un deciso passo avanti nel cammino verso la pace.
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