Accordi Soru - Parisi sui gravami militari inflitti alla Sardegna: molto fumo e poco arrosto
Dopo due anni di elusione della trattativa da parte del governo Berlusconi, arriva il “governo amico” e l’agognato accordo tra il presidente della Regione e ministro alla Difesa è presto raggiunto: antiche conquiste spacciate come nuove di zecca, obblighi di legge mascherati da benevole concessioni, o peggio, subordinati alla “possibilità”, uso inquietante del doppio senso dell’espressione “servitù militari”, silenzi agghiaccianti sulla bonifica dei siti usati da mezzo secolo come discarica abusiva e incontrollata del ciarpame bellico. La base d’intesa raggiunta tra il presidente Soru e il ministro Parisi nel silenzio tombale del Consiglio regionale non lasciano intravedere molte prospettive di liberazione dall’oppressione militare per via meramente istituzionale.
Parisi riconosce e al contempo limita arbitrariamente le leggi dello Stato che impongono alla Difesa il DOVERE di:
- Armonizzare le esigenze militari con le esigenze civili (legge 898/76; l.104/90)
- Restituire i beni inadeguati e inutilizzati per gli scopi istituzionali alla Sardegna, proprietaria legittima in forza di legge costituzionale. Nella lettera inviata a Soru il Ministro pare arrogarsi il potere abusivo d’ingerenza sull’uso del bene da parte del proprietario legittimo subordinando la restituzione dell’Arsenale di La Maddalena a “un pieno esame delle potenzialità civili”, cioè al controllo e all’approvazione da parte della Difesa dei progetti di riconversione (lo scontro tra cordate di businnessmans sostenute da ex governo Berlusconi e Regione parrebbe confermare)
- Equilibrare equamente il demanio e le servitù militari tra le Regioni attivando gli iter previsti (l.898/76, l.104/90) per allineare alla media italiana il peso iniquo e abnorme del demanio militare concentrato in Sardegna. Finora alcuni ministri alla Difesa, come il precedente ministro Martino, hanno posto un’arrogante rifiuto, altri hanno fatto lo gnorri, altri ancora hanno nascosto inadempienze e abusi con solenni dichiarazioni di fedeltà alla legge, prese d’atto dell’ insostenibile penalizzazione della Sardegna, promesse, convegni, conferenze.
Preoccupa l’uso costante e monocorde da parte di un ministro alla Difesa della parola “servitù”.
Il doppio senso dell’espressione “servitù” è stato usato furbescamente per troppo tempo per eludere lo smantellamento dell’enorme surplus del demanio adibito a poligono e raggirare il popolo sardo. In linguaggio formale e specifico, vincolante in ambito ufficiale, l’ espressione “servitù militari” non è mai usata come sinonimo di sudditanza e gravami generici, ha un solo significato: “limitazione/peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”, il demanio militare. In Sardegna sono un aspetto secondario della penalizzazione militare, consistono in limitazioni imposte ai proprietari di terreni (divieto di alcuni tipi di coltivazione, uso del sottosuolo ecc) motivate dall’ esigenza di proteggere installazioni e attività del demanio militare e, teoricamente, anche la popolazione; si configurano prevalentemente come fasce di sicurezza, aree di rispetto, interessano circa 12.000 ettari. Se si considera l’estensione e il tipo di utilizzo del demanio militare, paradossalmente, sono troppo poche, insufficienti ad assicurare un minimo di tutela alla popolazione (come dimostrano i missili che cadono fuori poligono, bombe e proiettivi che crivellano barche e sfiorano bagnanti e ombrelloni).
Il DEMANIO MILITARE adibito a POLIGONI PERMANENTI è il reale problema della Sardegna. “Stranamente” le due parole, demanio e poligono, non sono mai usate da Parisi e dai vari big di tutti gli schieramenti politici che in campagna elettorale si sono spesi in promesse. In Italia ammonta a circa 40.000 ettari; il 60%, 24.000 ettari, è concentrato in Sardegna. Il 95% di questi 24.000 ettari (21.316 ettari) è occupato da tre poligoni permanenti terrestri, aerei e navali: Poligono Interforze Salto di Quirra (PISQ) h.12.700; Capo Teulada, h 7.200; Capo Frasca h 1.416.
I Poligoni Permanenti sono le aree del demanio dove si svolgono le attività più devastanti, a più alto rischio e maggiore impatto ambientale, le esercitazioni a fuoco dove“viene impiegato munizionamento da guerra. Si prolungano in mare e in cielo nelle “Zone interdette o dichiarate pericolose alla navigazione aerea e marittima”, adibite a esercitazioni e combattimenti aerei e navali. Una sola delle quattro zone cielo/mare collegate al PISQ si estende per 2.840.000 ettari, una superficie che supera quella dell’intera Sardegna. Il mare annesso al poligono di Capo Teulada si estende “solo” per 750 kmq. “L’allineamento in percentuale alla media delle Regioni”, base dell’ intesa Soru-Parisi, significa liberare la Sardegna dei 21.316 ettari di surplus occupati dai tre poligoni, smantellare Capo Teulada, Capo Frasca, Salto di Quirra
Parisi non lascia margini a illusioni o dubbi interpretativi. Nella lettera indirizzata a Soru, affinché chi ha da intendere intenda, mette in chiaro l’esigenza basilare del suo dicastero: “La disponibilità di assetti di vitale importanza per l’addestramento avanzato del personale militare per i compiti istituzionali”. L’addestramento avanzato può svolgersi solo nei poligoni permanenti. Il ministro, “opportunamente”, evita di nominarli e li classifica “di vitale importanza”, dunque imprescindibili e intangibili. Denudato dalle furberie lessicali il messaggio è di un’arroganza estrema: i poligoni, il 95% del gravame militare inflitto alla Sardegna, non è oggetto di trattativa, la legge che impone l’equilibrio continuerà ad essere violata.
LA MADDALENA, i silenzi
Inquieta il sinistro silenzio sui temi attinenti la verifica e il ripristino ambientale. Eppure la recente indagine epidemiologica dimostra con le cifre drammatiche di morti e malati (+176% di tumori) che la contaminazione ambientale è reale e grave.
Il Ministro alla Difesa ha avviato o intende avviare la negoziazione con gli Stati Uniti, non solo “sulle tempistiche di rilascio della base”, ma anche su risorse finanziarie e procedure necessarie alla bonifica dell’arcipelago? Il Governo, viceversa, intende lasciare inalterato lo stato di contaminazione o intende scaricarne i costi sulla Sardegna? Che dice il presidente Soru?
Silenzio sul rilascio della base di Santo Stefano da parte della Marina italiana. Il governo Berlusconi programmava di cederla agli Usa valutandola, evidentemente, come “area che non ha più interesse per la Difesa”. Vari segnali indicano, invece, che il nuovo ministero della Difesa non abbia intenzione di sloggiare.
POLIGONO DI CAPO TEULADA
Il ministro Parisi si dichiara “disponibile, partendo dagli studi esistenti, ad approfondire la possibilità di bonifica delle aree marine prospicienti Capo Teulada”
Le norme vigenti impongono la bonifica obbligatoria, non facoltativa, dopo ogni esercitazione. Parlare di “possibilità di bonifica” è una sconcertante dichiarazione della “possibilità” di persistere nell’ illegalità e nell’abuso, rappresenta un intollerabile rigetto degli impegni assunti dal dicastero alla Difesa nel 2004 grazie alla lotta vincente dei pescatori. Il segnale della volontà politica di continuare ad eludere le norme è rafforzato dal silenzio sulle aree a terra, in particolare la cosiddetta “zona D (Danger) ”, altro sito pattumiera, interdetto persino ai militari a causa dell’accumulo incessante di ordigni da guerra.
“Gli studi esistenti” da cui intendono partire Governatore e Ministro consistono nella “perizia di parte”, commissionata dal precedente ministro Martino al CNR, che valuta il degrado e l’accumulo di ordigni inesplosi prossimo alla soglia del non ritorno. Andando incontro ai desiderata ministeriali, considerati tempi e costi altissimi di bonifica, il CNR consiglia di non intervenire. Il Presidente Soru ha espresso con determinazione la volontà di smantellamento del poligono, ci aspettiamo che con pari determinazione dica che non è in discussione la “possibilità di bonifica”, la trattativa verte su tempi e risorse adeguate che il ministro deve reperire subito.
POLIGONO SALTO DI QUIRRA
L’accordo consiste in “aprire ulteriori verifiche sullo stato ambientale di Quirra e delle zone limitrofe”.
Lo scopo dell’ennesima indagine è illustrato da Parisi con ripugnante chiarezza: “Incrementare la fiducia reciproca, la serenità e la collaborazione tra gli operatori del poligono e la popolazione locale”. L’obiettivo, quindi, non è la ricerca delle cause della “sindrome di Quirra-Escalaplano” mirata a individuare e isolare gli agenti patogeni. Lo scopo è instaurare “la fiducia, la serenità”, tranquillizzare, narcotizzare le inquietudini profonde dei militari, della stragrande maggioranza popolo sardo e, soprattutto, delle popolazioni condannate a convivere con il poligono della morte.
La società civile, ha da tempo indicato le sue priorità e le sue “esigenze di vitale importanza”, fondate sul ripristino della legalità impunemente violata per mezzo secolo:
- allontanamento immediato dei mostri atomici Usa da La Maddalena e da tutta la Sardegna
- allineamento in percentuale” matematica del demanio militare ai “livelli italiani”. Questo significa liberare la Sardegna dai tre poligoni permanenti e dalla schiavitù militare imposta nelle immense aree di mare e di cielo, liberare la Sardegna dalle tre strutture che più pesantemente la inchiodano all’insostenibile duplice ruolo di vittima e complice delle politiche di guerra;
- restituzione della terra e del mare nello stesso stato in cui erano quando ci sono stati sottratti: puliti e incontaminati. A Quirra, a La Maddalena, a Teulada, il disastro sanitario e la contaminazione ambientale hanno la “forza dell’evidenza”, l’evidenza di lapidi e croci nei cimiteri.
Le priorità d’intervento sono chiare, si fondano sul buon senso e sono sancite dalle norme internazionali. Prima si bloccano tutte le attività di guerra, dopo si cercano con serietà e attenzione la cause specifiche dell’abnorme tasso di patologie. Sapere se si muore di uranio, plutonio o diossina è di grande rilevanza ai fini della decontaminazione e della prevenzione, ma non serve per fermare la strage in atto. L’acquisizione necessaria di informazioni non può essere usata come alibi per “giustificare” l’assenza d’intervento politico, o peggio, per manipolare la popolazione.
Si auspica ardentemente che il Gruppo di Lavoro Difesa-Regione, messianicamente atteso da anni, smentisca al più presto, con i fatti, la previsione che al molto fumo corrisponde poco arrosto e perdipiù indigeribile.
Comitato sardo Gettiamo le Basi
caomar@tiscali.it
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