«Uranio impoverito, quando il nucleare colpisce in maniera subdola»
Ogni anno, nell’anniversario del bombardamento su Hiroshima e Nagasaki, l’Organizzazione mondiale sulla sicurezza nucleare organizza in Giappone degli incontri per non dimenticare e per cercare di capire se esiste un nuovo rischio nucleare mondiale. Inizia oggi un convegno internazionale organizzato dall'International Coalition to Ban Uranium Weapons. Ce ne parla Domenico Leggiero, portavoce dell'Osservatorio Militare. «La distruzione che vi è stata allora, in tempi brevi e in maniera così eclatante, può avvenire in maniera più subdola se vengono utilizzati altri sistemi e altre forme. Una di queste è l'uranio impoverito».
Di cosa parlerà la delegazione italiana presente al convegno?
Andremo a presentare i dati che abbiamo acquisito nel tempo, relativi sia ai civili sia ai militari esposti all'uranio impoverito nei Balcani e in Iraq. Sono previsti interventi di sopravvissuti, scienziati, giornalisti che si sono occupati del caso.
I dati sui civili sono gli stessi menizonati nella relazione della Commissione parlamentare della Bosnia Erzegovina di un anno fa?
Abbiamo acquisito dei dati che solo in parte si menzionano in quella relazione. Da un incontro con i responsabli dei reparti di oncologia di Sarajevo e di Belgrado è emerso che sono sottoposti a pressioni per non parlare delle difficoltà. Questi paesi vengono fuori da un conflitto, hanno necessità di risollevarsi e di reinserirsi nel circuito economico europeo. Uno dei fondamentali fattori di ripresa è il turismo e se passasse il messaggio «Balcani uguale contaminazione» sarebbe un colpo duro. Per questo abbiamo preferito recarci sul posto per una verifica sul campo. Le cifre sono decisamente preoccupanti.
Non essendo stati riavviati i registri tumori, come si fa correlare questi dati di incidenza tumorale con l'esposizione all'uranio impoverito rimasto sul territorio dopo i bombardamenti NATO?
I dati che abbiamo raccolto dal basso sono ben più preoccupanti di quelli presentati pubblicamente in quella relazione. Ma l'aspetto più pericoloso è l'atteggiamento della comunità internazionale che ha lasciato questi territori completamente soli. Anche a livello di Commissione Europea non si è mosso nulla. In Italia poi, da quando stiamo affrontando il caso uranio è la seconda volta che cambia governo, ma dell’esistenza del problema si apprende solo dai giornali. E’ Sconfortante.
Eppure il sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri ha già dichiarato che c'è la forte volontà di istituire a breve un'altra commissione di indagine.
Se Forcieri fa queste dichiarazioni non ho motivo di dubitare, ma da parte dell’attuale Ministro non c’è mai stata una parola di attenzione e comprensione per i parenti dei militari. Ricordo che abbiamo nella finanziaria degli stanziamenti per circa 10 milioni di Euro dedicati alla «prima necessità» del caso uranio. Per rendere operativi questi soldi ci voleva un decreto attuativo che per legge doveva essere fatto entro il 22 marzo 2006, ma ad oggi non si hanno notizie. C'è un Comitato, dislocato presso il Ministero degli Interni che non ha prodotto uno straccio di decreto. Contemporaneamente ci sono famiglie di militari che versano in situazioni critiche.
Pochi giorni fa Romano Prodi ha stanziato 300.000 Euro per il Comitato scientifico del progetto che studia l'impatto genotossico nelle unità militari. Ma il responsabile Sergio Amadori ha dichiarato in commissione d’inchiesta che non può far nulla perché non ha dati da sottoporre a studio.
La stampa italiana non riporta notizia del caso e nemmeno del convegno internazionale.
Il dramma è che non c’è più notizia sui morti per uranio impoverito.
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