Maddalena, chiude la base ma il lavoro deve restare
A quattro mesi dalla nascita del governo Prodi, sembra entrare nel vivo la discussione sulla dismissione della base militare statunitense della Maddalena, prevista entro la primavera del 2008, come ha annunciato lo stesso segretario alla Difesa Usa Donald Rumsfeld. Sull’isola si terrà infatti venerdì prossimo un primo incontro tra il sottosegretario al lavoro Rosa Rinaldi, esponente del Prc, e i rappresentanti degli enti locali sulle ricadute occupazionali dello smantellamento della base. «Subito dopo - spiega Rinaldi - attiverà un tavolo istituzionale, con tutti i ministeri interessati per prevenire possibili instabilità economiche e occupazionali e prospettare progetti di riconversione industriale del tessuto produttivo locale e di tutto l’indotto».
Della base della Maddalena e più in generale delle servitù militari presenti in Sardegna si è discusso anche a LiberaFesta2006, nell’ambito di un dibattito sul governo del territorio in vista della fnanziaria. «Se ragioniamo di politiche di pace, di interposizione in Libano e pace in Iraq, dobbiamo partire dalla smilitarizzazione dell’Italia, tenendo presente che la Sardegna ospita il 66% delle servitù militari italiane», sottolinea Michele Piras, segretario della Federazione del Prc di Nuoro. La base Usa di Santo Stefano, nell’arcipelago della Maddalena, è solo una parte dei 24mila ettari di demanio militare in Sardegna, cui vanno aggiunti 12 mila ettari di servitù militari e 2 milioni e 800mila ettari (estensione che supera la stessa superficie dell’isola) di zone di «sgombero a mare», aree a disposizione delle basi militari.
Da retroguardia della guerra fredda contro il rischio di eventuali invasioni sovietiche, dopo la caduta del muro di Berlino la Sardegna è diventata avanguardia della guerra globale permanente, ospitando per esempio i sommergibili Usa in partenza per l’Iraq, ricostruisce Piras. Fu lo stesso Dipartimento della Difesa Usa, nel suo rapporto al Congresso nel 1998, a definire la Sardegna «insostituibile meccanismo per l’esercizio della leadership Usa e per la proiezione della potenza e dell’influenza americana attraverso l’Atlantico e oltre». Non secondari i rischi per l’ambiente.
E’ di pochi giorni fa la notizia diffusa dal sito amnistia. net della «incuria» degli americani della base della Maddalena nel trattamento delle acque radioattive risultanti dalla pulizia dei reattori: finirebbero direttamente in mare, riferisce il sottoufficiale italiano di stanza nella base intervistato dal portale internet. «Ero di stanza nella base italiana di Santo Stefano - racconta l'anonimo sottufficiale
- che si trova nel perimetro vicino all'approdo dei sottomarini statunitensi e della nave d'appoggio logistico Emory Land. Certe mattine, molto presto, la Emory Land, assieme a un sottomarino nucleare, lasciava l'isola. Non si allontanavano molto. La sera erano già di ritorno. Tutti erano al corrente. Gli americani svuotavano l'acqua del reattore ma, contrariamente a quanto vi hanno raccontato, l'acqua radioattiva non è stata né stoccata da qualche parte, né riportata negli Stati Uniti: era molto tranquillamente riversata in mare». La Emory Land dovrebbe essere uno dei primi mezzi ad abbandonare la base prima della dismissione definitiva: il primo ottobre 2008, dice il ministro della Difesa Parisi riferendo di una lettera di Rumsfeld.
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