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Vademecum per conoscere la nuova base a terra della U.S. Navy di S. Stefano La Maddalena (Sardegna)

16 ottobre 2003
Agostino Bifulco e Salvatore Sanna

Un VADEMECUM per chi vuole sapere e capire, per chi può e vuole agire nelle sedi istituzionali, in quelle politiche e/o di movimento.

Si propongono in corsivo i dati documentali ed in stampatello un commento-guida, seguendo il testo del Progetto presentato dalla U.S. NAVY al Comitato Misto Paritetico per le Servitù Militari (CO.MI.PA) della Sardegna in occasione della riunione del giorno 08 luglio 2003, e quindi delle considerazioni finali.

IL PROGETTO

IL TITOLO
"Progetto Commissione Mista 080-02/0625, MCON P-995, Migliorie Infrastrutturali, Santo Stefano, Attività di Supporto Navale (NSA) La Maddalena".
La precedente versione del Progetto aveva nella parte finale del titolo la dicitura Base di Supporto Navale e non quella di Attività.
I materiali di supporto al Progetto USA, predisposti dall’Ufficio Infrastrutture e Demanio di MARISARDEGNA, chiamano invece lo stesso Progetto "Area di Supporto Logistico S. Stefano".
La Commissione Mista, indicata quale titolare del Progetto, è un organismo predisposto per sovrintendere alla programmazione delle costruzioni che le Forze Armate statunitensi prevedono nelle loro molte presenze in Italia. Gli uffici hanno sede a Napoli. Il verbale della riunione del Comitato Misto Paritetico per le Servitù Militare (CO.MI.PA.) della Sardegna del giorno 08 luglio 2003 chiarisce, per bocca del T.C. Gennaro Noviello, membro della Sezione italiana della Commissione Mista, che il Progetto in esame deve intendersi quale proposta della sola Sezione statunitense della Commissione Mista.
Le migliorie infrastrutturali saranno meglio precisate nel corso dell’esame del Progetto. Per ora appare utile affermare che non si tratta di ciò, ma di edificazione ex novo di un complesso edilizio per 52.000 mc, con manufatti in cemento armato. Di fatto, si tratta di una vera e propria NUOVA BASE MILITARE STATUNITENSE, in aggiunta alla vecchia concessione del PUNTO D’APPRODO PER NAVE APPOGGIO PER SOMMERGIBILI D’ATTACCO (NESSUNO BASATO A TERRA) EQUIPAGGIO DELLA NAVE 922, nella banchina del molo NATO a levante di S. Stefano.

  1. SCOPO DEI LAVORI
    Più adeguate condizioni abitative e lavorative del personale di stanza e di passaggio. Superamento dell’obsolescenza e deterioramento delle strutture, mantenendo invariate le funzioni e l’attività. Miglioramento dell’aspetto esteriore dell’esistente con infrastrutture
    "costruite in armonia con i canoni estetici indicati dalle leggi urbanistiche della Regione Sardegna".
    In teoria, il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e dei luoghi di lavoro appare condivisibile, sempre e comunque. In questo caso, pragmaticamente si potrebbe aderire alla proposta almeno salvaguardando il principio della reciprocità. Migliorare le condizioni di vita anche dei cittadini maddalenini e sardi esposti, eliminando il rischio nucleare e delle scorie derivate, con cui sono costretti a convivere, e, al minimo, dotare il territorio di un Piano di emergenza e di evacuazione adeguato alla qualità e quantità del rischio. Un piano vero, verificato e soprattutto conosciuto nelle modalità, nelle procedure, nelle attrezzature e nei mezzi previsti. Sperimentato con esercitazioni di mobilitazione e di evacuazione, da eseguirsi come prove di efficienza e di efficacia. Un tale "Piano di sviluppo", per utilizzare l’espressione con cui il Progetto USA si autodefinisce, anche per il benessere dei cittadini del territorio ospitante favorirebbe un’adesione più convinta.
    L’armonia dei nuovi manufatti ai canoni estetici della legislazione urbanistica regionale, appare invece una provocazione da respingere con determinazione. Innanzi tutto perché un complesso edilizio di 52.000 metri cubi lo si analizza non in riferimento ad inesistenti canoni estetici del corpo di norme urbanistiche, ma alle disposizioni positive che in esso vengono dettate per determinare le condizioni di estensione, di volumetrie, di distanze, di altezze e di quant’altro. Per ciò che, comunque, attiene al dato estetico della proposta, le due immagini di rendering del progetto presentate a colori al CO.MI.PA. testimoniano la previsione di collocare in riva al mare edifici-scatoloni, in perfetto stile parallelepipedo/squadrato, che nessun canone estetico proporrebbe come accettabile in nessun contesto, tanto meno in un tratto delle coste più belle del mondo. Intanto si denuncia il tentativo truffaldino di affermare un’inesistente "armonia estetica" per sottrarsi all’armonia urbanistica di cui si dirà in seguito.
  2. ESIGENZE CHE SI INTENDONO SODDISFARE
    Ristrutturare/riorganizzare le strutture di supporto navale, procedendo alla demolizione dell’esistente ed alla costruzione delle nuove. Con ciò si ottimizzerà l’utilizzo delle infrastrutture, si miglioreranno le relazioni funzionali, si separeranno le strutture operative e quelle di supporto del personale. Tutte le costruzioni saranno adeguate agli attuali criteri anti-terrorismo.
    Siamo al cuore del problema "urbanistico". Le strutture da demolire non sono manufatti eretti secondo la normativa urbanistica vigente nel momento della loro installazione, ma strutture mobili prefabbricate, installate abusivamente, senza neppure il parere del CO.MI.PA (eccetto, a suo tempo, quello positivo per l’adeguamento di un market e quello negativo su dei generatori).
    La normativa urbanistica non riconosce a tale situazione la condizione di volumetria preesistente, che il Progetto pretende invece di calcolare per definire un incremento limitato del 25% della situazione attuale, che dal punto di vista urbanistico è comunque intollerabile. Nel caso in esame non si può assolutamente parlare di ristrutturazione, giacché siamo in presenza di un Progetto di costruzione ex novo di un complesso edilizio. Ad esempio, si può indicare la palazzina di servizi portuali da costruire per 15.556 mc, a fronte dell’esistente di 11.644 mc calcolato per la bettolina ed il prefabbricato in cui attualmente vengono svolte le stesse funzioni. A tal proposito il Progetto denuncia un incremento di volumetria pari solo al 33%, mentre una qualsiasi commissione edilizia ne avrebbe constatato il 100%, non conteggiando i volumi della bettolina e del prefabbricato come preesistenti. Lo stesso progetto, nel presentare le condizioni degradate in cui si svolgono alcune funzioni, afferma che esse sono ubicate in contenitori metallici (tipo containers da spedizione marittima) chiamati "Scatole con ex".
    L’unico fabbricato regolare, a rigore computabile come volumetria preesistente, è quello in muratura della ex caserma della Marina Militare italiana, che però non è mai stato sinora compreso nella disponibilità della U.S. NAVY.
    E’ un brutto ed immenso complesso edilizio quello che si vuole costruire nei pochi ettari disponibili di area demaniale del Deposito munizioni navali della Marina Italiana, che con la scusa del militare (vedremo in seguito che si tratta di una scusa non legittima e molto pasticciata) si vuole sottrarre alle normali valutazioni urbanistiche perché irricevibile.
  3. DESCRIZIONE DELLE OPERE
    Vengono descritte partitamene le singole opere da costruire, con un’illustrazione sommaria delle funzioni e per ciascuna opera una tabella a tre colonne per indicare l’esistente, il futuro e la variazione rispetto la volumetria, la superficie delle aree di stoccaggio esterno, la funzionalità ed il rischio sicurezza per il personale. Un’altra tabella a due colonne presenta le attività/funzioni previste in ciascuna opera per il futuro e nella condizione esistente. A parte i dati relativi al rapporto volumetrie preesistenti e quelle future di cui s’è gia detto, tutti gli altri elementi delle tabelle rappresentano una condizione attuale di degrado funzionale e strutturale e ne prevedono una futura adeguata. La voce rischio è sempre bassa per l’attualità e sempre altra nelle previsioni per il futuro. Un ricco corredo fotografico suffraga l’evidente stato di degrado di quel complesso operativo che contraddice l’immagine di qualità che si accredita alle strutture statunitensi, specie quelle ad uso militare.

    L’onestà intellettuale pretende di dare testimonianza diretta, da parte di chi ha visitato più volte quel sito, a conferma di una realtà che le immagini rappresentano con crudo realismo. E’ stato ricordato il parere favorevole a suo tempo espresso all’unanimità dal CO.MI.PA per la sostituzione del capannone adibito a market, una volta verificato l’insostenibilità della situazione, con un altro nuovo prefabbricato. In quell’occasione non si pose il problema di sostituire una infrastruttura mobile con un edificio in muratura, che altrimenti non sarebbe stato accettato.
    Scontata una certa benevolenza al Centro Benessere, con i suoi spazi attrezzati interni ed esterni, ed alla mensa con area ricreativa rimane la riserva generale della trasformazione delle strutture mobili in cemento armato con un raddoppio dei volumi.
    Forti obiezioni si possono, invece, avanzare alle altre opere, ad iniziare, in ordine, dal Magazzino di stoccaggio per materiali speciali e/o soggetti a discarica controllata.
    La descrizione di quest’opera è significativamente reticente proprio a proposito dei materiali speciali. Il verbale del CO.MI.PA, già citato, a pag. 15 registra una domanda specifica su questo argomento, con un inquietante riferimento al riconoscimento in una foto del simbolo del nucleare. La risposta del rappresentante dello Stato Maggiore e dell’Ammiraglio Comandante di MARISARDEGNA appare incredibile. Per quest’ultimo, materiali speciali sono da intendersi, genericamente, batterie, vernici, olii usati ecc. Per il primo invece anche le macchine da scrivere ed i computers. Entrambi hanno dimenticato di indicare anche il più noto e pericoloso dei materiali speciali ed a discarica controllata: le scorie nucleari, se non altro per negare che in quella base se ne tratti o se ne vuole trattare. La caserma cambia radicalmente funzione, passando da alloggio del personale permanente della base a una funzione cosiddetta di "branda calda", cioè per i marinai in servizio nei sommergibili che sostano a S. Stefano. 24 stanze per 2 posti letto ciascuna, con relativo magazzino e reception, per ben 4.892 mc.
    Il magazzino generale di ben 7.000 mc. non viene ulteriormente specificato nelle sue funzioni e nei materiali al cui stoccaggio dovrebbe essere adibito.
    La banchina di ormeggio per il Naviglio di Unità Leggere appare l’opera meno significativa, se non per il fatto che i dati che si riferiscono ad essa permettono il trucco di far abbattere dell’80% le presunte cubature. Per rimanere alle banchine, si nota che la precedente elaborazione del Progetto presentava una cartina della banchina principale della BASE originaria, quella su cui approda dal 1972 la nave appoggio, in cui si prevedeva l’attracco di altre navi da guerra di superficie, oltre la nave appoggio ed i sommergibili.
    I due generatori diesel aggiuntivi, ultima opera prevista, sono un vero enigma, non tanto in se quanto perché la base è nata 31 anni or sono senza alcun generatore a terra. Successivamente gli statunitensi ne hanno installati altri, sino ad un numero di 6, quando la base aveva il compito di contrastare nel Mediterraneo la flotta subacquea dell’impero sovietico. Ora che questo compito è stato dimesso da quattordici anni, si potenzia il parco generatori per la più pronta operatività, efficienza ed efficacia dello squadrone d’attacco a capacita nucleare. Tutto ciò mentre si afferma di non voler modificare la funzione e l’attività della BASE.
    Un paragrafo relativo alle caratteristiche comuni delle opere, ripete la previsione di armonia estetica ed addirittura afferma che "lo stile costruttivo darà vita a delle strutture in muratura non invadenti, dal design accurato e contemporaneo". La risposta viene ancora una volta affidata alla eloquenza dei due rendering citati.
  4. RIPERCUSSIONI DEI LAVORI SUL COMPLESSO DELL’INSTALLAZIONE
    Si specifica che il Progetto riguarda esclusivamente l’area di S. Stefano e non ha ripercussioni sul restante complesso dell’articolata presenza delle altre infrastrutture della N.S.A. della Maddalena.
  5. COSTO PREVENTIVATO
    US$ 32,700,00 ad intero carico del governo USA.
  6. CONDIZIONI AMBIENTALI
    E’ il capitolo del Progetto più criptico, con cui si tende a dare assoluta assicurazione sull’impatto ambientale. Nessuno, infatti, conosce il documento "Standard Governativi Ambientali Finali per l’Italia", altrimenti indicato con la sigla FGS, a cui il progetto si atterrebbe. Da un’apposita nota si apprende che il documento citato sarebbe una "analisi comparativa tra il documento del Dipartimento della Difesa USA, denominato 'OEBGD' (Overseas Environmental Baseline Guidance Document — Documento di Base per le Problematiche Ambientali all’Estero), la normativa italiana in campo ambientale ed appropriati accordi internazionali. Il documento FGS fornisce per ciascuna area di interesse/riserva ambientale, la normativa di riferimento, selezionando i requisiti più restrittivi tra quelli contenuti nei documenti di cui anzi".
    L’esperienza di oltre trent’anni di mancato controllo ecologico-sanitario in riferimento alla base nucleare statunitense, ci fornisce gli elementi di credibilità degli appropriati accordi internazionali che sarebbero stati prodotti quale sintesi. Potrebbe essere illuminante conoscere la parte del documento FGS relativo all’area maddalenina per giudicare l’affidabilità dei propositi.
  7. PROCEDURE PARTICOLARI
    La Sezione USA della Commissione Mista Costruzioni dichiara di aver autocertificato unilateralmente la correlazione delle opere del proprio Progetto con la Difesa Militare. Altrettanto unilateralmente la Sezione USA ha ritenuto pertanto di utilizzare la deroga prevista per le opere interessanti la Difesa Nazionale dal cap. IV della Direttiva SMD Infra PL 11/78, che sottrae tali opere all’iter determinato dal sistema autorizzativo della normativa urbanistica.

    E’ il cuore dell’aspetto giuridico e di legittimità di tutta l’operazione, che s’è svolta in un crescendo di irregolarità formali per nascondere la mostruosità sostanziale del Progetto, sia dal punto di vista urbanistico ma soprattutto istituzionale.
    L’interesse delle opere per la Difesa Nazionale deve essere proclamata formalmente dall’autorità italiana, e solo i programmi di installazioni che hanno già avuto tale dichiarazione possono essere portati al parere del CO.MI.PA. e sottoposti alle procedure della Legge 898/76, utilizzando la deroga che sottrae tali installazioni alle procedure ordinarie previste per le opere demaniali dal D.P.R. 348/77

CONSIDERAZIONI FINALI
La decisione assunta dal Ministro Della Difesa, On.le Martino è stata chiaramente scritta con un intento di elementare tatticismo diplomatico. "Pur nell’attenta considerazione delle motivazioni poste a base dei pareri contrari espressi dai rappresentanti della Regione Sardegna, questo Ministero rappresenta che i lavori in questione sono urgenti, indispensabili ed indifferibili, in particolare per gli aspetti riguardanti la sicurezza del personale della Base, e sono conformi agli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia".
Anche le ragioni del Ministro devono essere tenuti in attenta considerazione, per cui si propone una precisa valutazione delle due motivazioni da Lui espresse:

  1. Sicurezza del personale della BASE.
    Nonostante il tentativo maldestro della Sezione USA di nascondere la funzione delle attività che i militari statunitensi svolgono a S. Stefano ed a La Maddalena, arrivando ad autocensurare la parola BASE, il Ministro italiano, per la prima volta nella storia trentennale di questa incostituzionale presenza militare straniera, ammette da parte italiana che di BASE si tratta. La U.S. NAVY lo aveva ammesso nella precedente stesura del Progetto ed accuratamente epurato nella seconda versione.
    La sicurezza delle persone è cosa per principio irrinunciabile, e quindi desiderabile anche per gli operatori di una Base militare straniera seppure abusiva. La grave situazioni di degrado strutturale in cui versa attualmente "il sito" statunitense di S. Stefano, e le conseguenti condizioni di pesante insufficienza della sicurezza in cui si trova, derivano proprio dalla condizione di abuso in cui questa baraccopoli ha dovuto forzatamente vivere, proprio perché avviata e sviluppata contro legge.
    Per evitare di chiamarla BASE, nel 1972 Andreotti-Medici-Tanassi convenirono di chiamarla "PUNTO D’APPRODO PER NAVE APPOGGIO/OFFICINA". Ma nel tempo, con operazioni di volgare abusivismo, gli statunitensi ritennero necessario avere a terra servizi tecnologici e di benessere con la scandalosa complicità dei governi italiani, e, sempre per non potere o volerla chiamare BASE, si risolse di ricorrere a prefabbricati, baracche, containers, bettoline ed altri manufatti precari.
    Oggi quel "sito" (come con pudore lo chiama il Progetto) è paragonabile ad una vecchia bidonville, e può essere dato per certo che l’attuale stato di degrado è stato voluto e programmato dalle autorità militari statunitensi ed italiane per pervenire ad una situazione particolarmente insostenibile, soprattutto sul versante della sicurezza del personale nel posto di lavoro, per determinare l’indifferibilità dell’integrazione del PUNTO D’APPRODO con una vera e propria BASE A TERRA, rifiutando ancora di chiamarla BASE (se non per errore).
    La sicurezza, pur essendo un problema reale in quella situazione, è stata appositamente esasperata per avere l’alibi di poter praticare surrettiziamente, e in stato di oggettiva necessità, l’installazione della nuova BASE A TERRA in questione.
    Da 30 anni, però, i maddalenini aspettano un qualsiasi decreto o atto del Governo italiano che avvii un credibile sistema di sicurezza, di monitoraggio in continuo e di allarme. Attendono, altresì, un piano efficace di emergenza e di evacuazione, che dia anche a loro la sicurezza necessaria nella situazione in cui sono costretti a vivere, avendo in casa il nucleare più rischioso e meno remunerativo: il nucleare militare. Oggi si afferma che nei cassetti di qualche Prefettura ci sarebbero dei piani di emergenza che, non conosciuti dagli interessati che potrebbero averne bisogno e da essi non provati, devono essere dichiarati inesistenti.
    Il rischio che l’insicurezza possa divenire dramma non è meno probabile per i maddalenini che per il personale militare statunitense.
  2. Conformità agli Accordi Internazionali sottoscritti dall’Italia
    Come noto l’accordo del 1972 è segreto. Se ne conosce l’oggetto, ovvero il titolo, e lo si conosce per tutta una serie di effetti esterni e pubblici che necessariamente dispiega. La segretezza sinora è stata mantenuta soprattutto per poter affermare sul loro contenuto tutto ed il contrario di tutto, senza soffrire la verifica ed il controllo di conformità di nessuno.
    Che il Progetto in questione sia stato elaborato in conformità agli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia ed autorizzato in quanto riconosciuto conforme, è affermazione assoluta e non verificabile del Ministro Martino nella sua nota del 30 settembre u.s.
    Se si trattasse di Accordi manifesti, pubblici e positivamente introdotti nell’ordinamento italiano, come tutti i trattati ed accordi militari e/o diplomatici, anche bilaterali, sottoscritti con altre Nazioni, tutti li potrebbero conoscere e valutare la conformità pretesa dal Ministro. Purtroppo però nel decreto autorizzativo del Ministro della Difesa, in cui si trova citata anche la legge che gli da’ la potestà di decisione a seguito del parere negativo del CO.MI.PA., non si rinviene alcuna citazione dei soliti elementi di riconoscimento della pubblicazione degli accordi affermati.
    Il richiamo, quindi, agli accordi sottoscritti appare molto equivoco, e probabilmente si tratta di un’ambiguità voluta, giacché in questa materia la forma della autorizzazione viene particolarmente curata e nessuna espressione è volutamente lasciata all’approssimazione e alla genericità.
    L’uso al plurale del termine accordi autorizza ad intendere che non si tratta solo dell’accordo segreto del 1972, ma anche di altri accordi che non possono essere anteriori. Quali altri accordi sono intercorsi tra l’Italia e gli Stati Uniti interessanti la BASE di S. Stefano, giacché non se ne conoscono altri? E cosa essi prevedono e permettono?
    Se il Progetto sinora esaminato viene assunto quale prodotto conforme a tali accordi, si capisce perché devono rimanere segreti e sottratti all’iter parlamentare e di ratifica presidenziale costituzionalmente previsti. Si tratta infatti di una mostruosità giuridica ed istituzionale che va tenuta nascosta, e che va fatta passare per le vie traverse, con bugie, affermazioni non controllabili, atti amministrativi volutamente irregolari da non correggere.
    Da 30 anni i maddalenini, i sardi e gli italiani attendono il documento di conformità che definisca la compatibilità della collocazione di quella BASE nucleare militare statunitense, all’interno della più vasta BASE militare italiana di stoccaggio di munizioni di S. Stefano. I Ministri italiani della Difesa hanno sempre impedito che l’A.I.E.A. potesse giudicare la situazione di fatto presente a S. Stefano e potesse fornire il proprio parere di conformità e compatibilità.
    Da qualche anno esiste, invece, un decreto interministeriale che definisce per legge la compatibilità forzosa della BASE nucleare con il Parco Nazionale dell’Arcipelago.

Agostino BIFULCO
Via Mongiardino, 59
07024 LA MADDALENA
Tel. 0789 737757 - 0789 737270 - 3384566724
E-mail eolouno@tiscali.it

Salvatore SANNA
Via Rossini, 62/B
09129 CAGLIARI
Tel. 070 497223 - 070 656868 - 3487802285
E-mail sanluca@tiscali.it

La Maddalena/Cagliari 11 ottobre 2003

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