Vicenza dice no alla base Usa
Sono arrivati alla spicciolata. Molte famiglie, tanti giovani, i comitati popolari, e poi cittadini comuni. Tutti con la volontà di far sentire la propria voce. E di mandare un messaggio chiaro al consiglio comunale che si è riunito puntualissimo alle cinque e mezza come previsto. «No alla base militare americana, no alla guerra»: questo il messaggio che circa duemila persone ieri hanno gridato e cantato in piazza dei Signori. Quella stessa piazza dove soltanto cinque giorni fa aveva manifestato la destra contro la finanziaria, ieri è stata invasa da cittadini determinati a dire la loro sul futuro della loro città.
I comitati popolari che hanno organizzato la «casserolata» contro l'ipotesi (ormai qualcosa di più di un'idea, per la verità) di allargamento e acquisizione dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza da parte del comando militare statunitense, ieri hanno posto un problema reale al governo Prodi: in gioco, argomentavano signore attempate e signori distinti, non c'è solo una base militare in più, ma c'è il futuro del paese in relazione alla guerra. Gli Usa vorrebbero costruire nell'area dell'aeroporto civile una nuova base che dovrebbe diventare la sede dell'intera 173esima brigata aviotrasportata, attualmente divisa tra Italia e Germania. In totale circa millecinquecento militari statunitensi andrebbero ad unirsi a quelli già presenti a Vicenza alla caserma Ederle, portando a circa 4mila il numero dei soldati (ma se si aggiungono i familiari si arriva ad una presenza di circa ottomila persone). Ma soprattutto trasformando la città veneta nel nodo principale della strategia militare degli Stati uniti. Da qui infatti partirebbero le future azioni belliche degli Usa verso il Medio Oriente.
Il consiglio comunale di ieri è stato convocato per esprimere un parere sul progetto americano. Non un parere vincolante, visto che comunque l'ultima parola spetta, considerata la portata della decisione (definita dall'esecutivo «di interesse nazionale»), al governo Prodi. Ma comunque quello del comune rimane un parere pesante, perché un sì renderebbe difficile al governo pronunciarsi in maniera contraria al progetto. Cosa che del resto la maggioranza non sembra intenzionata a fare, almeno se si considerano le dichiarazioni del presidente del consiglio Romano Prodi e del ministro della difesa Arturo Parisi. Entrambi infatti hanno ripetuto nei giorni scorsi che il progetto americano di realizzare una nuova base militare a Vicenza è in sintonia, compatibile con le politiche di difesa del nostro paese.
Ma la strada per il «Dal Molin americano» è tutta in salita. Prima di tutto perché, e l'hanno dimostrato ieri i cittadini, non c'è consenso a Vicenza su questa nuova base. In piazza dei Signori sono arrivate famiglie, giovani, sindacalisti. C'erano Emergency e la Cgil, rifondazione e i verdi. E da Roma, tra il fragore delle pentole e dei coperchi, è arrivata anche la conferma che 26 senatori dell'Ulivo (prima firmataria la senatrice Tiziana Valpiana) hanno sottoscritto e consegnato un appello al ministro della difesa per chiedergli di bloccare l'eventuale decisione del consiglio comunale vicentino di acconsentire alla realizzazione della nuova base militare. Nell'appello si legge infatti che il raddoppio del Dal Molin rappresenterebbe «un impatto ambientale insopportabile per la vita e il futuro della città. Questo progetto insensato - si legge ancora - pattuito all'oscuro delle istituzioni e dei cittadini di Vicenza dal governo Berlusconi e dagli amministratori locali, va valutato solo dopo la seconda conferenza sulle servitù militari con un pronunciamento chiaro del governo dell'Unione nello spirito del programma elettorale».
Ieri pomeriggio i comitati e i cittadini hanno preferito stare fuori dal consiglio comunale, anche se una delegazione è comunque entrata per appendere striscioni contro la guerra e contro «Vicenza città militare». Il sindaco Enrico Hullwek, aprendo i lavori del consiglio, ha ribadito «l'incompetenza del consiglio comunale nel deliberare su una materia che è assegnata specificatamente al ministero della difesa in base alle leggi che sono trascritte. Accogliamo - ha continuato - la richiesta di parte governativa come richiesta di espressione comunque giuridicamente non vincolante e pertanto ininfluente in senso normativo sulle decisioni adottabili da parte dei governati». In altre parole il sindaco ha rilanciato la palla al governo. Anche perché che il consiglio comunale fosse d'accordo sulla base Usa era scontato. Ma ciò che preme alla maggioranza di centro destra in comune è che il governo si esponga. Gli interventi sono continuati fino a notte fonda.
La settimana calda di Vicenza era cominciata lunedì con le assemblee di quartiere. Quindi mercoledì c'era stato il presidio in prefettura. Centocinquanta persone hanno chiesto e ottenuto dal prefetto di essere ricevuti. La delegazione dell'assemblea permanente cittadina ha chiesto al prefetto un appuntamento con il ministro Parisi.
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