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Intervento ai Convegni di Livorno e di Pisa sulle basi militari

Oltre alle basi militari ora anche i rigassificatori: le città sono vittime di pericolose scelte imposte dall'alto

I gruppi pacifisti devono - a nostro parere - uscire dal loro classico recinto e mobilitarsi in quanto non pochi rigassificatori proposti sarebbero collocati nelle città militarizzate verso cui fanno rotta i sottomarini a propulsione nucleare: i cosiddetti "porti a rischio nucleare". I rigassificatori non sono stati discussi con la popolazione nonostante la legge 108 del 2001 recepisca la Convenzione di Aarhus con la quale è sancito il diritto dei cittadini di essere informati e coinvolti nel processo di partecipazione al processo decisionale.
14 novembre 2006

Cari amici,

a causa di una vecchia e malandata Panda Carlo Gubitosa non è riuscito a raggiungervi. Inviamo in ogni caso il contributo di PeaceLink con questo messaggio che leggerete.

A Taranto dal 2000 ci stiamo battendo contro il rischio nucleare, da quanto abbiamo scoperto che il nostro porto militare è ufficialmente nella lista dei porti a rischio nucleare.

Ne è partita una campagna che riguarda tutta l'Italia. Infatti i porti a rischio nucleare sono, oltre a Taranto, anche quelli di Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia, Livorno, Napoli e Trieste. Ma anche Venezia, che si pensava esclusa, temiamo che sia nella lista nera dei porti a rischio nucleare.

Dal 2002 Taranto è diventata ufficialmente una base Nato, senza che il Parlamento ne fosse informato. Lo abbiamo scoperto navigando su Internet ed entrando dentro il sito del Pentagono.

Inoltre Taranto, pur restando attualmente una base Nato con comando italiano, appare "in stand-by" e predisposta per ospitare la VI Flotta Usa. Per ora di navi americane non se ne vedono a Taranto, ma il processo di ridislocazione della presenza americana è in corso. Pertanto, così come è accaduto al Nord per Vicenza, non dobbiamo escludere un riposizionamento delle forze militari degli Stati Uniti verso il Sud Italia. E Taranto appare la base navale più importante assieme a Napoli e ben vicina a Brindisi e ad Augusta.

Nel 2005 a Taranto abbiamo avviato forti iniziative contro il porto a rischio nucleare, culminate in una manifestazione e in convegni con gli assessori alla pace e all'ecologia della Regione Puglia. Ci aspettavamo che la Regione Puglia sapesse cogliere questa spinta dal basso e chiedesse al governo una denuclearizzazione di Taranto e di Brindisi, i due porti pugliesi a rischio nucleare. Avevamo chiesto a Nichi Vendola di fare come ha fatto Soru in Sardegna per La Maddalena. Avevamo chiesto inoltre di occuparsi dei poligoni di tiro sulla Murgia. Abbiamo focalizzato l'attenzione sulla questione dell'uranio impoverito e della nanoparticelle che possono inquinare l'ambiente con le esplosioni ad alta temperatura.

Vi erano tutte le premesse perché, con questa spinta dal basso, la Regione Puglia richiedesse controlli nei poligoni di tiro. Vi erano tutte le premesse perché la Regione Puglia mettesse in mora il governo per inadempienze circa le applicazioni dlele direttive europee sul rischio nucleare, recepite con decrete legislativo 230/95.

Ciò che chiedevamo era in sostanza una applicazione delle leggi e un'intensificazione dei controlli ambientali al fine di ottenere una moratoria delle esercitazioni militari nei poligoni di tiro e una sospensione dei transiti di natanti a propulsione nucleare a causa della non aplicazione delle direttive europee in merito.

Tutto questo chiedevamo alla Regione Puglia.
Cosa abbiamo ottenuto?
Purtroppo nulla.

E' con grande rammarico che dovviamo confessare la nostra delusione per l'inerzia della Regione Puglia, all'interno dela quale forze corpose agiscono secondo logiche diametralmente opposte al quelle del movimento ecopacifista.

Oggi Nichi Vendola è prigioniero di una Regione Puglia che tutto fa tranne che lavorare per il disarmo e l'alleggerimento dei pesi militari.

Invece di lavorare per una prospettiva "alla Soru" che sostenesse il movimento per la pace e la riconversione di vaste aree ipermilitarizzate, la Regione Puglia fa altro.

E attualmente in essa prevalgono le forze che puntano a costruire a Taranto un rigassificatore.

Così il movimento contro il rischio nucleare di Taranto oggi deve fronteggiare una Regione Puglia che - dopo l'inerzia sul rischio nucleare - sembra voler caricare Taranto anche il rischio rigassificatore.

La Regione Puglia non ha una posizione ufficiale sul rigassificatore di Taranto, sta procedendo alla Valutazione di Impatto Ambientale. Tuttavia sono già emerse voci favorevoli al rigassificatore e palpabile è la pressione delle componenti maggioritarie del Governo sulla Regione Puglia perché il rigassificatore si faccia o a Brindisi o a Taranto, nonostante entrambe per legge siano definite "città ad alto rischio di crisi ambientale". La follia e l'irresponsabilità di tali pressioni governative sono evidenti. Tuttavia non escono allo scoperto nella regione Puglia delle voci di ragionevole opposizione alle scelte della follia e dell'irresponsabilità.

Noi vogliamo denunciare che a Taranto si sta consumando una assurda politica. Siamo isolati. Le forze politiche che dovrebbero fare qualcosa in realtà fanno finta di fare qualcosa.

Il movimento pacifista locale sta aprendosi ad una prospettiva nuova, sulla scorta della lezione di Scanzano. Stiamo organizzandoci per una resistenza popolare e nonviolenta alle scelte dall'alto. E già a Taranto c'è stata una riuscita manifestazione contro il rigassificatore in cui erano presneti le bandiere della pace.

E' importante ricordare che il 15 novembre 2002 e un sottomarino nucleare americano si scontrò con una nave gasiera. La collisione avviene al largo di Barcellona dove è collocato un rigassificatore. La gasiera è la "Norman Lady". Per fortuna la gasiera era vuota.

Le navi gasiere sono capaci di portare fino a 140 mila tonnellate di gas metano liquefatto. E' una quantità che non fa dormire sonni tranquilli a molti abitanti delle città in cui sono stati proposti i rigassificatori.

E pertanto proponiamo una alleanza fra tutte le città in cui i rigassificatori sono proposti e imposti in violazione delle norme della legge Seveso.

Proponiamo una alleanza fra tutta le città a rischio nucleare, in buona parte delle quali è stato proposto PARADOSSALMENTE un rigassificatore: si pensi a Livorno-Pisa, Trieste, Brindisi o Taranto.

Sappiamo che uno studio commissionato dal Pentagono afferma che l'energia sprigionata da un incidente ad una nave gasiera che si incendiasse equivarrebbe a quella di 55 bombe di Hiroshima (prive di radiazioni).

I gruppi pacifisti devono - a nostro parere - uscire dal loro classico recinto e mobilitarsi proprio in quanto vari rigassificatori proposti sarebbero collocati nelle città militarizzate verso cui fanno rotta i sottomarini a propulsione nucleare: i cosiddetti "porti a rischio nucleare".

In molte parti d'Italia i rigassificatori non sono stati discussi con la popolazione nonostante la legge 108 del 2001 recepisca la Convenzione di Aarhus con la quale è sancito il diritto dei cittadini di essere informati e coinvolti nel processo di partecipazione al processo decisionale.

In varie città è stato anche disatteso l'articolo 23 della legge Seveso II sulle industrie ad rischio di incidente rilevante che prevede espressamente la partecipazione della "società civile qualora si ravvisi la necessità di comporre conflitti in ordine alla costruzione di nuovi stabilimenti".

A Taranto il rigassificatore è previsto in un'area in cui sono concentrati già 8 impianti definiti per legge ad alto rischio e sottoposti alla Legge Seveso. Un incidente provocherebbe il cosiddetto "effetto domino". Il rigassificatore infatti disterebbe meno di novecento metri dai serbatoi dell'Agip, dove il 1° maggio 2006 vi fu uno sversamento di 30 milioni di litri di carburante per un incidente. I vigili del fuoco ricoprirono tutto il liquido infiammabile pompando uno strato di schiuma perché sarebbe bastata una scintilla per scatenare una catastrofe capace di propagarsi attorno con una reazione a catena.

Alcuni ingenui credono che per i rigassificatori la soluzione sia allora quella di collocarli in mare aperto, lontano dalla terra ferma, come è previsto a Livorno. Parliamo degli impianti "off shore". Ma il rimedio sembra peggiore del male da evitare in quanto - se il "bombolone" del rigassificatore off shore va a finire in mare - il contenuto di gas si riscalda e si pressurizza. Il botto sarebbe assicurato provocando un evento catastrofico.

Ce n'è abbastanza per costruire un movimento che faccia confluire le forze pacifiste e quelle ambientaliste sane in una protesta nonviolenta ma forte e generalizzata.

A voi, amici che ci ascoltare, rivolgiamo l'appello perché le nostre città si uniscano e chiedano a gran voce democrazia, sicurezza e pace!

Alessandro Marescotti
www.peacelink.it
a.marescotti@peacelink.it

Note: Questo intervento viene letto nei seguenti incontri

"Dal militare al civile "

Chiudere la base militare
di camp Darby,
usare gli spazi liberati
a scopo civile e di pace.

NO a una nuova
base U.S.A. a Vicenza!

2 dicembre 2006 manifestazione nazionale
a Vicenza contro le basi

MARTEDÌ 14 NOVEMBRE 2006

LIVORNO ORE 17
"Bottega del Caffé"- Viale Caprera (Quartiere Venezia).

Relatori
Andrea Licata, curatore del libro "Dal militare al civile "
Raniero Germano, Osservatorio contro le servitù militari di Vicenza
Peppe Franzino, Comitato di quartiere città vecchia - Taranto
Coordina l’incontro Sergio Nieri Ass. Sequenze Cultura

PISA, ORE 21,15
Aula magna di Scienze Politiche, Lungarno Pacinotti – Via Serafini, 3

Relatori
Andrea Licata, curatore del libro "Dal militare al civile"
Raniero Germano, Osservatorio contro le servitù militari di Vicenza
Giorgio Gallo e Marco Della Pina, docenti del Corso di Laurea in Scienze per la Pace.
Peppe Fonzino, Comitato di quartiere città vecchia - Taranto

Promotori: Comitato per lo smantellamento e la riconversione a scopi esclusivamente civili della base USA di camp Darby – Pisa, Sinistra critica PRC, Associazione Comunista Pianeta Futuro, Confederazione COBAS, Ass. Sequenze Cultura

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