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La base nucleare Usa di La Maddalena-Santo Stefano

14 settembre 2001
Comitato sardo Gettiamo le Basi

Il fulcro della base atomica della U.S. Navy nell’isola di Santo Stefano è costituito dalla nave-appoggio-officina, la cosiddetta nave-balia, alla quale si affiancano gli Hunter Killer, i sommergibili d’attacco a propulsione nucleare della 69 Task Force della VI flotta americana.
«Le navi-appoggio sono officine mobili e basi di rifornimento per sommergibili e navi soccorso sommergibili.(..)Principale funzione è RIPARARE (..), riparazione sistema propulsione, sistema lancio, revisione missili(..). Fornisce nafta, olio lubrificante, composizione d’acqua per reattori nucleari, siluri, missili anti-sommergibile(..) Possiede una tale facilità di movimento che, con breve preavviso, è capace di raggiungere qualsiasi posizione geografica avanzata a seconda delle situazioni strategiche.» (opuscolo autopromozionale della nave-balia Orion)
I sottomarini da caccia per la guerra a navi e sommergibili sono dotati di armamento nucleare, siluri, mine, missili anti-nave e anti-aereo. Dal 1984, con il dispiegamento a bordo di Cruise Tomahawk acquistano la capacità di sferrare l’attacco nucleare in profondità contro obiettivi a terra nel raggio di tremila chilometri e, quindi, la funzione di deterrenza nucleare strategica.
Per quanto attiene l’intensità di utilizzo della base non sono disponibili, ovviamente, dati ufficiali. In mancanza di ricerche più aggiornate, riproponiamo le rilevazioni effettuate per gli anni 84/85 dalla Comunità delle Chiese Battiste, Metodiste e Valdesi per la pace e il disarmo. La "lista delle visite operate da navi militari U.S.A. ai porti italiani" registra i giorni di permanenza in porto di un natante (ship-days):

La Maddalena

Napoli
Gaeta
1984

674

613
435
1985

832

712
500

La Maddalena emerge come la base navale più intensamente utilizzata tra le "facilities" italiane, che sono a loro volta quelle più frequentate del Mediterraneo.

Il carico nucleare in dotazione agli hunter killer e alla nave-appoggio è stivato a bordo, in condizioni di massimo rischio, anziché essere custodito a terra, in condizioni di relativa sicurezza, nell’adiacente deposito Nato di armi e munizioni. Il motivo è semplice: se fossero stoccati nel deposito sottoroccia, struttura Nato in territorio italiano, gli Usa perderebbero la piena "sovranità" e le armi passerebbero sotto il controllo e la gestione del Paese ospitante.
Il molo di attracco della nave-officina con la sua muta di sottomarini, in assurda noncuranza delle più elementari misure di cautela, è al centro di una ridottissima fascia costiera di poche centinaia di metri su cui gravitano due impianti dove si maneggiano e si custodiscono esplosivi e carburanti. La banchina di sosta è lo stesso pontile del gigantesco deposito armi e munizioni Nato, a sua volta paurosamente vicino al megadeposito Nato di carburanti.
Si determinano le condizioni previste e vietate dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA ), l’organismo plurinazionale cui aderiscono gran parte degli Stati, Italia e USA compresi. L’Agenzia, infatti, nelle norme che detta per l’uso dei porti da parte di natanti a propulsione o a carico nucleare, stabilisce quanto è anche alla portata del comune buonsenso: l’approdo non deve stare nelle vicinanze di impianti esplodenti o infiammabili. Per tre volte, ma in modo debole e irresoluto, la Regione Sarda ha sollevato la questione dell’adeguamento alle norme internazionali di sicurezza individuando proprio nell’AIEA l’organismo scientifico da attivare per giudicare ed esprimere la valutazione di compatibilità.
Sprezzante il rigetto da parte dei vari ministri: la regione non ha competenza a sollevare questioni di compatibilità ambientale e ricevere giudizi in merito alla sicurezza complessiva degli insediamenti militari. I vari Governi, in totale disconoscimento dei diritti e delle esigenze del popolo sardo, nonostante i tassativi tempi di risposta previsti dalla legge, non hanno mai fornito alcun cenno di riscontro.

Il patto segreto firmato da Belzebù
La U.S. Navy ha ottenuto la base (in affitto, prestito, regalo, vendita??) nell’ambito di una serie di accordi datati 1954-1972-1978-1979, accordi tuttora segreti mai conosciuti dal Parlamento e mai ratificati.
Ai primi protocolli stipulati alla metà degli anni cinquanta, che già garantivano agli Stati Uniti nell’uso delle basi in Italia una libertà valutata "insolita (unusual)" dagli stessi ministri Usa, fa seguito quel che la stampa isolana definisce "il patto segreto firmato da Belzebù". Nel 1972 il governo Andreotti, raggirando gli art.11-80-87 della Costituzione e prevaricando il Parlamento con il sotterfugio di qualificazione del patto "in forma semplificata", stipula un accordo bilaterale segreto con gli Stati Uniti.
Tra il luglio e l’agosto del 1972, approdano a La Maddalena la nave appoggio Fulton e i sommergibili della 69 Task Force della VI flotta, scortati dalla portaerei Kennedy e da un appariscente dispiegamento di navi da guerra.
Il 15 settembre il portavoce del Comando della Marina Militare degli Stati Uniti comunica notizia della nuova funzione strategica dell’isola: base Usa per sommergibili a propulsione nucleare.
Popolazione e Parlamento vengono così brutalmente a intuire natura e oggetto di sconosciuti accordi internazionali.

L’opposizione della Sardegna si solleva forte e immediata.
Il Presidente della Regione invia al Governo una dura nota di protesta. Il Consiglio Comunale d’Iglesias si pronuncia contro la concessione della base. Seguono i Consigli Provinciali di Nuoro e Sassari, i Comuni di Orgosolo, Quartu, Carbonia, Porto Torres, Guspini…
Cinquecento fisici riuniti a Cagliari votano una mozione contro il nucleare militare in Sardegna. Scioperi e manifestazioni scuotono l’Isola. La stampa a tiratura nazionale avanza pesanti critiche, preoccupazioni e perplessità. In Parlamento si apre un aspro confronto.
Il governo non ne è minimamente scosso. Les jeux sont faits, rien ne va plus !
Nel marzo 1981, la richiesta unanime del Comune di La Maddalena per l’allontanamento del mostro atomico ottiene solo i lazzi e i sarcastici commenti del ministro di turno.
L’antagonismo dell’Isola si riaccende nel triennio 1987-’89. La raccolta firme per un referendum consultivo d’iniziativa popolare coinvolge anche i più remoti paesi. Un sondaggio Abacus rileva che 68 sardi su cento voterebbero contro la base. Pronto l’intervento della Corte Costituzionale che affossa i referendum già indetti dalla Regione e impedisce al popolo sardo di esprimere una semplice opinione senza effetti abrogativi.
La messa fuorilegge del nucleare dall’Italia, ottenuta con il referendum popolare del 1987, non concerne il nucleare peggiore, quello militare, non concerne l’arcipelago maddalenino dove è concentrato il peggio del peggio della presenza militare: il nucleare militare di una potenza straniera.

Lo status della base: tra incostituzionalità e segretezza
La procedura costituzionale impone alla maggioranza l’obbligo di confrontarsi con tutte le forze politiche prima di stipulare patti che possono incidere sulla comunità. Gli impegni internazionali devono essere conosciuti dal Paese e su di essi deve essere espresso un giudizio che è anche una garanzia di controllo democratico. Persino un Ministro per le riforme istituzionali, Giovanni Motzo, con un documento presentato in Parlamento nell’agosto 1995, ha sollevato pesanti dubbi sulla legittimità costituzionale di accordi internazionali "segreti".
La "forma semplificata" consente che l’accordo sia concluso senza l’esame e l’approvazione del Parlamento. Basta la semplice firma di un qualsiasi funzionario o militare delegato dal Governo. E’ un espediente truffaldino per dare una parvenza di correttezza formale alla delegittimazione del Parlamento. L’imposizione del "segreto" evidenzia la volontà politica di sottrarre all’organo rappresentativo il potere-dovere d’intervento e controllo su una questione di estrema importanza, gravida di conseguenze politiche e, soprattutto, di nascondere al Paese, al "popolo sovrano", l’assunzione di impegni internazionali impresentabili che si configurano come abdicazione alla sovranità su pezzi di territorio.
Questo è lo strappo costituzionale, la ferita non rimarginata: l’espulsione di una parte di Paese.
La reale portata delle "concessioni", "offerte" dall’Italia in una condizione di estrema debolezza contrattuale, deve essere occultata. Il rapporto di vassallaggio deve essere "gioiosamente" accettato e sostenuto con fedeltà, pertanto, il Padrone è mascherato da Alleato, i diktat spacciati per vantaggiose scelte.
In Italia non esiste una legge sul "segreto di Stato", non è mai stata scritta. Esiste un groviglio di decreti, circolari, regolamenti che hanno costruito un muro invalicabile, una zona "off limits" a protezione di inconfessabili verità. Nessun varco è stato ancora aperto dalle numerose e ricorrenti battaglie (l’ultima è stata portata avanti in seguito alla strage della funivia del Cermis - governo D’Alema-).
L’accordo del 1972 stipulato "legibus solutus" innesca una serie di processi che formano una catena di cui ancora non s’intravede la fine. Il tentativo sempre più arduo di tutti i governi della prima e seconda Repubblica di non mettere in discussione la portata dell’abdicazione alla sovranità, si aggroviglia tra tabù, menzogne e illegalità.
Inizialmente si arriva persino a negare che a S. Stefano esista una base US Navy.
Alle prime vibrate proteste del senatore Pecchioli (PCI), il ministro degli Esteri Medici replica: «Non esiste a La Maddalena una base navale americana e tantomeno una cosiddetta base della VI flotta, ma soltanto l’attracco di una nave- appoggio a sommergibili» e intima < Lei non può come parlamentare italiano mettere in dubbio quello che dice il Ministro degli Esteri. (..) Quando un Ministro della Repubblica dice una cosa, questa cosa, obiettivamente è quello che è.» (atti parlamentari 6-10-1972).
Innumerevoli ministri e sottosegretari (e tra questi il sardo B. Pisanu) assicurano che gli accordi segreti bilaterali vincolerebbero i comandi statunitensi ad utilizzare le loro basi in Italia esclusivamente per impegni NATO e che le installazioni sono poste anche sotto comando italiano (principio della doppia chiave). Puntuali le smentite degli stessi Stati Uniti che non tralasciano occasione per precisare e ribadire: «i sommergibili nucleari non dipendono dalla NATO ma dalla Marina degli Stati Uniti» (Ammiraglio Colbert 15/8/1972).
Un ministro alla Difesa, Spadolini, arriva a cimentarsi in spericolate acrobazie verbali. « La Maddalena è una base della marina militare italiana che comprende infrastrutture Nato e poste a disposizione dell’Alleanza atlantica. (..) Nell’ambito di questa base, che quindi non è propriamente una base Nato, ma utilizzata dagli Stati Uniti nel quadro di un accordo Nato, esiste un punto d’attracco….» (atti parlamentari 27-2-1985).
L’inconfessabile è che si tratta di una base atomica alle dirette dipendenze del Pentagono dove pertanto non vige il "principio della doppia chiave", agisce fuori del quadro Nato, in regime di piena extraterritorialità ed extragiurisdizionalità. Infatti, la base della Marina statunitense è sempre stata coinvolta in tutti gli "stati di allerta" lanciati dal Pentagono, fuori del quadro Nato, impegnando unilateralmente le forze armate statunitensi, dalla crisi arabo-israeliana del 1973, al bombardamento aereo della Libia fino agli ormai quotidiani, abituali raids contro l’Irak.
La vita quotidiana della base offre una gran varietà di esempi delle agevolazioni giuridiche godute dagli americani in deroga, sia alla legislazione italiana ed europea, sia alle regole Nato. Di questa "flessibilità" si hanno innumerevoli e continue manifestazioni: nella sicurezza armata esterna gestita dai militari americani, nel rapporto di lavoro con i dipendenti di nazionalità italiana, nella limitazione della libertà costituzionale di associazione sindacale (divieto d’accesso alla Cgil), alle assunzioni irregolari. « Ignorano completamente la normativa sull’immigrazione. Fanno arrivare mogli, fidanzate e amici con un permesso di soggiorno turistico e dopo un po’ di tempo ti trovi queste persone al lavoro nei servizi. Nessuno viene a controllare. Abbiamo chiesto più volte l’intervento dell’ispettorato del lavoro, del prefetto. Ma è rimasta lettera morta.» (rappresentante Cisl, Il Manifesto 19/7/1998).

Cruise Tomahawk e Depleted Uranium
E’ormai provato che i nostri governi da decenni rendono false dichiarazioni alla stampa e persino al Parlamento.
La verità inconfessabile è che lo schieramento sui sommergibili Hunter Killer di missili Cruise Tomahawk — con capacità di attacco nucleare in profondità contro obiettivi terrestri —, muta radicalmente la funzione del sistema d’arma e la rilevanza strategica e, di conseguenza, stravolge il significato politico del supporto concesso dall’Italia alla U.S. Navy. La possibilità di colpire Paesi "nemici" nel raggio di 3.000 chilometri, con testate nucleari lanciate dalle aree sotto la diretta responsabilità Nato e senza avvertire la Nato o il Paese "ospitante" - la catena di comando e di controllo della base di S.Stefano e della VI flotta è integralmente americana - implica che le aree, in particolare le basi, da cui partono gli attacchi diventino obiettivo della risposta del Paese attaccato o siano esposte al rischio di ritorsione. La Libia ha ripetutamente inviato all’Italia espliciti avvertimenti in tal senso e, dopo il bombardamento unilaterale statunitense delle città di Tripoli e Bengasi, è passata alle vie di fatto con il lancio di un missile contro Lampedusa.
Prima ancora che il governo Cossiga e il governo Craxi offrissero Comiso per ospitare i missili a testata nucleare e si sollevasse la protesta e la lotta popolare, i Cruise Tomahawk, ad insaputa della popolazione e con il silenzio connivente dei nostri governanti, erano già da tempo in dotazione agli hunter killer e alla nave-balia di stanza a S. Stefano.
La scottante verità emerge inaspettata nel novembre 1984 nell’ambito dei negoziati Usa-Urss sulle armi a medio raggio in Europa. In sede di discussione, l’eurodeputato E. Cerquetti (PCI) avanza la proposta che i Cruise non siano installati sui sottomarini di base a La Maddalena. Strabiliante la replica del deputato inglese G.J.Smith: «Mi spiace, ma è impossibile per il semplice motivo che i Cruise si trovano già su quei sommergibili». I Comandi militari si trincerano nei "no comment". Capo del Governo Andreotti e ministro della Difesa Spadolini, "naturalmente", smentiscono l’inglese. Ma, a poche settimane di distanza, nel dicembre 1984, La Nuova Sardegna pubblica i documenti del Congresso degli Stati Uniti sul dispiegamento dei missili a testata nucleare a bordo degli hunter killer nelle acque maddalenine. E’ una vera beffa: la chiave del "segreto", oggetto di infuocata polemica, era alla portata di chiunque in una qualsiasi libreria statunitense dove per pochi dollari sono in vendita le raccolte degli atti del Congresso e le riviste militari. Parlamento e opinione pubblica vengono così a sapere che nel marzo dello stesso anno era stato autorizzato e lautamente finanziato il programma Slcm "Missili Cruise Lanciati dal Mare", una variante dei Tomahawk con una gittata di tremila chilometri e una testata nucleare di 150 chiloton. Le riviste militari fornivano il numero di sommergibili ad armamento atomico e precisavano perfino la capacità di carico: 12 Cruise nel ventre di ciascuno dei 22 sottomarini classe Sturgeon, 31 in ciascuno dei 56 classe Los Angeles. Le carte indicavano anche le basi di appoggio in Europa: La Maddalena e Holy Loch (Scozia)
L’inoppugnabilità delle prove non mette fine agli ostinati dinieghi dell’evidenza. Il ministro alla Difesa, incalzato dalle interrogazioni parlamentari e braccato dalla stampa, nega imperterrito. «Escludo in maniera assoluta (..) missili di crociera non risultano imbarcati sui sommergibili (..)continuo ad insistere e ribadisco che i sommergibili con missili Cruise a bordo, finora, non sono scesi a La Maddalena» (Atti Parlamentari 27-2-1985)
«I sommergibili portatori di vettori nucleari non sono mai stati intorno alla Maddalena né si sono mai riforniti alla Maddalena: l’ ho detto in Parlamento e lo ripeto qua…- e prosegue, lasciandosi sfuggire una sconcertante ammissione di incapacità di controllo della presenza militare di una potenza straniera sul nostro territorio e una scandalosa dichiarazione d’impotenza in caso di incidenti - Io, l’ ho detto una volta in Parlamento e lo ripeto, non sono in grado di impedire che il Presidente Reagan mandi nel Mediterraneo i sommergibili nucleari che possono esplodere presso le coste sarde, presso quelle sicule, presso la Grecia…» ( La Nuova Sardegna 25/3/85).
Nell’ottobre 1988, la declassificazione di documenti della U.S. Navy rivela che trentaquattro Cruise Tomahawk sono stivati nella nave-balia. A distanza di alcuni mesi Greenpeace amplia la documentazione sulla presenza di missili nucleari nella base di S.Stefano: 20 Tomahawk sono stati stoccati nel 1986; altri 14 l’anno successivo; 56 Subroc nel 1988.
Non è ancora abbastanza per far cessare l’accanita difesa del segreto di Pulcinella.
Nel 1999 il ministro all’Ambiente Edo Ronchi arriva persino a dimenticare le numerose interpellanze, sottoscritte dal barricadero deputato Edo Ronchi, che documentavano con precisione la presenza del nucleare nella base sarda e chiedevano « al governo di intervenire affinché la base nucleare Usa venga smantellata e l’accordo bilaterale revocato>. Da ministro, rinnegando il se stesso deputato, spudoratamente afferma: «Noi non abbiamo controllo su ciò che circola nelle basi americane e quindi non sono in grado di confermare o smentire se alla Maddalena ci siano sottomarini a testata nucleare o a propulsione nucleare.» (Ansa 25/9/ 1999).
La prassi collaudata e, purtroppo, vincente vuole che l’opinione pubblica sia sempre e comunque tranquillizzata/narcotizzata, quindi, la verità diventa la variabile dipendente delle opportunità del momento, un qualcosa di aleatorio. Di conseguenza, a distanza di appena un mese, il ministro all’Ambiente è smentito dal collega ministro della stessa compagine governativa. Nell’ottobre ’99, stampa e TV danno ampia notizia del rapporto dei ricercatori statunitensi Norris e Arkins che rileva e quantifica le armi atomiche e a capacità atomica disseminate dagli Usa sul territorio di Paesi Sovrani di mezzo mondo, spesso, "democraticamente" all’insaputa dei vari Parlamenti e delle popolazioni, come nel caso Italia. Viene diffuso anche il rapporto dell’Headquarters United States Air Force in Europe che valuta "insoddisfacenti" i livelli di sicurezza in almeno il 50% delle aree visionate adibite alla custodia di armi nucleari.
Il ministro per la Difesa Scognamiglio, pressato dalle preoccupazioni espresse dalla stampa e dalle interrogazioni parlamentari, è costretto ad intervenire e rassicura: l’Italia è stata esaustivamente informata dal potente alleato; le armi atomiche NATO "basate a TERRA" sono sotto controllo italiano in quanto vige il regime della doppia chiave; gli standard di sicurezza sono eccellenti.(21-10-1999). Quindi, niente lesa sovranità nazionale e nessun pericolo.
Il ministro non può essere sbugiardato. Infatti, gli ordigni nucleari USA della base di S.Stefano sono dislocati nelle ACQUE nazionali su natanti battenti bandiera statunitense e pertanto a tutti gli effetti TERRITORIO degli Stati Uniti.
La sottile precisione lessicale è un espediente truffaldino abitualmente usato da vertici politici e militari per stravolgere il soggetto o l’oggetto del discorso e cambiare le carte in tavola. Di recente, ne hanno fatto un uso massiccio per negare l’uso di uranio impoverito nelle "operazioni umanitarie" in Somalia, Bosnia, Kosovo e nelle permanenti attività addestrative e sperimentali delle truppe Usa e Nato nelle basi militari della Sardegna.
Nell’ arcipelago maddalenino il rischio uranio si somma al rischio nucleare.
Dalla documentazione contenuta nel sito web della US Navy si apprende che < il missile Tomahawk cruise è la principale arma di attacco in profondità a lunga gittata della Navy (..) carica 750 libre di depleted uranium>.
Una breve digressione. Il documento continua: < La Navy ha lanciato più di 400 Missili di Attacco a Terra Tomahawk (TLAMs) dal 1991 al 1996.Usati estensivamente nell’operazione Desert Storm e di nuovo in Irak nel 1993 e 1996 e durante l’Operazione Deliberate Force in Bosnia nel 1995, TLAM è "l’arma preferita">. Ancora una volta il ridicolo ha coperto ministri e generali. La documentazione, facilmente reperibile su internet, era "ignota" a servizi segreti, vertici militari e politici che per anni hanno negato l’uso di uranio impoverito nelle "guerre umanitarie" di aggressione contro la Jugoslavia. Comuni cittadini e associazioni di base hanno provveduto a colmare il vuoto d’intelligence e a fornire l’informazione al Governo. La storia si ripete. La verità che non può essere detta è, ormai, sotto gli occhi di chiunque voglia vedere: l’azzeramento della Costituzione, un "massacro umanitario" che "umanitariamente" ha trasformato i Balcani in un inferno radioattivo.

Propulsione nucleare: impatto ambientale e sanitario
La pericolosità, i rischi sanitari, i rischi di contaminazione radioattiva dell’ambiente connessi al sistema di propulsione nucleare, sono indicati chiaramente, fin dal fatidico 1972, da numerosi organismi scientifici, alcune forze politiche e numerose associazioni di base.
Nel maggio 1974 il ministro della Sanità affida a CNEN, CAMEN e ISS la stesura di un piano di intervento. Le valutazioni e le proposte della Commissione scientifica possono essere così riassunte: «L’impatto sanitario e ambientale non differisce, in linea di massima, da quello di una centrale nucleare a terra. Per una corretta valutazione dell’impatto sanitario della base e la predisposizione del piano di emergenza si deve giungere almeno all’acquisizione di un insieme "minimo" di elementi tecnici della fonte inquinante, però, per quel che riguarda i sommergibili nucleari, non si dispongono informazioni dettagliate sulle loro caratteristiche. Occorre avviare un’indagine ambientale per pervenire alla conoscenza delle caratteristiche dei rifiuti radioattivi emessi dai reattori nucleari installati a bordo delle unità ormeggiate». Si sollecita l’attivazione di «una rete di controllo avente finalità di allarme, con MONITOR IN CONTINUO nelle IMMEDIATE VICINANZE della fonte inquinante, e finalità altresì di sorveglianza sanitaria con prelievi e misure orientate». Si sottolinea la «necessità di dare avvio concreto ENTRO BREVE TEMPO ad iniziative che permettano un controllo sanitario della situazione»
Il piano d’indagine non decolla. La stampa dà notizia dello stillicidio di fatti inquietanti.

  • 24 febbraio 1974 - trapela la notizia che l’equipaggio della nave-balia è stato sostituito a causa di una contaminazione radioattiva.
  • 22 marzo 1974 - Il Messaggero parla di probabili tracce di cobalto nelle acque.
  • 29 novembre 1974 - Il settimanale corso Kirn denuncia il ritrovamento di rifiuti radioattivi sotterrati a S. Stefano e individuati con rilevatori geiger. Il giorno successivo i Comandi militari americani rassicurano: « Ci sono, ma non sono pericolosi».
  • 12 febbraio 1976 — medici di base denunciano tre casi di cranioschisi (bambini nati senza il cervello) e percentuali in eccesso di patologie tumorali.
  • 25 luglio 1978 — Il Corriere della sera rivela la presenza di cobalto 58 e 60, radio-nichel, radio-zinco, radio-ferro, elementi altamente radioattivi.
  • 10 luglio 1981 — si registra un altro caso di cranioschisi.

L’organizzazione internazionale Greenpeace analizza in laboratori privati campioni raccolti nell’area e accerta la presenza di sostanze radioattive provenienti dalle attività dei reattori nucleari.
Le lotte popolari e istituzionali per il monitoraggio ambientale e la copertura sanitaria si sviluppano al punto da non potere più essere ignorate. Nel 1984 il ministro per la Difesa Spadolini dà l’assenso e, rielaborando "politicamente" le indicazioni degli enti scientifici, pone la condizione che la rete di allarme e di controllo stia lontana dalle installazioni militari e funzioni una tantum.
«Sul monitoraggio continuo in acqua richiesto più recentemente dalla Provincia, attraverso la posa di un rilevatore fisso vicino alla zona di attracco dei sommergibili (…) sono sorte difficoltà dato che una vicinanza eccessiva crea insuperabili problemi di sicurezza militare.» (22/11/1984)
«Sono intervenuto più volte per assicurare quella che è una esigenza legittima delle popolazioni locali, la garanzia cioè che non siano inquinate le acque attraverso forme di monitoraggio.» (La Nuova Sardegna 25/3/85). Cioè, il nucleare americano deve stare fuori controllo per non disturbare la Navy e per salvaguardare la purezza del mare.
Verso la fine del 1987 — a 15 anni dall’installazione della base - prende il via una rete di monitor rispettosa delle direttive ministeriali: pochi rilevamenti - due all’anno! - e ben distanti da sommergibili e nave-balia per difendere fantomatici segreti militari. Sono previsti controlli a cura del CAMEN-ENEA a scadenza semestrale e i risultati vengono inviati allo stato maggiore della Marina e dell’Esercito. Su richiesta del ministro della Sanità e del Consiglio comunale della Maddalena, l’Istituto Superiore della Sanità può effettuare prelievi delle acque a scadenza bimestrale. Va detto che dal ’74 è in funzione un sistema di controllo dell’aria. Quando una nuova catastrofe nucleare provoca il riemergere del dibattito, c’è sempre un qualche organo d’informazione locale che, del tutto casualmente, trasmette un tranquillizzante servizio sull’efficienza delle centraline di controllo dell’aria e gli esperti militari assicurano che nella stratosfera maddalenina non si rileva radioattiva rilasciata da sottomarini (..? volanti?).
Da subito, il sistema di monitoraggio ambientale risulta scarsamente affidabile e ben diverso da quello progettato. E’ da presumere che l’alleato/padrone non abbia dato l’okey.
In risposta ad una interrogazione parlamentare del novembre 1988, il ministro della Difesa, parlando anche a nome del ministro della Sanità, conferma la scarsa attendibilità del sistema di controllo e di allarme. Nel 1990 una risoluzione della Commissione Affari esteri della Camera «impegna il governo 1) a rendere pubblici tutti i dati sul rilevamento della radioattività ambientale a La Maddalena, sia civili che militari, e le ragioni della loro insufficiente attendibilità; 2) a far conoscere alla popolazione il piano predisposto in caso d’incidente nucleare; 3) ad applicare la Convenzione internazionale sulla "notifica tempestiva di incidente nucleare", firmata in sede AIEA nel dopo Chernobyl, rendendola operativa anche in relazione alle attività che si svolgono a La Maddalena.» (11-2-1990)
Superfluo sottolineare che nessun Governo si è mai sentito impegnato. Tanto meno, una volta occupate le poltrone di ministeri e sottosegretariati, si sono sentiti impegnati i firmatari della risoluzione.
Nell’aprile 2001, a trent’anni dall’installazione della base atomica, un medico della Maddalena denuncia «C’è un’alta incidenza di focomelia, rachischisi e tumori ipofisari. Non sono mai stati fatti studi seri per verificare se la frequenza di patologie derivanti verosimilmente da alterazioni genetiche abbia un rapporto con i segretissimi impianti militari dell’arcipelago, soprattutto quelli che hanno a che fare col nucleare. In un anno ho scoperto sei casi di tumori ipofisari in persone fra i 35 e i 45 anni» (Liberazione 8-4-2001).
Anche quest’ultimo grido di allarme non trova eco. Rapidamente è assorbito dall’insonorizzante muro di gomma. Contaminazione ambientale, rischio sanitario, anomalie genetiche, percentuali anomale di neoplasie non trovano né conferme né smentite a livello ufficiale.

Piano civile di emergenza e decontaminazione nucleare.
Non è ancora stato dipanato il mistero sul piano di emergenza per la popolazione nel caso di fuga radioattiva e incidente al reattore. «C’è chi nega che possa esser predisposto a causa della gravi carenze d’informazione sui dati essenziali; c’è chi dice che può comunque essere approntato; c’è chi dice che esiste ma è top secret e c’è anche chi giura di averne visto la copertina. Un piano di emergenza segreto e non conosciuto dalla popolazione locale non può che avere un efficacia che poco si discosta dallo zero e la sua redazione non può che essere considerata una mera e beffarda esercitazione teorica. Nasconderlo, se c’è o quando ci sarà, è sostanzialmente criminale». (Salvatore Sanna, dal 1977-99 rappresentante della Regione Sarda nel COMIPA , Comitato Misto Paritetico Stato Regione per le servitù militari ). Molti sostengono che anche il migliore dei piani sarebbe inefficace perché, se accadesse qualche incidente a S. Stefano, non rimarrebbe che raccomandare l’anima a Dio.
Il decreto legge 235-1995 impone ai Prefetti l’obbligo di predisporre piani di protezione civile e dare massima informazione alla popolazione sia delle situazioni di rischio cui è esposta sia delle misure e procedure previste per farvi fronte. Le disposizioni trovano piena applicazione nelle zone esposte terremoti, inondazioni, eruzioni e quant’altro. Eludono la normativa le situazioni che mettono a repentaglio incolumità e salute della popolazione determinate da installazioni e attività militari devastanti. "Segreto militare", "Segreto di Stato" è la furbesca e criminale formula che permette di raggirare ogni legge, l’utile coperchio per nascondere qualsiasi prevaricazione.

Il paradiso eco-nucleare
La linea politica del governo dell’Ulivo, nonostante annoveri tra i suoi quadri focosi contestatori della base atomica Usa, non denota sfaldature con quella dei governi di centro, centrodestra e centrosinistra della cosiddetta prima Repubblica. Sottosegretari, ministri, Presidente della Repubblica Scalfaro in testa, non perdono occasione per pronunciarsi contro gli esperimenti atomici francesi, cinesi, indiani, pakistani. Li definiscono, correttamente, "crimini contro l’umanità". Tacciono, però, sulla "normalità nucleare" di La Maddalena.
Un’improvvisa amnesia colpisce la stragrande maggioranza di quanti dai banchi dell’opposizione denunciavano: « Il permanere della base nucleare de La Maddalena è in netto contrasto con il pronunciamento popolare avvenuto nel referendum in materia nucleare (..) La presenza della base nucleare USA contrasta, da una parte con il progetto di Parco naturale, previsto dalla legge nazionale (Parco terrestre) e, dall’altra, con il programma comunitario Interegg (Parco Marino Internazionale). Appare evidente l’incompatibilità della presenza nucleare statunitense con tali progetti.».
Un magistrale colpo di bacchetta magica cancella il problema. Si decreta l’istituzione del "Parco Nazionale Arcipelago di La Maddalena" e..voilà.. il mostro atomico sparisce, si trasforma in nascosto gioiellino ambientale da custodire. Si impongono d’imperio drastiche restrizioni e una rigida disciplina alle attività di pesca, al traffico di gitanti e al numero di bagni consentiti a turisti e residenti. Via libera, invece, all’intenso andirivieni dei branchi di sommergibili dal ventre colmo di armi atomiche e all’uranio impoverito/arricchito al plutonio, nel primo parco eco-nucleare del pianeta Terra. TOLLERANZA ZERO: contro chi chiede trasparenza, contro chi dice che qualche pericolo c’è, contro chi sostiene che sono ordigni da guerra fredda, contro chi parla di violazione del Trattato di non proliferazione nucleare, contro chi reclama la messa al bando del nucleare militare in forza della volontà popolare espressa nel referendum del 1987.
Un’impenetrabile coltre di silenzio omertoso rende invisibile i mostri nucleari. Le preoccupazioni ambientaliste sono incanalate su obiettivi "politically correct" come carboniere, carrette del mare, petroliere.

Il governo Berlusconi 2 pare ancora più ossequiente del precedente ai diktat Usa. Il cavaliere, con servile entusiasmo, ama proclamare: «Io sto con l’America prima ancora di sapere dove va l’America». E Bush, il pifferaio magico che il premier del Polo intende seguire ciecamente, va verso la creazione dello Scudo Spaziale e azzera il trattato Abm del 1972, il più importante ostacolo alla corsa agli armamenti. Sostenuto da un ampio codazzo di militari e armaioli allettati dall’orgia dei colossali finanziamenti pubblici, il presidente dell’unica potenza globale rigetta unilateralmente la convenzione del 1972 contro l’uso di armi biologiche e tossiche, respinge l’impegno del suo predecessore sulla messa al bando delle mine antiuomo. L’arrogante motivazione ufficiale è sempre la stessa, "le restrizioni imposte dai trattati internazionali metterebbero a rischio la protezione degli interessi nazionali Usa e la sicurezza delle truppe". Il messaggio è chiaro. L’èlite al potere sa bene che i processi di globalizzazione in corso sono devastanti, non solo per l’intero pianeta ed i suoi equilibri, ma anche per ampi strati sociali degli stessi Stati Uniti, sa bene che le sue scelte produrranno disastri e sconvolgimenti e si prepara ad affrontarli scegliendo la deterrenza militare, la guerra come opzione per governare i processi in atto.
L’attacco impensabile al Pentagono, la morte straziante di migliaia di persone intrappolate nell’orrore delle torri gemelle potrebbe costituire il casus belli che da un’accelerazione improvvisa alla scelta, fino ad ieri latente ma effettiva, di guerra senza frontiere.
A questo reale irrazionale, alieno alla ragione ci ostiniamo a contrapporre la razionalità del progetto per un altro mondo possibile.

14 settembre 2001
Comitato sardo Gettiamo le Basi

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