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Una crocerossina all'uranio

Insieme a un ufficiale è stata contaminata dall'uranio impoverito. Entrambi sono stati in missione all'estero e vivono in Puglia che, con la Sardegna, è la regione con il maggior numero di soldati ammalati
5 gennaio 2007
Antonio Massari
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

In Puglia altre due persone contaminate dall'uranio impoverito. Si tratta di un ufficiale e di una crocerossina, entrambi residenti nella provincia di Lecce, e portano la regione in vetta a una classifica poco invidiabile: «La Puglia, insieme alla Sardegna, sono le regioni con il più alto numero di contaminazioni», spiega Falco Accame, ex presidente della Commissione difesa della Camera, attualmente presidente della Anavafaf (Associazione dei familiari delle vittime appartenenti alle forze armate). E' stato proprio Accame a denunciare l'esistenza dei due casi pugliesi: «L'ho saputo per pura casualità - continua Accame - e per ovvi motivi di privacy non posso fornire ulteriori dettagli». E che si tratti di contaminazione da uranio impoverito lo conferma anche Aldo Pugliese, segretario regionale della Uil: «Credo che sino ad oggi, in Puglia, siano stati riscontrati almeno una decina di casi», dice Pugliese, «abbiamo presentato anche un esposto alla procura di Bari». Il problema uranio in Puglia s'è acuito anche sul fronte ambientale, come sottolinea Pugliese: «L'Adriatico è tuttora infestato da centinaia di ordigni. Durante la guerra in Kosovo gli aerei Usa, prima di tornare nella base di Gioia del Colle, per sicurezza decidevano di scaricare le bombe in mare. Chiedetelo ai pescatori di Molfetta: in numerose occasioni, purtroppo, con le loro reti, invece del pesce, hanno caricato sulle barche ordigni inesplosi». L'ultimo decesso attribuibile in Puglia all'uranio impoverito è quello dell'ufficiale Alberto di Raimondo: impegnato nei Balcani, più volte in missione con i Lancieri di Novara, è morto a Pavia il 6 ottobre 2005, a 26 anni, a causa di un linfoma. L'ultimo caso riscontrato, prima dei due contaminati salentini, risale al 2006 e riguarda un maresciallo della marina militare di Grottaglie, in provincia di Taranto, che aveva prestato servizio in Iraq. In totale, solo in Puglia, tra contaminazioni e decessi i casi sarebbe almeno dieci. «Parliamo di quelli che, in qualche modo, sono venuti a galla», continua Accame, che è piuttosto restio a fornire cifre, ma ritiene che in Italia siano morti, per contaminazione da uranio impoverito, almeno 48 persone. Il primo fu Salvatore Vacca, caporalmaggiore sardo, di appena 25 anni, morto nel 1999. Fu allora che si aprì, per la prima volta, il sipario su questo orrendo fenomeno. «Sono cifre puramente indicative - commenta Accame - perché molti casi purtroppo sono rimasti sconosciuti». Le persone ammalate, invece, si aggirerebbero - fino a oggi - tra le 150 e le 300 unità. «Dati indicativi anche questi - prosegue Accame - e questa scarsità di notizie è vergognosa per un paese che si definisce civile. Vi sono casi di militari ammalatisi nella guerra del Golfo del 1991, in Somalia nel 1993, in Bosnia tra il 1994 e il 1997, e successivamente in Iraq. Dietro tutta questa vicenda - è sempre il caso di sottolinearlo - c'è la questione delle misure di protezione rispetto all'uso dei proiettili all'uranio impoverito. Gli Usa, già in Somalia, nel 1993, adottavano procedure di protezione efficaci. Il nostro governo le ha emanate solo nel novembre 1999: sei anni dopo». Ma c'è di più. «Il ministero della Difesa - conclude Accame - dovrebbe fornire ogni anno la casistica, non solo dei decessi, ma anche delle persone che si sono ammalate prestando servizio nelle forze armate. Sui casi di contaminazione da uranio impoverito non abbiamo dati. Purtroppo una cappa di segretezza copre tutta la vicenda: finora nessun caso di contaminazione da uranio impoverito è stato segnalato. Quanto conosciamo, quindi, potrebbe essere solo la punta dell'iceberg. Come si fa, senza dati, a valutare il fenomeno?». C'è poi la questione degli indennizzi, che contribuisce a rendere surreale questa drammatica vicenda: «I volontari sono esclusi dagli indennizzi - dice il presidente dell' Anavafaf - ma si tratta di un errore nella trascrizione della legge, tutta colpa di una virgola trascritta male, nel testo approvato nel 1977». Oltre al danno, quindi, la beffa. E infatti Accame ha scritto più volte al ministro della Difesa, Arturo Parisi, e in un caso particolare ha chiesto che si risolvesse proprio la questione degli indennizzi relativa a due militari sardi. Parliamo di Maurizio Serra e Gianni Fedda, morti entrambi a soli 26 anni. «Prestavano servizio nel poligono di Capo Frasca - scrive Accame al ministro Parisi - ed erano addetti allo sgombero dei detriti di proiettili, che raccoglievano a mani nude». Lettera inviata il 3 agosto 2006. «Non ho ricevuto alcuna risposta», commenta Accame. «Lo stesso è avvenuto con il presidente della Camera Fausto Bertinotti, il sottosegretario alla Difesa Marco Verzaschi e tanti altri ancora. Il centrosinistra, sull'argomento, non mi sembra diverso dal centrodestra. Anzi: nel passato governo almeno il ministro Martino ci ha ricevuti».

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