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Uno «scudo» lungo 40 anni

27 aprile 2007
Francesco Paternò
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Sono quarant'anni che fra est e ovest è battaglia virtuale di missili contro missili. Con al centro sempre un cuore politico, non una testata nucleare o convenzionale che fosse. Per questo è intrigante la suggestione fattaci da un diplomatico, secondo cui l'ira di Vladimir Putin contro l'ultima versione dello «scudo» americano nasce dal rifiuto del Pentagono, due anni fa, di un'analoga offerta di Mosca di costruire uno «scudo» insieme: «Tecnicamente impossibile, era la brutta copia di quello americano di oggi».
Nel 1967 il presidente americano Lindon B. Johnson lancia il Programma Sentinel sventolando l'ipotesi di un attacco termonucleare sovietico. «Sentinel» era, allora come oggi, uno «scudo» fatto di basi di missili terra-aria destinati a intercettare missili intercontinentali sovietici in arrivo sullle città statunitensi. Nel 1969, Richard Nixon ridisegna questo «scudo» pieno di buchi e lo pone strategicamente a difesa dei siti nucleari americani, in modo che in caso di attacco sovietico, gli Stati uniti avrebbero preservato la loro forza nucleare per colpire il nemico.
Il 26 maggio 1972, la delegazione statunitense a Mosca firma il trattato Abm, che limita l'estensione dello «scudo» di Nixon alla sola Washington e a un sito nucleare distante almeno 1.300 chilometri. Ma è nel 1983 che Ronald Reagan lancia il più formidabile strumento di pressione su Mosca: lo «scudo stellare», un sistema di satelliti anti-missile per tutta l'America. Con la sua polvere di stelle, Reagan vuole costringere l'Urss a una nuova insensata e costosa corsa gli armamenti, con l'obiettivo di accelerare il collasso interno del nemico. Lo «scudo» naturalmente non viene realizzato, mancano le basi tecnologiche (par di capire), forse i soldi da investire eppoi nel frattempo l'Urss collassa davvero. L'obiettivo americano è adesso la Nato, cioè gli alleati, che devono farsi loro stessi «scudo» degli interessi americani nel mondo, ingaggiandosi in operazioni fuori area insieme ai marines. E' la storia recente degli anni Novanta, della Jugoslavia e dei bombardamenti, con una celebrazione del nuovo corso a Washington nel 1999, per i cinquant'anni della nascita dell'Alleanza.
All'inizio dell'estate 2001, George W. Bush comincia il suo mandato rispolverando il progetto di «scudo», questa volta orientato contro il pericolo rappresentato dai cosiddetti «stati canaglia» piazzati tra il Medio Oriente e l'Asia. Ufficialmente, l'America vuole difendere dal terrorismo islamico i suoi interessi nazionali sparsi per il mondo. Non ci crede nessuno, tranne Silvio Berlusconi che, appena eletto nel maggio dello stesso anno, incontra Bush e dichiara di appoggiare totalmente il progetto di «scudo».
L'abbattimento delle Twin Towers a New York e le mura sfregiate del Pentagono indicano nel modo più clamoroso possibile che il terrorismo persegue gli stessi fini con altri mezzi, ma tant'è, il programma di riarmo di Bush va avanti, comprese un paio di guerre.
L'ultimo atto, per ora, risale all'estate scorsa. Gli americani dicono di essere pronti a varare lo «scudo» in funzione anti-Iran dopo segrete trattative con alcuni paesi dell'est europeo integrati nell'Unione e nella Nato. Gli alleati occidentali - che dovrebbero essere coperti dal sistema, con l'Italia però prima lasciata fuori e poi reintegrata in cambio di chissà che cosa - dicono di saperne poco e nulla. L'obiettivo politico di Washington, semmai il sistema missil-radaristico si facesse, è comunque già centrato: un'ipotesi di politica estera europea autonoma in Medio Oriente salta definitivamente, il vassallaggio della Old Europe (polemica americana dell'estate 2006) resta assicurato. All'ombra del solito «scudo».

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