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La Nato sempre più globale: ora vuole anche il Brasile di Lula

L'ambasciatore Usa ha auspicato l'allargamento del raggio d'azione dell'Alleanza all'America latina e in particolare al suo paese leader per la «lotta al terrorismo» e la «sicurezza energetica»
26 agosto 2007
Maurizio Matteuzzi
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

La Nato si fa global. L'Alleanza del Nord-Atlantico non solo non è sparita con la sparizione nel '91 del suo dirimpettatio, il Patto di Varsavia. Al contrario, ha via via aumentato il numero dei suoi partecipanti - oggi sono 26 -, allargato il raggio d'azione e, nel vertice di Riga del novembre 2006, cambiato la sua ragione sociale. Bosnia. Kosovo e Afghanistan sono gli esempi più vistosi del cambio di pelle. Per il momento. Nel futuro chissà. Il «terrorismo» e la «sicurezza energetica» sono «guerre» di cui la Nato ritiene di doversi occupare per molti anni a venire.
Attraverso varie formule, tutti i paesi - a patto che si riconoscano nell'egemonia e nei «valori» degli Stati uniti e dell'«Occidente» - possono ormai aspirare a essere ammessi al club: quelli che si preparano a entrare, sono nel Membership Action Plan; quelli che non entrano perché non sono ancora all'altezza ma condividono, nella Partnership for Peace (le ex repubbliche sovietiche del Caucaso e dell'Asia centrale, i «neutrali» Svizzera, Svezia, Finlandia, Austria, Irlanda); quelli «buoni» o comunque «amici» del Nord-Africa o Medio Oriente, si ritrovano nel Mediterranean Dialogue (Israele, Egitto, Algeria, Giordania, Marocco, Tunisia, Mauritania); infine l'anello più lontano ma ideologicamente vicinissimo all'asse anglo-sassone: i Contact Countries che partecipano quando c'è bisogno (Australia, Giappone, Corea del sud e Nuova Zelanda).
Si nota l'assenza vistosa dell'America latina. Negli '70 gli Usa avevano provato a lanciare l'idea di una Nato del Sud-Atlantico - la Sato - i cui membri dovevano essere il Brasile e l'Argentina dei militari gorilla su una sponda e il Sudafrica dell'apartheid sull'altra. Ma l'idea non prosperò. Nei '90 però l'Argentina del presidente Carlos Menem, grazie alla sua politica neo-liberista all'allineamento «automatico» con gli Usa (parlò di «relazioni carnali» e mandò qualche nave alla guerra del Golfo nel '91), si meritò una partnership ad honorem e il titolo di «alleato privilegiato» della Nato.
Ora gli Usa ci riprovano tentando di agganciare il Brasile, il paese leader dell'America latina e una «potenza emergente» del mondo, nella speranza che altri paesi della regione lo seguano.
La proposta è stata fatta un paio di giorni fa in un dibattito pubblico a San Paolo dall'ambasciatore Usa. Clifford Sobel, come riferiva ieri il quotidiano O Estado de São Paulo, ha parlato dell'importanza dell'allargamento del raggio d'azione Nato oltre i confini Usa ed europei attraverso «alleanze» con altri paesi e ha citato espressamente l'America del sud e il Brasile che potrebbe divenire uno dei Contact Countries o entrare nella Partnership for Peace.
Il presidente Lula non si è rivelato affatto il «rospo barbuto» e «anti-americano» che a Washington in molti temevano. Ma sembra difficile possa essere sedotto da una simile proposta. Ha fatto tanto per affossare l'Alca e ora si aggancia alla Nato? In molti sostengono che gli Usa hanno «perso» l'America latina, che ha messo la barra a sinistra e prova a uscire dalla secolare dipendenza dai dettami dell'Fmi e del «Consenso di Washington». Comunque è inquietante che Bush cerchi «rinconquistarla» e di risolvere il problema degli «stati canaglia» vecchi e nuovi - Cuba e il Venezuela, la Bolivia e forse l'Ecuador - attraverso la Nato (oltre che con il reticolo di basi e facilities militari che gli Stati uniti hanno conservato a sud del Rio Grande: Cuba, Colombia, Perù, Ecuador, Aruba e Curaçao, El Salvador, Honduras, Brasile stesso...).
Basta ricordare che la Nato ha fra i suoi «nuovi» obiettivi la «lotta al terrorismo» e la «sicurezza energetica». Il che significa, in soldoni, la «Triplice frontiera» fra Argentina, Uruguay e Paraguay, dove Washington sostiene ci siano «cellule dormienti« da Al Qaeda. Oppure il petrolio venezuelano, il gas boliviano, le riserve acquifere del bacino guaranì, le riserve di qualsiasi cosa dell'Amazzonia. Oppure, ancora, l'infinità di conflitti di frontiera antichi o nuovi tuttora irrisolti nella regione: fra Argentina e Uruguay per le papeleras sul Rio Uruguay; fra Cile, Bolivia e Perù per lo sbocco al mare; fra Ecuador e Perù; fra Venezuela e Colombia; fra Venezuela e Guyana; fra Colombia e Nicaragua; fra Guatemala e Belize...
Ci manca solo la Nato.

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