Vicenza, gli anti-base piantano alberi «E se diventasse uno spazio pubblico?»
Vicenza nostro inviato
Un corteo di alberi, «come nel Signore degli anelli, con gli Ent che si incazzano con gli umani», dice Olol Jackson, del Presidio permanente No Base. E c'è chi scomoda il Macbeth di Shakespeare per questa "foresta che cammina" tra il campeggio-festival di Rettorgole fino all'aeroporto Dal Molin, ancora civile, sebbene gli Usa e il governo italiano vogliano tramutarlo in sede della 173ma Brigata, la prima a piombare dal cielo sui teatri della guerra permanente. Aceri, carpini - «il legno più duro» - roveri, faggi - 150 in tutto, acconto del parco pubblico che tanti vicentini vorrebbero al posto dell'ennesimo sito militare così vorace di acqua, terra e cemento. Gli arbusti vengono portati in processione al ritmo di tamburi mentre dalla stazione sale un corteo di studenti in sciopero da tutto il Veneto. Il festival-campeggio chiude così, in bellezza, trascinando di nuovo 3-4mila persone a ridosso della rete dell'aeroclub popolato già all'alba di uomini e mezzi di polizia. Ma è una settimana che si tratta tenacemente col questore Rotondi e in 125 riescono a entrare per la cerimonia della semina. Le donne cantano come se andassero in campagna. Entrano anche le zappe, le vanghe e gli innaffiatoi. Non la spuntano i forconi a quattro denti sebbene siano i più adatti alla faccenda. E' l'ultima delle azioni incubate e condivise in otto giorni intensi di vita comune sotto i tendoni del festival dove s'è discusso di crisi della rappresentanza, servitù militari, di mezzi e fini del mutuo soccorso tra le resistenze popolari, coinvolgendo migliaia di persone che, magari, non avevano mai messo piede al presidio della Lobbia spuntato, a 700 metri dal campeggio, la sera di gennaio che Prodi annunciò il sì alla base.
Sono le donne del presidio ad aver fatto evaporare una diffidenza verso i pacifisti costruita ad arte da chi controlla i media. Alla partenza contestano le telecamere del Tg regionale che si occupano di loro solo quando si fanno azioni clamorose, e neanche sempre visto che la sonora fischiata di massa a Rutelli, del giorno prima, è stata snobbata dal servizio pubblico. La stampa locale dà molto spazio alle rassicurazioni del leader della Margherita che se la prende con gli «esagerati» No Base e promette risarcimenti e varianti al progetto. Ma quello che lui chiama risarcimento, la tangenziale Nord, è devastante quanto la base e le varianti non mutano il senso di una base di morte. Questo lo sanno anche quei vicentini, non molti, che si lamentano sia degli elicotteri sia dei manifestanti e sbottano nel più classico "andate a lavorare", questa sì che è antipolitica. La maggioranza di destra a Palazzo Trissino rimanda ripetutamente il consiglio prendendo per scusa la minaccia dei No Dal Molin ma c'è chi pensa che il sindaco Hullweck non abbia fretta di spiegare il bilancio in rosso della municipalizzata che fornisce acqua e gas. «La cassaforte del comune - la definisce Franca Equizi, consigliera espulsa dalla Lega perché intransigente sul No alla Base - ha chiuso in perdita per via di operazioni su cui indagano guardia di finanza e magistrati».
Ma torniamo in corteo dove, mescolato a studenti e saccoapelisti, c'è un buon numero di giovani comunisti di varie città. Il responsabile nazionale Gc degli studenti, Domenico Ragozzino, spiega che la questione Dal Molin è ancora «troppo marginale» nel dibattito politico che dovrebbe «irrompere anche nella costruzione della manifestazione del 20 ottobre». «La gente ci chiede che succeda qualcosa a Roma, in Parlamento - dice il segretario provinciale Prc, Ezio Lovato - è la prima volta in vita mia che vengo percepito come uno che sta dall'altra parte della barricata». «Se si parla di mancato rispetto del programma, questo di Vicenza è un punto cruciale», dice Tiziana Valpiana, senatrice veneta di Rifondazione, una dei 150 parlamentari ad aver spedito a Prodi una proposta di moratoria dei lavori fino alla conferenza sulle servitù militari promessa dal programma dell'Unione. «Beh, Prodi non ci ha nemmeno risposto». E, se Franco Turigliatto, senatore di Sinistra critica, è scettico sull'ipotesi che i promotori del 20 mettano in agenda Vicenza («Nemmeno chiedono il ritiro dell'accordo su welfare e pensioni»), c'è Paolo Cacciari che azzarda il «sogno» che quella giornata sia addirittura aperta dai No Dal Molin «in tutta la loro autonomia - spiega - perché è una vertenza che racchiude valori costituenti (pace, beni comuni, democrazia partecipata) di tutta la coalizione». Cacciari e Valpiana sperano che a Washington possa cambiare presto qualcosa. Che si avveri quello che pensa David Anthony Scalia, meccanico ciclista italo-americano che vorrebbe trasferirsi nel Vermont ed è contro la Base: «Perché buttarci dei soldi quando 40 milioni di statunitensi sono senza assicurazione medica?».
E i vicentini cosa faranno? Intanto per tre giorni, a dicembre, si confronteranno con vertenze simili in Europa. Sì, ma il 20 ottobre? «Ne parleremo in assemblea», dice Cinzia Bottene, una delle portavoci del presidio.
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