Vicenza, prima le migliaia di fischi a Rutelli poi si piantano alberi per fermare nuove basi
Vicenza nostro inviato
«Fate bene, bravi!», strilla un signore dal finestrino della sua Mercedes nera al passaggio dei mille No Dal Molin che circumnavigano la Caserma Ederle, la base che già c'è, a sud-est di Vicenza. «Ce lo dicono in tanti ma loro mica si aggregano», scrolla il capo una ragazza che spinge la bici. L'assedio, certo, è simbolico, ma si lascia dietro la rete arancione usata per i cantieri a perimetrare la riappropriazione sognata del territorio sottratto dalle basi. Il corteo cambia il nome alle strade - Via la Base, Largo alla Pace - ribalta il senso dei cartelli gialli che avvertono del limite della zona militare, appende al recinto della caserma striscioni su pace, diritti e tutele per i lavoratori. Anche per chi lavora con gli americani perché la lobby militare industriale che ha voluto cedere l'ennesimo pezzo pregiato di territorio, l'aeroporto Dal Molin (a nord della città), alla 173ma brigata aviotrasportata Usa, la prima a piombare nei teatri della guerra globale, si fa ostaggio di alcune centinaia di dipendenti civili di Ederle. Un "vecchio", che ha fatto il partigiano, e a Genova è incappato nelle manganellate della Diaz, si sgola a invitare alla diserzione i soldati invisibili dietro il recinto. Stephany, statunitense contro la guerra, parla al megafono ai suoi connazionali in divisa: «Non ce l'abbiamo con voi, ma con chi vi manda in guerra».
A un certo punto si sente contare, «10, 9, 8…», il count-down serve a sincronizzare il cacerolazo, colonna sonora di un anno di mobilitazioni ininterrotte. La stessa musica riservata a Prodi a Trento, a giugno, e che accoglie Rutelli, in tournée al Teatro Olimpico per gli Oscar del Teatro reduce da una analoga contestazione poco prima a Schio, non certo per acclamare l'ex obiettore, ex anticlericale, ex ambientalista, ora vicepremier di Prodi.
E se erano campeggiatori, per lo più, quelli che sfilavano alle tre di un pomeriggio feriale ché i vicentini adulti sono a lavorare. Tre ore dopo saranno forse il doppio, tutti insieme ad aspettare Rutelli, in Piazza Matteotti, motivati dalle parole di Alex Zanotelli. Il fracasso di fischi e pentole e bonghi è forte come le parole del comboniano giunto apposta dal Rione Sanità di Napoli e accompagna la passerella di vip locali in tiro per l'occasione. Rutelli, agli Oscar dell'anno scorso, aveva detto che un No di Vicenza sarebbe stato decisivo. La città ha detto no in tutte le lingue che conosceva e in quelle che ha imparato dai movimenti, ma don Circostanzo-Rutelli ha sentito solo il sì del sindaco Hullweck, ex camicia nera, ex camicia verde, attualmente col doppiopetto forzista. Lui e il capo della Confindustria locale gli artefici dell'accordo col Pentagono, Prodi, invece, quello che ha posato una pietra tombale sulle speranze della città, con l'editto da Bucarest. Anche Zanotelli dà voce alla «profonda delusione» del popolo della pace per politiche militariste «peggiori di quelle del governo Berlusconi». E giù le cifre di una finanziaria che ha fatto impennare del 12% le spese per la Difesa, per la ricerca bellica, e quelle più agghiaccianti dell'accordo per costruire a Cameri 4500 caccia F35, 110 milioni cadauno. E il 61% di crescita dell'export di armi dal 2005. «Se a Vicenza si vincesse - pensa a voce alta il missionario - sarebbe anche un impulso eccezionale per il resto del pacifismo che mi pare sbriciolato». «Quando Lula fu eletto nel 2001 - ricorda Haidi Giuliani, senatrice del Prc - disse ai suoi che avrebbero dovuto gridare più forte perché adesso lui sarebbe stato assordato dalla voce del fondo monetario». Una dinamica simile potrebbe essere quella che è accaduta dopo il 9 aprile: «Forse - esorta Haidi - non ci facciamo sentire abbastanza».
Il festival-campeggio, che chiude domani dopo 9 giorni, sta attirando di nuovo sul laboratorio vicentino, le attenzioni e i saperi delle reti di movimento. Cruciale, dice la milanese Rosa Calderazzi, il ruolo delle donne del presidio nel collegare le diverse sensibilità. I partecipanti alle iniziative sono migliaia, centinaia quelli che restano a dormire. Oggi altri due cortei, uno dal campo, l'altro degli studenti dalla stazione, raggiungeranno l'aeroporto, unico polmone verde e situato su una falda acquifera cruciale. L'Altrocomune, così si sono ribattezzati i campeggiatori e quelli del presidio permanente, vuole piantarci centinaia di pini invece di vederci spuntare una caserma. Finora non s'è registrato alcun tipo di tensione, lo sguardo della questura è apparso discreto e chi manifesta, ha deciso di isolare chiunque non rispetti il patto di resistere e prevenire le provocazioni. Se ne è discusso a lungo nelle assemblee tra ex disobbedienti e nonviolenti, e la condivisione è totale.
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