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Roberto ucciso dalla fabbrica della morte

Aveva 35anni è morto in seguito a una esplosione di razzi illuminanti nel reparto 22 della "Simmel Difesa". Rifondazione denuncia: «Nessuno sa quali armi si producono lì dentro»
10 ottobre 2007
Davide Varì
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

Ed allora venne costruita il "polverificio B.P.D" ed un primo villaggio, il "Villaggio B.P.D", costruito su misura per gli operai ed i loro familiari.
Per questo Colleferro è la sua industria di armi. Ed è per questo che i colleghi di Roberto non vogliono parlare della Simmel Difesa. Neanche la morte di quel giovane collega di lavoro li sposta di un millimetro. Sanno bene che i quadri di quella fabbrica, i padroni hanno il coltello dalla parte del manico, sanno bene di aver firmato «varie cartacce - dice uno di loro che vuol restare anonimo - in cui si dichiara di non rivelare a nessuno le attività della Simmel».
Nessuno può dire che genere di armi si preparano. Neanche la sorella di Simone, ragazzo rimasto ferito, sa nulla: « Mio fratello non mia ha mai parlato del suo lavoro: diceva solo che era un incarico segreto».
Terribile la dinamica dell'incidente: Sono le 10 e 10 di mattina. Roberto e Simone entrano nella "sala dell'impastatrice". Devono versare la miscela in un grande contenitore di alluminio. Qualcosa però va storto. Forse un residuo che non doveva esserci, forse una , fatto sta che qualcosa fa reazione, provoca una scintilla e innesta l'esplosione. «Ho sentito un botto pazzesco - dice ancora sotto shock Claudio, dipendente Simmel da 25 anni - poi ho visto pezzi di ferro volare ovunque. Un inferno. Un inferno», ripete piangendo. «È stato spaventoso - continua l'operaio - e ci siamo immediatamente buttati a terra».
C'è una strana abitudine, rassegnazione a Colleferro. Ancora si tramanda il ricordo del "grande scoppio" del 29 gennaio 1938. Morirono 60 persone allora e ne rimasero ferite più di mille. Anche allora si costruivano bombe. Le esplosioni che si susseguirono furono due: dopo il primo scoppio si sviluppò un incendio che generò la seconda esplosione,
molto più violenta della prima, avvenuta nel reparto del tritolo.
Oggi, dopo quasi sessant'anni quell'incubo rivive. Oggi, dopo tanto tempo, Colleferro piange un suo figlio. Il sindaco ha proclamato il lutto cittadino, e la Cgil 4 ore di sciopero. Bertinotti esprime il proprio cordoglio, Franco Giordano parla di «guerra unilaterale delle imprese contro il mondo del lavoro», con rifondazione che chiede a gran voce chiarimenti sulle produzioni di quella fabbrica: «Quanto accaduto questa mattina- spiega Elettra Deiana - non è un caso isolato. In Italia ci sono molte situazioni ad alto rischio che riguardano non solo la produzione di guerra». Una critica dura ripresa e rilanciata da Nando Simeone: «Da anni denunciamo - prosegue Simeone - insieme ai movimenti e alla società civile di Colleferro, la pericolosità della produzione bellica di quelle fabbriche, di per se già eticamente da respingere perchè in una logica di guerra, e perchè altamente inquinanti. Oggi - spiega il consigliere del Prc - purtroppo constatiamo anche la pericolosità, già annunciata, per la sicurezza dei lavoratori».
Alessandra Tibaldi, assessore a lavoro della Regione Lazio chiede un Tavolo, un luogo di confronto tra associazioni, partiti ed associazioni per discutere il futuro e la possibile riconversione di quella fabbrica. Duro il comunicato di Massimo Maugeri del «coordinamento contro la Guerra» di Colleferro: «Dal 1997 ci battiamo contro questa fabbrica. Ci dicono che non producono le cluster bomb ma noi sappiamo che nel catalogo in produzione ci sono sub munizioni molto simili». Intanto, domani sarà il momento del ricordo con una giornata di lutto cittadino ed un corteo di protesta.

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