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Il Poligono dei veleni e dei misteri

Salto di Quirra, ancora morti sospette per leucemia. Parla il padre di una giovane vittima: "Voglio solo sapere la verità". Ciampi promette attenzione
Walter Falgio
Fonte: Liberazione - 26 ottobre 2003

Altri due morti negli ultimi due mesi.
Altri nomi si aggiungono al lungo elenco di vittime della Sindrome di Quirra. Due giovani, 37 e 27 anni, dei quali non citiamo i nomi per rispettare la volontà dei familiari. Un lavoratore di un’azienda agricola di Quirra ammalato di tumore è morto il 14 ottobre. (La stessa sorte aveva colpito il fratello a marzo). Un militare in servizio nel vicino poligono militare a cavallo tra le provincie di Cagliari e Nuoro è mancato il 27 luglio. Il referto medico parla di leucemia. Le ultime croci si aggiungono a quella di Monica Utzeri. Anche lei giovane, trentottenne mamma di due figli stroncata dallo stesso male lo scorso 18 giugno. Anche lei residente in uno dei paesi che come vertici di un quadrilatero racchiudono i 12mila ettari del Poligono sperimentale interforze Salto di Quirra. San Vito a due passi da Villaputzu, più a nord Escalaplano e Perdasdefogu, accomunati dalla sequela di lutti e malformazioni.

«Voglio solo sapere la verità e non si dica che sto speculando sulla morte di mia figlia». Dante è il padre di Monica. Descrive con tono severo e deciso la sua tragedia familiare: «Quando si muore giovani il dolore è più forte. I miei nipotini di 9 e 14 anni adesso e come se fossero soli. In più, anche il grande ha contratto la leucemia». L’impotenza di fronte a un male che serpeggia senza tregua è la principale nemica di Dante. «Da quando Monica è mancata il bollettino delle morti sospette tra la popolazione è salito da 15 a 19, senza considerare quelli che sono attualmente ammalati e i bambini focomelici di Escalaplano e Pertdasdefogu. Penso che questi dati parlino da soli. Il problema è che molti non vogliono esporsi. Si teme che il poligono chiuda e che la gente che ci lavora finisca a casa».

Test missilistici nel poligono sardo di Salto di Quirra (da Liberazione del 26 ottobre 2003) Le cause di una così alta incidenza di tumori in una così limitata zona dell’isola ufficialmente non si conoscono. È noto che i sospetti ricadano sull’uso di armi all’uranio impoverito e sulle emissioni elettromagnetiche dei radar militari. Ma al momento l’unica indagine sulla popolazione diffusa l’anno scorso dall’azienda sanitaria locale di Cagliari non riporta risultati convincenti e specialmente non si basa su campioni rappresentativi. Qualche giorno fa il consigliere militare del presidente della Repubblica, rispondendo a un appello del Comitato gettiamo le basi, informava che i controlli scientifici nel poligono curati dall’Università di Siena per conto della Difesa dovrebbero essere resi noti in estate e che il capo dello Stato ne segue con attenzione gli sviluppi.

In occasione di una recente visita alla base di Perdasdefogu aperta a sindaci, giornalisti e associazioni, il comandante Carlo Landi aveva riportato anche i risultati di un’inchesta della Procura militare. «La radioattività riscontrata è compatibile con quella naturale e inferiore alla media nazionale», sostiene Landi. Nella stessa occasione era stata manifestata da parte di un gruppo di amministratori locali l’esigenza di condurre screening più approfonditi. «Scoprire che esiste una bassa radioattività a Quirra non è certo una novità», dice la portavoce di Gettiamo le basi, Mariella Cao, che ha pure divulgato un elenco di dieci militari che hanno prestato servizio nel poligono e che sono stati colpiti da tumore, compresa l’ultima vittima che oggi riportiamo. «I problemi riguardano la tossicità delle polveri inspirate dall’uomo», continua Cao citando il parere del fisico Enrico Pieroni: «La bassa radioattività ambientale non dimostra scientificamente l’assenza o meno di uranio nel terreno. Gli isotopi presenti nell’uranio impoverito (e il nome già indica che la parte più energetica e quindi più radioattiva è stata prelevata) emettono particelle debolissime che sono fermate anche da un foglio di carta. Il rischio è che pochi grammi di polvere di questo terreno siano ingeriti, penetrino nelle cellule causando mutazioni e tumori». Questi e altri dati, contenuti in un volantino, sono stati divulgati ieri mattina dal Comitato e dalla Rete Lilliput in occasione di un convegno organizzato dal Comando regionale sulla sanità. Risultato: allontanamento e identificazione dei pericolosi attivisti.

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