All’inizio, quando le trattative sulla Finanziaria erano appena avviate, sembrava che il governo avesse intenzione di ridurre le spese militari nell’ambito dei consueti tagli alla spese pubblica. Poi però contro il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, colpevole di aver avanzato tale ipotesi, è partito l’attacco dei generali e, soprattutto, del ministro della Difesa Arturo Parisi, il quale ha minacciato a mezzo stampa che, se i tagli fossero stati confermati, il Nuovo Modello di Difesa – cioè l’esercito dei professionisti – sarebbe andato in crisi e la leva obbligatoria sarebbe stata ripristinata. Tanto è bastato non solo a rinunciare ai risparmi ma anzi prevedere un cospicuo aumento della spesa militare nonostante Prodi e i suoi alleati nel “Programma di governo 2006-2011” abbiano scritto che l’Unione si impegna “a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti”.
E infatti, in base a quanto previsto dalla Finanziaria 2008 che il Parlamento ha appena cominciato a discutere, per i grandi sistemi d’arma (quindi non le dotazioni ordinarie delle Forze Armate che pure sono previste, ma per aerei caccia e navi da guerra) l’Italia spenderà più di un miliardo e 200 milioni di euro, e si impegna a spenderne almeno altri cinque nei prossimi tre anni. Ma non solo quella per i sistemi d’arma: è l’intera spesa militare (cioè il funzionamento ordinario delle quattro Forze armate, le missioni all’estero e il finanziamento pubblico al comparto militar-industriale) che, secondo la legge Finanziaria varata dal governo, dovrebbe crescere di oltre l’11% rispetto allo scorso anno – quando già c’era stato un incremento dell’11,3% rispetto al 2006 –, aumentando di oltre 2.341 milioni di euro e raggiungendo la cifra record di 23 miliardi e 352 milioni di euro (di cui 20.928 milioni dal bilancio preventivo della Difesa e 2.424 aggiunti dalla Finanziaria).
Sono le cifre che emergono dal rapporto sulla Finanziaria 2008 curato dalla campagna Sbilanciamoci! che ha il merito di aggregare tutti le spese militari e per gli armamenti solitamente suddivise in diversi capitoli di bilancio ripartiti fra vari ministeri. A lievitare è soprattutto la “funzione Difesa” – le spese per il mantenimento di esercito, aeronautica e marina – che assorbe buona parte del finanziamento complessivo, oltre 15 miliardi di euro. E il 60% di questa cifra viene impiegato per pagare gli stipendi del personale. “Il problema nasce quando, con il congelamento della leva obbligatoria ed il passaggio a Forze Armate esclusivamente reclutate su base volontaria – si legge nel rapporto di Sbilanciamoci – si è deciso, per non scontentare troppo i vertici militari, di portare le nostre Forze armate ad una consistenza di 190mila uomini”, dei quali attualmente oltre 100mila sono ufficiali e sottoufficiali. Un esercito, quindi, in cui i ‘comandanti’ sono più numerosi dei ‘comandati’, tanto che lo stesso Capo di Stato Maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, in un’audizione alla commissione Difesa della Camera, ha ammesso che nelle Forze Armate italiane ci sono 39.120 marescialli e 2.813 ufficiali in più rispetto a quelli stabiliti.
Quasi 5 miliardi e mezzo di euro vengono destinati ai carabinieri – che dall’ottobre del 2000 sono la quarta Forza Armata italiana, soprattutto per volontà dell’ex premier Massimo D’Alema – e i restanti 3 miliardi, tolte alcune spese ‘secondarie’ (come il pagamento delle pensioni provvisorie o l’accisa sui carburanti), vengono impiegati per il finanziamento delle missioni militari all’estero, per i sistemi d’arma e per l’industria della Difesa. Sono 27, attualmente, le missioni all’estero (in 19 Paesi), che coinvolgono quasi 8mila militari e che costeranno, in base a quanto previsto dalla Finanziaria, 1 miliardo di euro. Le spese sono assorbite soprattutto dalle tre missioni principali: Isaf in Afghanistan, 2.290 militari e 310 milioni di euro di costo; Unifil in Libano, 2.400 soldati e 380 milioni di euro; infine la missione nei Balcani, dove ci sono ancora 2.600 militari per un costo di 190 milioni di euro.
Per quanto riguarda le politiche di riarmo, l’Italia partecipa a due grandi programmi internazionali, finalizzati alla costruzione di aerei da guerra: il caccia europeo Eurofighter (consorzio formato da Italia, Germania, Gran Bretagna e Spagna) e il cacciabombardiere Nato Joint Strike Fighter (consorzio Italia, Usa, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Canada, Danimarca, Norvegia, Australia e Turchia). Per l’Eurofighter – di cui l’Italia acquisterà 121 esemplari – la Finanziaria 2008 stanzia 968 milioni di euro (e, fino al 2012, l’impegno di spesa previsto è di 5 miliardi e 400 milioni di euro), mentre per il Jsf – l’Italia ne vorrebbe acquistare 131, in parte assemblati nell’aeroporto di Cameri (No), dove il 4 novembre si è svolta una manifestazione promossa dalla rete Disarmiamoli – verranno spesi oltre 100 milioni di euro (ma i costi del programma, che durerà non meno di 40 anni, potrebbero raggiungere cifre al momento imprevedibili). Poi ci sono 155 milioni di euro per le navi da guerra Fremm (Fregata europea multisessione) e 20 milioni di euro per altri sistemi di difesa.
I generali, dallo Stato Maggiore all’industria armiera
Si tratta – soprattutto l’Eurofighetr e il Jsf – di programmi di lunghissima durata, di costo spropositato e viziati da un poco noto conflitto di interessi: infatti molte aziende armiere italiane sono guidate da ex generali che fino a qualche anno fa erano ai vertici della Difesa; in quella veste proponevano e sostenevano i progetti di riarmo che, approvati dai governi, ora vengono realizzati da quelle stesse aziende di cui sono presidenti o consiglieri di amministrazione. Come, per esempio, l'ammiraglio Guido Venturoni, Capo di Stato maggiore della Marina dal 1992 al 1993 e della Difesa dal 1994 al 1999, e ora membro del Cda di Finmeccanica e presidente di Selex Communications (gruppo Finmeccanica: si occupa di sistemi per le telecomunicazioni militari); il generale Mario Arpino, Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica dal 1995 al 1999 e della Difesa dal 1999 al 2001, attualmente presidente della Vitrociset (sistemi aerospaziali, radar e telecomunicazioni); l'ammiraglio Umberto Guarnieri, Capo di Stato Maggiore della Marina dal 1998 al 2001, adesso presidente di Orizzonte Sistemi Navali (gruppo Finmeccanica: si occupa di unità navali militari); il generale Sandro Ferracuti, capo di Stato maggiore dell'Aeronautica dal 2001 al 2004, ora presidente di Ams (gruppo Finmeccanica: si occupa di radar e apparati elettronici militari); l'ammiraglio Marcello De Donno, capo di Stato maggiore della Marina dal 2001 al 2004, attualmente presidente di Agusta (gruppo Finmeccanica: costruisce elicotteri); e il generale Giulio Fraticelli, capo di Stato Maggiore dell'Esercito dal 2003 al 2005, adesso presidente della Oto Melara (gruppo Finmeccanica: produce artiglierie navali), fra l’altro in palese violazione della legge 185/90 che vieta ai generali di assumere incarichi dirigenziali nelle industrie armiere se non sono trascorsi almeno tre anni dal loro congedo.
L’unico taglio degno di nota – segnala il rapporto di Sbilanciamoci! – arriva dalla riduzione dei tribunali militari che passano da nove a tre, con il conseguente trasferimento di 50 magistrati alla Magistratura ordinaria e un risparmio di 848 milioni di euro nel 2008 (e poco più di 2.800 milioni nei due anni successivi). Risparmi che però, come si è visto, sono stati abbondantemente assorbiti dalla crescita delle spese in tutti gli altri comparti.
Massimo Paolicelli: Finanziaria vergognosa, taglia gli insegnanti, compra i cacciabombardieri
Approfondiamo la questione con Massimo Paolicelli, presidente dell’Associazione Obiettori Nonviolenti e autore della sezione relativa alle spese militari del rapporto della campagna Sbilanciamoci! sulla Finanziaria 2008.
Per il secondo anno consecutivo il governo di centro-sinistra decide di incrementare le spese militari. Come valuti questa scelta?
È vergognoso che in due anni le spese militari del nostro Paese siano aumentate di più del 20%, raggiungendo la cifra record di oltre 23 miliardi di euro. E questo mentre ci viene detto che non ci sono i soldi per gli insegnanti di sostegno nelle scuole e il servizio civile volontario viene sempre più ridimensionato. I soldi quindi ci sono, ma il governo sceglie di impiegarli per le Forze armate piuttosto che per fare fronte ad altre necessità.
Come si spiega una spesa così elevata?
Bisogna soprattutto tener conto di due elementi: i costosissimi programmi internazionali di riarmo a cui l’Italia partecipa e il numero eccessivo di militari che compongono le Forze armate. Abbiamo oltre 185mila militari in servizio, sui 190mila previsti, e di questi più di 100mila, quindi la maggioranza, sono graduati: 25mila ufficiali e 75mila sottoufficiali, di cui oltre 63mila marescialli. Tanto che lo stesso Capo di Stato Maggiore della Difesa ha detto pubblicamente che ci sono più di 39mila marescialli e quasi 3mila ufficiali in più rispetto a quelli stabiliti. Visto che con la Finanziaria si lasciano a casa 33mila insegnanti, non capisco perché non si potrebbero trasferire i 40mila marescialli alla Protezione civile – ci si ricorda l’emergenza incendi della scorsa estate? – oppure nella Pubblica sicurezza, sostituendo migliaia di poliziotti bloccati in attività di ufficio che così potrebbero essere impiegati in mansioni operative.
Poi ci sono i sistemi d’arma...
Esatto. Ci si imbarca in progetti faraonici con ambizioni da superpotenza, sperperando ingenti cifre di soldi pubblici, e poi non si hanno i soldi per carburante e pezzi di ricambio. La nuova portaerei Cavour, che dovrebbe entrare in servizio proprio il prossimo anno, ci è costata 1.390 milioni di euro. Oppure l’Eurofighter, un programma per lo sviluppo di velivoli per la difesa area con compito primario di contrasto delle forze aeree avversarie e con capacità secondaria di svolgere missioni di attacco al suolo il cui completamento è previsto nel 2015 con costi di oltre 18 miliardi di euro; la Corte dei Conti è intervenuta più volte su questo progetto per denunciare sia il continuo lievitare dei costi che per i tempi lunghi, che ci hanno costretto a prendere in attesa del suo arrivo dei Tornado in leasing. E poi la ‘ciliegina sulla torta’: il Joint Strike Fighter, un cacciabombardiere, in grado di portare anche bombe atomiche, che verrà costruito in collaborazione con gli Usa e con altri 6 Paesi. Si tratta del programma più dispendioso della storia della difesa degli Stati Uniti, il cui costo complessivo dovrebbe aggirarsi intorno ai 275 miliardi di dollari per 2.700 veivoli. L’Italia, che vuole acquistare 131 esemplari, per il momento spenderà 158 milioni di dollari entro il 2011, ed altri 745 milioni di dollari dal 2012 al 2046, ma si parla di un costo globale di oltre 20 miliardi di euro. Ma oltre ai costi esagerati, mi chiedo: sulla base della nostra Costituzione, che esclude la guerra, cosa dobbiamo farci di questo aereo, chi dobbiamo andare a bombardare?
E il servizio civile?
C’è un piccolissimo incremento rispetto allo scorso anno visto che i fondi passano da 257 a 303 milioni di euro, ma sono comunque insufficienti per far partire tutti i giovani che lo vorrebbero: ci sono 120mila posti messi a disposizione dagli enti, ma con queste cifre verranno avviati al servizio non più di 40-50mila volontari.
Quali sono le proposte che “Sbilanciamoci!” fa al Parlamento in avvio di dibattito sulla Finanziaria?
Innanzitutto la riduzione delle spese per i programmi di riarmo e per il funzionamento delle Forze armate, attraverso la mobilità o il prepensionamento di almeno 20mila marescialli considerati dalla stessa amministrazione come “eccedenze organiche”. Poi la fine della partecipazione all’attuale missione militare in Afghanistan e la sua sostituzione con altro tipo di intervento rigorosamente dentro il quadro delle Nazioni Unite. Solo in questo modo si risparmierebbero oltre 4 miliardi di euro che consentirebbero di avviare il percorso di riconversione dell’industria bellica, di potenziare il Servizio civile nazionale, di dare vita ai Corpi civili di pace per le operazione di peacekeeping nelle aree a rischio di conflitto e di creare un Istituto di ricerche per la Pace che, come succede in altri Paesi europei come Svezia e Norvegia, possa realizzare ricerche a sostegno della pace e del disarmo.
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