Pecoraro Scanio mette il veto al Dal Molin
Con la sollecitazione vibrante di Pietro Ingrao (il padre nobile che invita all'«unità subito» ed è accolto da una standing ovation), con l'entusiasmo per le riflessioni di Nichi Vendola (promosso dalla platea al ruolo di potenziale leader), con i moniti dei quattro segretari Giordano, Diliberto, Mussi e Pecoraro Scanio («Non possiamo contare meno di Dini, Binetti o Bordon»), con la classica «Bella Ciao» e con la altrettanto classica protesta rumorosa di pacifisti e ambientalisti (contro l'ampliamento della base Usa di Vicenza), la Cosa rossa si trasforma in «La Sinistra-L'Arcobaleno», mettendo insieme Prc, Pdci, Verdi e Sd con l'ambizione di superare il 15 per cento del consenso elettorale. La strada da fare è ancora lunga, per la definitiva aggregazione, ma Giordano e Mussi spingono perché già alle amministrative del 2008 ci si presenti con una lista, un simbolo e un programma comuni.
Per ora, di comune e aggregante c'è l'antipatia politica per il Partito democratico («Tecnocratico, neocentrista, elitario», denuncia Giordano) e l'ansia di mostrare i muscoli. Sulla norma contro l'omofobia inserita nel decreto sicurezza, per esempio: «Su questa norma di civiltà - grida dal palco Diliberto - non si torna indietro. Alla Camera non verrà modificata, prendiamo un impegno preciso». O sull'ampliamento della base di Vicenza. Ai manifestanti del «No Dal Molin», il ministro Pecoraro Scanio promette: «Verrà fatto di tutto perché i lavori della base non vengano fatti. Senza la Valutazione di impatto ambientale non si farà proprio nulla. Noi vogliamo che si rinunci alla base americana, che non era nel programma della coalizione».
I comitati «No Dal Molin», ieri mattina, con bandiere, fischietti e sirene antiaeree, presidiavano gli ingressi alla Nuova Fiera di Roma, dove appunto si tenevano gli Stati generali della Cosa rossa. Un sit in rumoroso, con grandi striscioni «Governo Prodi vergogna, Vicenza non si vende» o «Governo Giuda hai venduto l'anima: non ti riconosciamo». Poi, i comitati «No Dal Molin» sono entrati in sala ed hanno occupato il palco congressuale con un lungo striscione «Moratoria subito».
Cinzia Bottene, dell'associazione No Dal Molin, è durissima con i parlamentari della Cosa rossa, che non farebbero abbastanza: «È un anno e mezzo che ci stanno prendendo in giro: non si tratta affatto di un semplice ampliamento visto che la base Usa, ora, è a sette chilometri di distanza. Non possiamo riconoscerci in un governo che svende una città e i suoi cittadini». E ancora: «Se volete portare, insomma, la spilla della pace sul petto non dovete permettere la costruzione di questa base che sarebbe la più grande base Usa in Europa. E non agitateci lo spauracchio di Berlusconi - conclude la Bottene - perché il governo Prodi ha aumentato di molto le spese militari rispetto al governo precedente».
Quando scende dal palco, dove ha chiesto anche di aiutare l'organizzazione della manifestazione in programma per sabato, la Bottene riceve gli applausi e gli abbracci dei parlamentari che ha appena rimproverato. Ma avverte: «Ci hanno fatto tante promesse ma non ci credo molto. Vogliamo subito una moratoria e se non faranno nulla lo scollamento tra loro e la base elettorale sarà definitivo».
Questi Stati generali della sinistra radicale, oltre ad una certa ansia di rivincita contro la maggioranza («Non possiamo più accettare che il voltagabbana di turno conti più di un terzo della coalizione», protesta Giordano) e contro il presunto annacquamento del Pd («Sono convinto che capitalismo è incompatibile con il pianeta terra», fa sapere Mussi) sono anche l'occasione per una formale e pubblica riconciliazione tra chi si è diviso in passato, come il Pdci di Diliberto nato appunto da una scissione da Rifondazione.
E la mano tesa arriva proprio da Diliberto: «Noi siamo tutti reduci di qualcosa. Abbiamo alle spalle decenni di incomprensioni e scissioni. Basta con le tossine del reducismo e, per quanto mi riguarda, lo dico convintamente: tutto questo è alle nostre spalle».
Nella carrellata di interventi, spiccano le parole di Ingrao, che sabato aveva disertato l'assemblea suscitando non poco imbarazzo in Prc, e ieri è invece salito sul palco per dire: «Faccio una raccomandazione perché i vecchi fanno sempre le prediche e la mia raccomandazione è una sola: fate presto perché la vostra unità urge e il Paese ne ha bisogno».
Ma anche e soprattutto l'intervento di Nichi Vendola, che ha spronato il popolo della sinistra: «Serve il coraggio di una nuova nascita». Tra gli applausi, Vendola ha criticato aspramente la politica «confinata nei talk show» ed invito ad avere forza e coraggio per «l'atto di ricominciamento» che la sinistra deve fare per tornare ad essere davvero incisiva.
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