I paDroni della guerra è un articolo che Michelangelo Cocco ha scritto sul Manifesto riprendendo uno studio che analizza le conseguenze giuridiche (violazione della sovranità di un paese come nel caso del Pakistan) e umane (vittime civili innocenti) provocate dall'uso degli aerei senza pilota da combattimento (attacco al suolo/appoggio tattico).
An Analysis of Drone Strikes in Pakistan
http://www.newamerica.net/publications/policy/revenge_drones
E' indiscutibile che per Obama piuttosto che per Gates e il suo entourage (anzi dopo l'arrivo di Gates al Pentagono l'uso degli UAV è salito vertiginosamente), questi dispositivi svolgano un ruolo fondamentale nella guerra di quarta generazione tanto che il budget destinato alla difesa per il Fiscal Year 2010 (FY) destina 2 miliardi di dollari da investire in ricerca, sviluppo e sperimentazione dei sistemi ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance). Pertanto entro il 2011 dovranno arrivare altri 50 aeromobili senza pilota con l'intenzione di accrescere l'impiego del 62% rispetto a oggi.
Nella dottrina del potere aereo gli UAV rappresentano una opportunità in tempo reale per comprendere le intenzioni del nemico e reperire informazioni, ma ciò che deve allarmare di più e non solo, è che tutte queste funzioni, compresa quella letale dei sistemi d'arma imbarcati, verrano programmate in modo tale che gli UAV opereranno autonomamente. Cosicchè oltre a garantire una sorveglianza efficace e un attacco "senza mettere a rischio un uomo", si sostituirà anche la richiesta di banda larga con l'intelligenza artificiale.
Nel maggio 2009 durante un'audizione presso il Congresso circa il futuro dell'aviazione tattica, l'ammiraglio Mullen ha affermato che gli aerei senza pilota rappresenteranno il futuro dell'aviazione militare statunitense. "Siamo in un momento di reale transizione" per cui il caccia Joint Strike Fighter attualmente in fase di costruzione, potrebbe essere l'ultimo con equipaggio a bordo. Ci troviamo di fronte ad un nuovo mito, quello degli aerei senza pilota, il robot, come fu quello della tecnologia stealth?
Il dibattito "uomo contro la macchina" stando al FY 2010 (11,2 miliardi per 30 F-35) per ora mostrerebbe che è molto più probabile che proprio questo stesso velivolo possa essere studiato per servire da ponte a futuri caccia che dovranno essere opzionalmente pilotabili.
Lockheed Martin reveals plans for unmanned F-35 JSF among other new UAV concepts
http://www.flightglobal.com/articles/2006/08/15/208488/lockheed-martin-reveals-plans-for-unmanned-f-35-jsf-among-other-new-uav.html
http://www.fas.org/sgp/crs/natsec/RS20859.pdf
di Michelangelo Cocco dal Manifesto
I paDroni DELLA GUERRA
Per 5000 anni combattere ha implicato la possibilità di essere uccisi. Con gli aerei senza pilota oggi gli Usa affrontano i conflitti come fossero video game. Ma l'uso dei droni è sotto accusa, in Pakistan e a Washington
Un quarto d'ora dopo aver sparato missili sui Distretti tribali del Pakistan, il capitano Dan varca la porta di casa - a pochi chilometri dalla base dell'aeronautica militare di Creech, a Indian springs, nel deserto del Nevada -, riabbraccia moglie e figli e siede a tavola per cena. La sua impresa è stata resa possibile da uno degli oltre 200 «unmanned aerial vehicle» (UAV) in possesso dell'esercito statunitense. Aerei senza pilota o, più semplicemente, droni, guidati - con joystick, tastiere e monitor - da migliaia di chilometri dall'obiettivo da colpire, e con le operazioni seguite passo dopo passo dal quartier generale della Cia a Langley, in Virginia.
Il modello più evoluto si chiama MQ-9 «reaper», letteralmente «falciatore», e ha una capacità distruttiva maggiore del suo predecessore, il «predator», di cui sono in servizio 195 esemplari: undici metri di lunghezza, un'apertura alare di 20, i 28 «reaper» americani sono vere e proprie macchine da guerra: a pieno carico possono volare, notte e giorno, per 14 ore consecutive, trasportando bombe GBU-12 a guida laser e missili aria-terra AGM-114 Hellfire. Attraverso un sistema di satelliti e antenne, il comando impartito dalla base di Creech raggiunge i droni in 1,2 secondi.
Quando a sperimentare era l'Italia
A inaugurare l'era dei bombardamenti aerei, il 1 novembre 1911, fu un italiano: il sottotenente marchese Giulio Gavotti. Correva qualche rischio in più di loro ma, come i piloti degli UAV, Gavotti sapeva che non avrebbe mai potuto essere colpito. Sven Lindqvist, nel suo «Sei morto! Il secolo delle bombe» (Ponte delle grazie), ricorda così quell'evento: «Si protese fuori dall'abitacolo del suo monoplano, esile come una libellula, e gettò la bomba - una granata a mano Haasen di fabbricazione danese - sull'oasi nordafricana di Tagiura, vicino a Tripoli. Qualche attimo dopo prese di mira l'oasi di Ain Zara. Complessivamente, nel corso di questo primo attacco aereo furono lanciate quattro bombe del peso di due chili ognuna». Un anno dopo Gustav Janson, in un libro intitolato «Lögnerna» (Le menzogne) raccontò così le sensazioni di quell'aviatore italiano: «La terra vuota sotto di lui, lo spazio vuoto sopra e lui, l'uomo solo, che fluttuava nel mezzo! Una sensazione di potere lo invase. Egli volava attraverso lo spazio per affermare l'indiscussa superiorità della razza bianca. A portata di mano ne aveva le prove, sette potentissime bombe. Poterle sganciare dal cielo stesso era qualcosa di persuasivo e irresistibile».
Sono passati quasi cento anni e ora il paese più martoriato è il Pakistan, dove l'Amministrazione guidata da Barack Obama ha dato via libera ad almeno 40 attacchi con droni, che hanno ucciso tra 326 e 538 persone, molte delle quali sarebbero civili. «Anche se è difficile tenere un conteggio preciso - ha scritto Jane Mayer sul New Yorker del 26 ottobre - il contorno è chiaro: la Cia si è unita ai servizi segreti pakistani in una campagna aggressiva per sradicare miliziani locali e stranieri che hanno trovato rifugio in alcune delle zone più inaccessibili del paese».
Il colonnello William Brandt ha spiegato in un recente documentario di Frontline che «siamo di fronte a un completo cambiamento culturale per l'aviazione: presto avremo più aerei senza pilota che velivoli guidati da un pilota». E in effetti la californiana General atomics aeronautical systems non riesce a stare dietro agli ordinativi di predator e reaper. Il 1 agosto scorso il Pentagono ha riferito al Congresso che il governo italiano ha chiesto di acquistare «quattro MQ-9, tre stazioni mobili da terra, cinque anni di assistenza per la manutenzione» etc., per una spesa complessiva di 330 milioni di dollari.
«Fare la guerra ha significato la stessa cosa per oltre 5000 anni - spiega Peter Warren Singer, ricercatore presso la Brookings institution e autore di "Wired for war" -: andare in un posto dove i pericoli sono tali che potrai non tornare a casa mai più, non vedere mai più la tua famiglia. Ora un pilota di Predator se ne sta seduto davanti allo schermo di un computer, spara missili contro un obiettivo nemico, uccide combattenti nemici e alla fine della giornata si rimette in macchina e 20 minuti più tardi è a tavola, a parlare dei compiti scolastici dei suoi figli».
Basandosi su autorevoli mezzi d'informazione con notevoli capacità di raccogliere informazioni in Pakistan, la New America foundation ha tracciare un bilancio dell'attività dei droni in Pakistan. Dal 2006 alla metà del mese scorso, 82 attacchi di droni hanno ucciso nel Paese dei puri tra 750 e 1.000 persone, di cui da 500 a 700 (tra il 66% e il 68%) erano combattenti. Secondo queste stesse stime il totale dei civili uccisi varia tra 250 e 320 (dal 31% al 33%), si legge nel rapporto «La rivincita dei droni». Da quando si è insediato Obama, oltre a una mezza dozzina di leader combattenti, sono state uccise altre 530 persone. Di queste, tra 250 e 400 erano combattenti (circa il 75%), il resto (il 25%) civili.
Con Obama aumentano i raid
«Invece di ridimensionare il programma che ha ereditato dal dal presidente George W. Bush, Obama ha al contrario intensificato drammaticamente il numero di attacchi con droni predator e reaper. Quest'anno ci sono stati 43 attacchi in Pakistan (due con Bush ancora in carica, contro i 34 nel corso di tutto il 2008».
Il documento della New America foundation si conclude sottolineando sei problemi, tattici e strategici, «che dovrebbero essere tenuti presenti nel dibattito sulla loro efficacia»: 1) i raid hanno una fragile giustificazione giuridica, perché violerebbero il principio della proporzionalità, in base al quale un obiettivo militare non può essere attaccato se è probabile che colpendolo si causino vittime civili o danni eccessivi in rapporto al vantaggio militare dell'attacco; 2) sono molto impopolari tra l'opinione pubblica pakistana, e i miliziani di al Qaeda e i taleban li usano come giustificazione per colpire obiettivi governativi all'interno del Pakistan; 3) i droni non hanno più l'iniziale effetto sorpresa: per sfuggirvi molti leader si sono spostati in altre del Pakistan, contribuendo a destabilizzarle; 4) hanno ucciso alcuni leader e militanti di medio livello, ma gli attacchi distruggono anche computer, telefoni cellulari e prove che potrebbero essere utilizzate dall'intelligence; 5) rappresentano una tattica e non hanno alcun effetto strategico; 6) hanno danneggiato al Qaeda, ma quanto hanno rafforzato la propaganda dei combattenti e destabilizzato il Pakistan?
Secondo Mayer «non c'è più alcun dubbio che l'omicidio mirato sia diventata politica ufficiale degli Stati Uniti». Ma soprattutto che «il programma Predator sia partito dopo una discussione pubblica minima, se si considera che rappresenta un uso della forza letale dello Stato radicalmente nuovo e senza frontiere».
Accuse alle quali il capo della Cia, Leon Panetta, da mesi replica con la stessa cantilena: «Ci accertiamo che colpiamo solo quelli che rappresentano un obiettivo reale».
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