Operazioni USA ad alto rischio per i lavoratori civili di Sigonella
Lavori altamente pericolosi e scarsamente retribuiti in un ambiente dove imperano comportamenti repressivi ed antisindacali. È il pane quotidiano degli operai italiani della grande militare base USA di Sigonella. Un mondo a parte fatto di precarietà e sfruttamento intensivo del tutto ignorato dai politici e dai media perlomeno sino a quando non sopraggiunge la tragedia. La notte di domenica 24 ottobre un grosso pallet contenente un carico di zinco da 1.600 kg è caduto da un aereo schiacciando un lavoratore di 47 anni, Salvatore Maita, che si trovava sulla rampa sottostante. Trasportato d’urgenza in ospedale, l’operaio è stato sottoposto a un intervento chirurgico per la riduzione di un esteso trauma cranico, ma le sue condizioni restano disperate. La vittima era impegnata nelle operazioni di carico di un Md-11, aereo cargo trimotore prodotto dalla McDonnell Douglas, di proprietà di una compagnia privata operante per conto del Fleet and Industrial Supply Center (FISC), il centro logistico delle forze navali degli Stati Uniti d’America istituito a Sigonella il 3 marzo 2005. Il FISC dirige e coordina la movimentazione e l’invio di merci, attrezzature, viveri, armi, munizioni e materiali pericolosi alle truppe schierate negli scacchieri di guerra in Africa, Caucaso, Golfo Persico, Iraq ed Afghanistan.
Sul gravissimo incidente che ha coinvolto Maita è stata avviata un’indagine da parte della Procura della Repubblica di Catania. “Quello di Sigonella è l’ennesimo di una lunghissima serie che si sta verificando negli aeroporti italiani”, denuncia in un comunicato
I rappresentanti locali della Cub Trasporti puntano il dito sui pesantissimi tagli agli organici operati negli ultimi anni. “Nel 1997 noi lavoratori eravamo 274”, denuncia uno dei colleghi di Salvatore Maita. “Ora siamo sotto organico, in 162. Gli altri sono in mobilità e cassa integrazione. Il consorzio di aziende con cui lavoriamo, dopo aver ottenuto l’appalto, ha dichiarato lo stato di crisi. Hanno fatto fuori tutele, diritti e sindacati. Il risultato finale è che c’è un collega che sta morendo”. Il consorzio in questione è Algese2, costituito dalle società Alisud, Gesac e Servisair, aggiudicatosi qualche mese fa un contratto di oltre 100 milioni di dollari per gestire per quattro anni le operazioni aeroportuali nelle basi di Napoli-Capodichino e Sigonella. Grazie a un ricorso, Algese2 ha soffiato la commessa del Dipartimento dell’US Navy al colosso industriale Lockheed Martin, uno dei principali attori del complesso militare industriale statunitense. Inizialmente
Con l’accordo quadriennale per la gestione aeroportuale di Napoli-Capodichino e Sigonella, Algese2 si afferma come uno dei maggiori contractor delle forze armate statunitensi in Italia. Nel triennio 2004-2006 il consorzio aveva già ottenuto dal Fleet and Industrial Supply Center commesse per 18.412.208 dollari. Ad esse vanno poi aggiunti i 15 contratti per complessivi 118.942.608 dollari sottoscritti dal principale socio-azionista di Algese2, l’Alisud Spa di Napoli, con diverse agenzie del Pentagono nel periodo compreso tra il 2000 e il 2009. La società napoletana che ha pure in gestione l’handling degli scali di Venezia, Bologna, Catania-Fontanarossa e Palermo, opera ininterrottamente dal 1972 nel terminal militare di NSA Napoli, e dal 1976 a Sigonella. La presenza in Sicilia si è interrotta per un breve periodo nel maggio 1997, quando i servizi della base militare furono affidati ad una joint-venture italo-statunitense composta da Pae, Aviation Management e Climega, che presentò un’offerta di gara con un ribasso del 42%. Subito dopo il loro arrivo, queste tre società presentarono un pesantissimo “piano di ristrutturazione” che prevedeva tagli occupazionali e salariali per il personale, con un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro e dell’agibilità sindacale. I lavoratori di Sigonella diedero però vita ad una mobilitazione senza precedenti nella storia delle basi USA in Europa, effettuando sino ad oltre 4.000 ore di scioperi, blocchi stradali e un digiuno durato 46 giorni, subendo pure le cariche delle forze dell’ordine. La straordinaria stagione di lotta dei lavoratori, nota con il nome di “Popolo dei cancelli”, fu documentata dal cineasta britannico Ken Loach.
Con il ri-affidamento nel novembre 2002 del contratto ad Algese2, non si registrò tuttavia alcun cambiamento di rotta nelle politiche aziendali. Il 10 maggio 2004, nel corso di un seminario di studio sul ruolo strategico della base siciliana e sulla penetrazione mafiosa nella gestione di subappalti di costruzione e servizi al suo interno, alcuni lavoratori denunciarono che il “biglietto da visita” del consorzio vedeva l’imposizione di una piattaforma aziendale “finalizzata al contenimento ed alla compressione salariale”, con conseguente “precarizzazione del rapporto di lavoro e l’intensificarsi dello sfruttamento”. “Da allora in poi le cose sono ulteriormente peggiorate e per i lavoratori non c’è stato più scampo”, dichiarano oggi i rappresentanti locali della Cub Trasporti. “Non solo rispetto al loro precedente “status” i lavoratori di Sigonella non recupereranno mai nulla, ma dal 2002 al 2010 perderanno ancora altri livelli e perciò altri soldi, perderanno gratifiche, diritti e speranze. Perderanno posti di lavoro e perfino il rispetto di sé”.
Non è certamente migliore l’aria che si respira tra i dipendenti civili italiani e statunitensi direttamente impiegati dalla marina militare USA. Il 15 ottobre è stato completato il processo di ridimensionamento numerico del personale delle basi di Napoli e Sigonella. “Di conseguenza sono state eliminate 44 posizioni americane, 39 dipendenti locali sono stati oggetto di cessazione non volontaria del rapporto di lavoro e 52 dipendenti locali sono stati ricollocati in posizioni create a seguito di dimissioni volontarie e congelamento delle assunzioni”, scrive il Contrammiraglio Tony Gaiani, Commander, Navy Region Europe, Africa, Southwest Asia. “L’US Navy ha pure sospeso temporaneamente le assunzioni durante il processo di adeguamento del personale al fine di minimizzare le possibili perdite di posti di lavoro. Inoltre,
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