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La resa del presidente Lombardo al MUOStro di Niscemi

Il presidente della Regione Siciliana si trasforma in ambasciatore delle forze armate USA per convincere i cittadini di Niscemi che il sistema di telecomunicazioni satellitari MUOS è innocuo. Ma scienziati e ricercatori dimostrano il contrario
1 marzo 2011

“Se non mi fossi convinto della sicurezza del MUOS, che non è barattabile con nessuna compensazione, io non sarei qui assolutamente a parlarvi, perché non c’è né punto nascita in un ospedale, né Ponte sullo stretto che tenga, rispetto alla salute dei cittadini…”. Si presenta così d’avanti al consiglio comunale di Niscemi (Caltanissetta) il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, per formalizzare il suo giro di valzer sul terminal terrestre del nuovo sistema satellitare che i militari USA vogliono realizzare all’interno della riserva naturale “Sughereta”. Dopo il “No” e il “Ni”, finalmente il “Sì” di petto: il MUOS è “sicuro al 1.000 x 1.000” e “riduce” perfino l’inquinamento elettromagnetico generato dall’impianto di telecomunicazioni che l’US Navy gestisce da quasi vent’anni a Niscemi. È per questo, secondo Lombardo, che sono superflui i risarcimenti e le misure compensative che la Regione era pronta ad offrire poco meno di sei mesi fa, appena un paio di vigilantes a cavallo nella riserva naturale, un centro in ospedale per monitorare i tumori e una sospetta “zona franca cittadina”, altro che Ponte di Messina. E per convincere sindaco, giunta e consiglieri che il MUOS s’ha da fare, don Raffaele sì è fatto accompagnare a Niscemi da due “esperti segnalati in maniera particolare dal rettore dell’università di Palermo”, una pattuglia di dirigenti regionali, tre colonnelli delle forze armate e un parlamentare, Alessandro Ruben (Fli), componente della commissione difesa della Camera e delegato presso l’Assemblea Parlamentare della NATO.

“Vorremmo tranquillizzare i cittadini sulla presenza dell’antenna statunitense perché da come espresso dai tecnici in materia fa meno male rispetto a quelle 47 antenne che insistono già nel territorio di Niscemi”, ha dichiarato il presidente. “Il MUOS è funzionale alla comunicazione che serve per la sicurezza, dalla quale dipende la permanenza nella nostra terra della base militare di Sigonella. Il MUOS sostituirà l’attuale sistema ed è più sicuro. Mi hanno spiegato che 27 antenne comunicano e le altre 20 sono di riserva nel caso in cui si guastano alcune, mentre una piccola parte di esse resterebbe inattiva, entrando eventualmente in funzione solo se dovesse disattivarsi il nuovo sistema satellitare”. In verità le antenne USA presenti a Niscemi sono 41, sei in meno di quelle contate da Lombardo. Quisquiglie, ciò che conta davvero è trovar credito a Washington specie dopo quel maledetto cablogramma inviato il 15 giugno 2009 dal console di Napoli alle massime autorità civili e militari degli Stati Uniti d’America, in cui il leader del Movimento per l’Autonomia veniva duramente criticato per le resistenze opposte all’installazione del nuovo sistema di comunicazioni satellitari. “Contro il MUOS si oppone un gruppo di sindaci locali, che hanno usato con successo i media locali per diffondere congetture – non supportate neanche dagli scienziati coinvolti dai sindaci come esperti – che l’installazione pone gravi rischi ambientali alla salute della popolazione locale”, spiegava il console USA. “Gli studi della Marina militare, convalidati dal Ministero della difesa italiano, evidenziano come le emissioni elettromagnetiche delle antenne sono al di sotto dei limiti italiani e della Ue”. Nel cablogramma si stigmatizzava poi il comportamento dell’assessorato regionale all’ambiente che “ha ritardato” l’approvazione del progetto consentendo l’esecuzione di ulteriori analisi d’impatto ambientale. “Lombardo ha poco tempo per i funzionari stranieri”, aggiungeva il diplomatico. “Durante il suo precedente incarico come presidente della provincia di Catania, ha concesso al Console Generale una telefonata di cortesia di 5 minuti, e da presidente della Regione si è rifiutato di ricevere sia l’ex ambasciatore Spogli che quello attualmente in carica, durante i loro viaggi a Palermo, a dispetto del suo staff”. Una reprimenda che deve aver lasciato il segno: nei successivi 18 mesi Raffaele Lombardo si è incontrato in sei occasioni con i diplomatici statunitensi in Italia, l’ultima volta l’11 gennaio 2011 a Roma direttamente con l’ambasciatore Thorn. Oggetto della visita, secondo una nota d’agenzia, gli “investimenti USA in Sicilia e la questione delle antenne satellitari del MUOS di Niscemi”. I meeting hanno convertito il Presidente in un convinto assertore dell’innocuità delle antenne ma soprattutto della rilevanza strategica del sistema militare. Il colonnello Francesco Maurizio Noto, capo del secondo ufficio del gabinetto del Ministero della difesa, in visita a Niscemi insieme a Lombardo, ha voluto precisare che la “rilocalizzazione” del MUOS è fuori discussione. “Ciò porterebbe ad un aggravio di comunicazioni specifiche, si dovrebbe cioè ricreare fisicamente tutto il supporto trasmissivo che esiste tra Sigonella e Niscemi”, ha dichiarato Noto. “Riteniamo che il MUOS vada fatto e come mi insegnano i casi che ho seguito personalmente di Vicenza ed altre situazioni, esplicheremo tutte le potestà che la legge ci consente per ottenere questo risultato di difesa nazionale”.

Dopo le dure parole dell’alto ufficiale, sono arrivate quelle più rassicuranti di due docenti della facoltà d’ingegneria di Palermo, Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri, “tecnici neutrali e non ingaggiati sicuramente dal Ministero della difesa o dalla NATO”, stando alla presentazione di Lombardo. Zanforlin, esperto in campi elettromagnetici ed antenne di propagazione, ha spiegato che “con il campo di frequenza che si usa per le radiocomunicazioni siamo di fronte a radiazioni non ionizzanti che non sono dunque in grado di spezzare legami molecolari e quindi modificare il DNA ed essere causa di fenomeni degenerativi delle cellule”. Per il docente di Palermo è “molto più rischioso per la salute quando si usa il telefonino, piuttosto che la stazione radiobase che sta sul tetto di un edificio”. Inoltre le antenne del MUOS avrebbero “appena un fascio principale con un’apertura di 0,04 gradi, assai stretto e diretto verso il cielo, non verso la popolazione, un po’ come il faro dell’automobile…”.

Secondo i calcoli dei diagrammi di radiazione effettuati dal professor Zanforlin, l’emissione del MUOS darà un campo elettrico a livello di terreno che può essere considerato come “puro rumore”. “L’ampiezza che dà l’antenna parabolica, o quella elicoidale, a livello di popolazione si perde nel rumore di fondo, cioè a livello di 0,3/0,5% dei sei volt su un metro, il limite estremamente cautelativo previsto dalle norme italiane”, ha aggiunto. “Per quanto riguarda i malfunzionamenti, anche se l’antenna viene diretta direttamente sul paese, dato che ci sono 1.750 metri di distanza tra le abitazioni e le antenne, il campo che investirebbe non supererebbe la soglia di sicurezza. Il preesistente non dà quindi assolutamente preoccupazioni per la salute, il futuro ancora meno…”.

Per Patrizia Livreri, professoressa aggregata di elettronica ed ex ricercatrice in aziende del gruppo Finmecannica operanti nel settore della difesa e della produzione di apparati di contromisura elettronica (nonché candidata Udc alle ultime elezioni regionali in Sicilia), il MUOS non è altro che “un’innovazione tecnologica” a bassissimo impatto. “Le tre antenne del sistema mandano il segnale al satellite ma non funzionano contemporaneamente”, ha spiegato. “Il loro scopo è quello di trasmettere i dati elaborati sulla stazione base ed ovviamente il funzionamento è previsto per una, due antenne. Un’altra è sempre di riserva per dare continuità alla trasmissione. La ricezione è affidata alle altre due antenne elicoidali, che sono a bassissima frequenza UHF, dai 300 Mgz ai 3 Ghz. Al solito, una funziona e l’altra è da supporto, e nel caso di guasto, subentra per continuità”.

“Noi ci abbiamo messo tutta la nostra scienza, conoscenza ed oggettività, abbiamo cercato di pensare che qua potevano essere nati e cresciuti i nostri figli”, ha concluso la docente Livreri. “Ci abbiamo messo la faccia, l’Università di Palermo ci ha messo la carta intestata, il logo, la firma del professore Zanforlin, la mia e quella del direttore…”. Per dovere di cronaca, nell’ultimo biennio la facoltà d’ingegneria dell’università di Palermo ha sottoscritto con il Laboratorio di Ricerca dell’US Army - Dipartimento della difesa, due contratti per un valore complessivo di 70.000 dollari per la “produzione elettro-chimica di materiali nano-strutturati per applicazioni di conversione energetica”. Quando di parla di neutralità dell’accademia…

Ovviamente del tutto contrapposte le conclusioni degli studiosi chiamati dalle associazioni che si oppongono a quello che è ormai noto come l’EcoMuostro di Niscemi. Per Massimo Coraddu, componente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Cagliari, la valutazione d’impatto ambientale del sistema di telecomunicazioni satellitari, presentata dalla US Navy, “risulta gravemente carente e inadeguata sotto molteplici aspetti e non consente in alcun modo di valutare la gravità dei problemi e dei rischi legati alla sua installazione”. “Non vengono rese note le principali caratteristiche dei trasmettitori e delle antenne utilizzate (potenza, frequenze, caratteristiche del segnale, etc.) e neppure viene spiegata la metodologia di calcolo”, aggiunge Coraddu. “I risultati sono tra loro incoerenti e contraddittori: come distanza di sicurezza per l’emissione di microonde dalle parabole, vengono presentati due differenti valori, entrambi spaventosamente alti, 38,9 Km alla tabella 6.5 e 135,7 Km alla tabella 6.7. La valutazione delle distanze di sicurezza e del livello di campo è stata realizzata verificando, una alla volta, l’emissione delle singole antenne, e non, come prescrive la normativa, l’emissione simultanea di tutti gli apparecchi, al massimo livello di potenza. Non viene neppure esaminato quello che probabilmente è il peggiore dei rischi possibili: un incidente o un errore di puntamento che porti all’esposizione accidentale al fascio di microonde, pericolosissimo e potenzialmente letale, anche per brevi esposizioni, a distanze inferiori a circa 1 Km”.

Il ricercatore dell’Istituto di Fisica Nucleare lamenta come sia stata omessa ogni considerazione riguardo l’impatto delle emissioni sull’ambiente naturale circostante, “quando è ben noto come le microonde risultano nocive per molteplici specie, come le api, fortemente disturbate anche da bassi livelli di campo (inferiori a 1 V/m), in presenza dei quali si disorientano e non riescono a mantenere unito lo sciame, tanto che la diffusione della telefonia cellulare è considerata una delle principali cause della spaventosa moria che sta interessando Europa e Stati Uniti. Emissioni estremamente intense come quelle generate all’interno del fascio di microonde del MUOS (centinaia o anche migliaia di V/m) sono in grado di ferire un uccello in volo a centinaia di metri dalla sorgente e in alcuni casi forse anche a ucciderlo”. Contrariamente alle valutazioni pro-MUOS, l’esposizione diretta al fascio di microonde emesso dalle antenne è “estremamente pericoloso e, addirittura, potenzialmente letale alla distanza di qualche centinaio di metri”. “Il testo presentato dall’US Navy – spiega Coraddu – individua correttamente questo come il maggior rischio possibile ma specifica anche che è un evento improbabile visto che le antenne puntano in una direzione elevata rispetto all’orizzonte. La direzione di puntamento non è però affatto elevata, visto che si scende ad appena 17° sull’orizzonte, e non si capisce perché si debba ipotizzare un incidente tanto improbabile, come il sollevamento meccanico di una persona che viene posta accidentalmente proprio di fronte al fascio, e non uno, secondo me molto più verosimile, come un errore di puntamento dell’antenna che viene abbassata troppo rispetto all’orizzonte”.

Il cosiddetto Studio di Incidenza Ambientale della Marina USA viene stigmatizzato pure dalla Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella. “Non sono stati affrontati minimante i possibili effetti sulla salute delle popolazioni delle esposizioni a lungo termine ai campi elettromagnetici del MUOS”, affermano. “Anche in assenza di studi specifici sul rischio elettromagnetico di questo nuovo sistema, si può attingere a quanto già accertato per le onde generate dagli impianti della telefonia cellulare che operano tra i 900 Mhz e i 2 GHz, lo stesso range del MUOS”. Come rilevato dagli scienziati ed oncologi dalla Commissione Internazionale per la Sicurezza ElettroMagnetica (ICEMS) riunitasi nel febbraio 2006 a Benevento, “evidenze sperimentali epidemiologiche, in vivo e in vitro”, dimostrano che l’esposizione a specifici campi a bassa frequenza (ELF) “può aumentare il rischio di cancro nei bambini ed indurre altri problemi di salute sia nei bambini che negli adulti. Inoltre è stata accumulata evidenza epidemiologica che indica un aumentato rischio di tumori al cervello per uso prolungato di telefoni mobili…. “Non va poi dimenticato – conclude la Campagna - che numerose ricerche hanno evidenziato come l’esposizione prolungata alle onde elettromagnetiche anche nei valori consentiti dalle norme internazionali, abbia gravissimi effetti sulla salute della popolazione. Per questo gli scienziati suggeriscono di abbassare i limiti dell’intensità della componente elettrica delle emissioni degli impianti che trasmettono tra i 100 MHz e i 3 GHz a 1 volt per metro, in modo da proteggere maggiormente i tessuti e gli organi dell’uomo dagli effetti termici delle onde”.

La presunta imparzialità della ricerca civile e militare nel campo delle telecomunicazioni cellulari viene profondamente questionata dalla siciliana Simona Carrubba, Post-Doctoral Yellow presso l’LSU Health Sciences Center di Shreveport, Louisiana. “Nessuno al di fuori delle forze armate ha accesso alle tecnologie come quelle del MUOS e non credo che siano state effettuate ricerche per verificare eventuali possibili effetti sulla salute”, afferma Carrubba. “Altro problema è che tutta la ricerca sugli effetti della telefonica cellulare è finanziata dalle compagnie telefoniche. In un saggio pubblicato sulla rivista statunitense Psychophysiology ho comparato gli studi sugli effetti dei telefonini sull’attività elettrica in esseri umani effettuati negli USA. Ho potuto verificare che su 50 di essi, solo 3 non sono stati ricollegabili alle industrie telefoniche. Solo una ricerca indipendente e slegata da interessi commerciali potrà seriamente rispondere alla questione. Quel giorno finalmente sarà affermato che le onde elettromagnetiche interagiscono con i sistemi viventi e che le attuali normative sono del tutto inadeguate”.

Le “rassicurazioni” di Rafaele Lombardo & C. non hanno comunque incrinato il fronte “No MUOS”. Per mercoledì 2 marzo è stata indetta a Niscemi una mobilitazione popolare a cui dovrebbe seguire a breve un’iniziativa di respiro regionale.

 

“Se non mi fossi convinto della sicurezza del MUOS, che non è barattabile con nessuna compensazione, io non sarei qui assolutamente a parlarvi, perché non c’è né punto nascita in un ospedale, né Ponte sullo stretto che tenga, rispetto alla salute dei cittadini…”. Si presenta così d’avanti al consiglio comunale di Niscemi (Caltanissetta) il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, per formalizzare il suo giro di valzer sul terminal terrestre del nuovo sistema satellitare che i militari USA vogliono realizzare all’interno della riserva naturale “Sughereta”. Dopo il “No” e il “Ni”, finalmente il “Sì” di petto: il MUOS è “sicuro al 1.000 x 1.000” e “riduce” perfino l’inquinamento elettromagnetico generato dall’impianto di telecomunicazioni che l’US Navy gestisce da quasi vent’anni a Niscemi. È per questo, secondo Lombardo, che sono superflui i risarcimenti e le misure compensative che la Regione era pronta ad offrire poco meno di sei mesi fa, appena un paio di vigilantes a cavallo nella riserva naturale, un centro in ospedale per monitorare i tumori e una sospetta “zona franca cittadina”, altro che Ponte di Messina. E per convincere sindaco, giunta e consiglieri che il MUOS s’ha da fare, don Raffaele sì è fatto accompagnare a Niscemi da due “esperti segnalati in maniera particolare dal rettore dell’università di Palermo”, una pattuglia di dirigenti regionali, tre colonnelli delle forze armate e un parlamentare, Alessandro Ruben (Fli), componente della commissione difesa della Camera e delegato presso l’Assemblea Parlamentare della NATO.

“Vorremmo tranquillizzare i cittadini sulla presenza dell’antenna statunitense perché da come espresso dai tecnici in materia fa meno male rispetto a quelle 47 antenne che insistono già nel territorio di Niscemi”, ha dichiarato il presidente. “Il MUOS è funzionale alla comunicazione che serve per la sicurezza, dalla quale dipende la permanenza nella nostra terra della base militare di Sigonella. Il MUOS sostituirà l’attuale sistema ed è più sicuro. Mi hanno spiegato che 27 antenne comunicano e le altre 20 sono di riserva nel caso in cui si guastano alcune, mentre una piccola parte di esse resterebbe inattiva, entrando eventualmente in funzione solo se dovesse disattivarsi il nuovo sistema satellitare”. In verità le antenne USA presenti a Niscemi sono 41, sei in meno di quelle contate da Lombardo. Quisquiglie, ciò che conta davvero è trovar credito a Washington specie dopo quel maledetto cablogramma inviato il 15 giugno 2009 dal console di Napoli alle massime autorità civili e militari degli Stati Uniti d’America, in cui il leader del Movimento per l’Autonomia veniva duramente criticato per le resistenze opposte all’installazione del nuovo sistema di comunicazioni satellitari. “Contro il MUOS si oppone un gruppo di sindaci locali, che hanno usato con successo i media locali per diffondere congetture – non supportate neanche dagli scienziati coinvolti dai sindaci come esperti – che l’installazione pone gravi rischi ambientali alla salute della popolazione locale”, spiegava il console USA. “Gli studi della Marina militare, convalidati dal Ministero della difesa italiano, evidenziano come le emissioni elettromagnetiche delle antenne sono al di sotto dei limiti italiani e della Ue”. Nel cablogramma si stigmatizzava poi il comportamento dell’assessorato regionale all’ambiente che “ha ritardato” l’approvazione del progetto consentendo l’esecuzione di ulteriori analisi d’impatto ambientale. “Lombardo ha poco tempo per i funzionari stranieri”, aggiungeva il diplomatico. “Durante il suo precedente incarico come presidente della provincia di Catania, ha concesso al Console Generale una telefonata di cortesia di 5 minuti, e da presidente della Regione si è rifiutato di ricevere sia l’ex ambasciatore Spogli che quello attualmente in carica, durante i loro viaggi a Palermo, a dispetto del suo staff”. Una reprimenda che deve aver lasciato il segno: nei successivi 18 mesi Raffaele Lombardo si è incontrato in sei occasioni con i diplomatici statunitensi in Italia, l’ultima volta l’11 gennaio 2011 a Roma direttamente con l’ambasciatore Thorn. Oggetto della visita, secondo una nota d’agenzia, gli “investimenti USA in Sicilia e la questione delle antenne satellitari del MUOS di Niscemi”. I meeting hanno convertito il Presidente in un convinto assertore dell’innocuità delle antenne ma soprattutto della rilevanza strategica del sistema militare. Il colonnello Francesco Maurizio Noto, capo del secondo ufficio del gabinetto del Ministero della difesa, in visita a Niscemi insieme a Lombardo, ha voluto precisare che la “rilocalizzazione” del MUOS è fuori discussione. “Ciò porterebbe ad un aggravio di comunicazioni specifiche, si dovrebbe cioè ricreare fisicamente tutto il supporto trasmissivo che esiste tra Sigonella e Niscemi”, ha dichiarato Noto. “Riteniamo che il MUOS vada fatto e come mi insegnano i casi che ho seguito personalmente di Vicenza ed altre situazioni, esplicheremo tutte le potestà che la legge ci consente per ottenere questo risultato di difesa nazionale”.

Dopo le dure parole dell’alto ufficiale, sono arrivate quelle più rassicuranti di due docenti della facoltà d’ingegneria di Palermo, Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri, “tecnici neutrali e non ingaggiati sicuramente dal Ministero della difesa o dalla NATO”, stando alla presentazione di Lombardo. Zanforlin, esperto in campi elettromagnetici ed antenne di propagazione, ha spiegato che “con il campo di frequenza che si usa per le radiocomunicazioni siamo di fronte a radiazioni non ionizzanti che non sono dunque in grado di spezzare legami molecolari e quindi modificare il DNA ed essere causa di fenomeni degenerativi delle cellule”. Per il docente di Palermo è “molto più rischioso per la salute quando si usa il telefonino, piuttosto che la stazione radiobase che sta sul tetto di un edificio”. Inoltre le antenne del MUOS avrebbero “appena un fascio principale con un’apertura di 0,04 gradi, assai stretto e diretto verso il cielo, non verso la popolazione, un po’ come il faro dell’automobile…”.

Secondo i calcoli dei diagrammi di radiazione effettuati dal professor Zanforlin, l’emissione del MUOS darà un campo elettrico a livello di terreno che può essere considerato come “puro rumore”. “L’ampiezza che dà l’antenna parabolica, o quella elicoidale, a livello di popolazione si perde nel rumore di fondo, cioè a livello di 0,3/0,5% dei sei volt su un metro, il limite estremamente cautelativo previsto dalle norme italiane”, ha aggiunto. “Per quanto riguarda i malfunzionamenti, anche se l’antenna viene diretta direttamente sul paese, dato che ci sono 1.750 metri di distanza tra le abitazioni e le antenne, il campo che investirebbe non supererebbe la soglia di sicurezza. Il preesistente non dà quindi assolutamente preoccupazioni per la salute, il futuro ancora meno…”.

Per Patrizia Livreri, professoressa aggregata di elettronica ed ex ricercatrice in aziende del gruppo Finmecannica operanti nel settore della difesa e della produzione di apparati di contromisura elettronica (nonché candidata Udc alle ultime elezioni regionali in Sicilia), il MUOS non è altro che “un’innovazione tecnologica” a bassissimo impatto. “Le tre antenne del sistema mandano il segnale al satellite ma non funzionano contemporaneamente”, ha spiegato. “Il loro scopo è quello di trasmettere i dati elaborati sulla stazione base ed ovviamente il funzionamento è previsto per una, due antenne. Un’altra è sempre di riserva per dare continuità alla trasmissione. La ricezione è affidata alle altre due antenne elicoidali, che sono a bassissima frequenza UHF, dai 300 Mgz ai 3 Ghz. Al solito, una funziona e l’altra è da supporto, e nel caso di guasto, subentra per continuità”.

“Noi ci abbiamo messo tutta la nostra scienza, conoscenza ed oggettività, abbiamo cercato di pensare che qua potevano essere nati e cresciuti i nostri figli”, ha concluso la docente Livreri. “Ci abbiamo messo la faccia, l’Università di Palermo ci ha messo la carta intestata, il logo, la firma del professore Zanforlin, la mia e quella del direttore…”. Per dovere di cronaca, nell’ultimo biennio la facoltà d’ingegneria dell’università di Palermo ha sottoscritto con il Laboratorio di Ricerca dell’US Army - Dipartimento della difesa, due contratti per un valore complessivo di 70.000 dollari per la “produzione elettro-chimica di materiali nano-strutturati per applicazioni di conversione energetica”. Quando di parla di neutralità dell’accademia…

Ovviamente del tutto contrapposte le conclusioni degli studiosi chiamati dalle associazioni che si oppongono a quello che è ormai noto come l’EcoMuostro di Niscemi. Per Massimo Coraddu, componente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Cagliari, la valutazione d’impatto ambientale del sistema di telecomunicazioni satellitari, presentata dalla US Navy, “risulta gravemente carente e inadeguata sotto molteplici aspetti e non consente in alcun modo di valutare la gravità dei problemi e dei rischi legati alla sua installazione”. “Non vengono rese note le principali caratteristiche dei trasmettitori e delle antenne utilizzate (potenza, frequenze, caratteristiche del segnale, etc.) e neppure viene spiegata la metodologia di calcolo”, aggiunge Coraddu. “I risultati sono tra loro incoerenti e contraddittori: come distanza di sicurezza per l’emissione di microonde dalle parabole, vengono presentati due differenti valori, entrambi spaventosamente alti, 38,9 Km alla tabella 6.5 e 135,7 Km alla tabella 6.7. La valutazione delle distanze di sicurezza e del livello di campo è stata realizzata verificando, una alla volta, l’emissione delle singole antenne, e non, come prescrive la normativa, l’emissione simultanea di tutti gli apparecchi, al massimo livello di potenza. Non viene neppure esaminato quello che probabilmente è il peggiore dei rischi possibili: un incidente o un errore di puntamento che porti all’esposizione accidentale al fascio di microonde, pericolosissimo e potenzialmente letale, anche per brevi esposizioni, a distanze inferiori a circa 1 Km”.

Il ricercatore dell’Istituto di Fisica Nucleare lamenta come sia stata omessa ogni considerazione riguardo l’impatto delle emissioni sull’ambiente naturale circostante, “quando è ben noto come le microonde risultano nocive per molteplici specie, come le api, fortemente disturbate anche da bassi livelli di campo (inferiori a 1 V/m), in presenza dei quali si disorientano e non riescono a mantenere unito lo sciame, tanto che la diffusione della telefonia cellulare è considerata una delle principali cause della spaventosa moria che sta interessando Europa e Stati Uniti. Emissioni estremamente intense come quelle generate all’interno del fascio di microonde del MUOS (centinaia o anche migliaia di V/m) sono in grado di ferire un uccello in volo a centinaia di metri dalla sorgente e in alcuni casi forse anche a ucciderlo”. Contrariamente alle valutazioni pro-MUOS, l’esposizione diretta al fascio di microonde emesso dalle antenne è “estremamente pericoloso e, addirittura, potenzialmente letale alla distanza di qualche centinaio di metri”. “Il testo presentato dall’US Navy – spiega Coraddu – individua correttamente questo come il maggior rischio possibile ma specifica anche che è un evento improbabile visto che le antenne puntano in una direzione elevata rispetto all’orizzonte. La direzione di puntamento non è però affatto elevata, visto che si scende ad appena 17° sull’orizzonte, e non si capisce perché si debba ipotizzare un incidente tanto improbabile, come il sollevamento meccanico di una persona che viene posta accidentalmente proprio di fronte al fascio, e non uno, secondo me molto più verosimile, come un errore di puntamento dell’antenna che viene abbassata troppo rispetto all’orizzonte”.

Il cosiddetto Studio di Incidenza Ambientale della Marina USA viene stigmatizzato pure dalla Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella. “Non sono stati affrontati minimante i possibili effetti sulla salute delle popolazioni delle esposizioni a lungo termine ai campi elettromagnetici del MUOS”, affermano. “Anche in assenza di studi specifici sul rischio elettromagnetico di questo nuovo sistema, si può attingere a quanto già accertato per le onde generate dagli impianti della telefonia cellulare che operano tra i 900 Mhz e i 2 GHz, lo stesso range del MUOS”. Come rilevato dagli scienziati ed oncologi dalla Commissione Internazionale per la Sicurezza ElettroMagnetica (ICEMS) riunitasi nel febbraio 2006 a Benevento, “evidenze sperimentali epidemiologiche, in vivo e in vitro”, dimostrano che l’esposizione a specifici campi a bassa frequenza (ELF) “può aumentare il rischio di cancro nei bambini ed indurre altri problemi di salute sia nei bambini che negli adulti. Inoltre è stata accumulata evidenza epidemiologica che indica un aumentato rischio di tumori al cervello per uso prolungato di telefoni mobili…. “Non va poi dimenticato – conclude la Campagna - che numerose ricerche hanno evidenziato come l’esposizione prolungata alle onde elettromagnetiche anche nei valori consentiti dalle norme internazionali, abbia gravissimi effetti sulla salute della popolazione. Per questo gli scienziati suggeriscono di abbassare i limiti dell’intensità della componente elettrica delle emissioni degli impianti che trasmettono tra i 100 MHz e i 3 GHz a 1 volt per metro, in modo da proteggere maggiormente i tessuti e gli organi dell’uomo dagli effetti termici delle onde”.

La presunta imparzialità della ricerca civile e militare nel campo delle telecomunicazioni cellulari viene profondamente questionata dalla siciliana Simona Carrubba, Post-Doctoral Yellow presso l’LSU Health Sciences Center di Shreveport, Louisiana. “Nessuno al di fuori delle forze armate ha accesso alle tecnologie come quelle del MUOS e non credo che siano state effettuate ricerche per verificare eventuali possibili effetti sulla salute”, afferma Carrubba. “Altro problema è che tutta la ricerca sugli effetti della telefonica cellulare è finanziata dalle compagnie telefoniche. In un saggio pubblicato sulla rivista statunitense Psychophysiology ho comparato gli studi sugli effetti dei telefonini sull’attività elettrica in esseri umani effettuati negli USA. Ho potuto verificare che su 50 di essi, solo 3 non sono stati ricollegabili alle industrie telefoniche. Solo una ricerca indipendente e slegata da interessi commerciali potrà seriamente rispondere alla questione. Quel giorno finalmente sarà affermato che le onde elettromagnetiche interagiscono con i sistemi viventi e che le attuali normative sono del tutto inadeguate”.

Le “rassicurazioni” di Rafaele Lombardo & C. non hanno comunque incrinato il fronte “No MUOS”. Per mercoledì 2 marzo è stata indetta a Niscemi una mobilitazione popolare a cui dovrebbe seguire a breve un’iniziativa di respiro regionale.

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