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Una base Usa sottratta ai controlli italiani

La Maddalena. Storia di una servitù militare

Il 22 settembre 1972 entra alla Maddalena, per esservi riparato, il sottomarino Ray, danneggiato da un urto contro il fondale; il 19 giugno 1982, la nave appoggio Orion lascia l'ormeggio di S.Stefano per riparare, poco lontano, un altro sottomarino danneggiato; il 13 novembre 2002, il sottomarino Oklahoma City resta danneggiato in una collisione nel Mediterraneo e viene quindi portato alla Maddalena; il 25 ottobre 2003 si incaglia nelle acque dell'arcipelago maddalenino il sottomarino Hartford.
28 febbraio 2004
Manlio Dinucci

Il fatto che il consiglio regionale sardo (con una maggioranza di centro-destra) abbia chiesto lo smantellamento della base Usa della Maddalena, e le dimissioni del ministro della difesa Martino che ne ha autorizzato l'ampliamento, riporta in primo piano la vicenda apertasi cinquant'anni fa. E' nel 1954, infatti, che viene stipulato l'accordo segreto fra Italia e Stati uniti relativo a «infrastrutture bilaterali», nel cui quadro viene costituito a La Maddalena un «punto di approdo per una nave appoggio della Us Navy per sottomarini da attacco». Sotto questa denominazione viene in effetti costruita una vera e propria base per i sottomarini da attacco nucleare della Sesta flotta. Trent'anni dopo, nel 1984, il ministro della difesa Spadolini sostiene ancora che si tratta di «uno speciale punto di attracco oggetto di vari accordi (nel 1954, 1972 e 1978) tra il governo italiano e quello degli Stati uniti, e mai si è pensato di trasformarlo in base operativa». Spadolini garantisce anche che «non esistono missili nucleari Cruise, tipo quelli di Comiso, a La Maddalena né nelle acque territoriali italiane». Viene però sconfessato quattro anni dopo da una ricerca compiuta, anche sulla base di documenti ufficiali declassificati, da due analisti statunitensi, William Arkin e Joshua Handler (Briefing paper on La Maddalena: a key site for sixth fleet Tomahawk Cruise missiles, Greenpeace News, 22 giugno 1988). «La base della marina statunitense a La Maddalena - documentano - si trova al centro della corsa agli armamenti nucleari navali nel Mediterraneo. La Maddalena costituisce uno dei più attivi e completi depositi nucleari e centri di riparazioni della marina statunitense. Nessun'arma nucleare è depositata a terra alla Maddalena, ma la nave appoggio Orion per sottomarini, ormeggiata all'isola di Santo Stefano, funge da deposito galleggiante di armi nucleari». Essa è stata trasformata infatti, nel 1983, in «unità addetta allo stivaggio e al trasbordo dei Tomahawk (missili da crociera lanciati dal mare) a testata nucleare». Per di più, «i sottomarini che visitano regolarmente la base trasportano armi nucleari nelle acque italiane».

Finita la guerra fredda, La Maddalena è divenuta ancora più importante nella strategia statunitense: alla sua funzione di base di appoggio per i sottomarini armati di missili a testata nucleare si è aggiunta quella di base di appoggio delle operazioni belliche in Medio Oriente e nei Balcani. Nelle due guerre contro l'Iraq e in quella contro la Jugoslavia i sottomarini riforniti e assistiti da questa base hanno attaccato gli obiettivi dal Mediterraneo, usando missili da crociera Tomahawk a testata convenzionale (non nucleare) con gittata di oltre 1.100 km. E, dato che la strategia statunitense prevede altre guerre, la base della Maddalena deve ora essere ampliata e potenziata.

Rientra in tale quadro la sostituzione della nave appoggio Simon Lake, nel 1999, con la più moderna Emory Land: dotata di 13 ponti e 913 settori specifici, con un personale di 1200 marinai e tecnici, essa è in grado di rifornire e riparare simultaneamente 12 sottomarini. E' progettata per assistere in particolare i sottomarini da attacco della classe Ssn 668 Los Angeles: nati per la guerra sottomarina contro le forze navali sovietiche, queste unità hanno assunto successivamente anche altre funzioni, tra cui quella di attacco di obiettivi terrestri con missili Tomahawk e di incursione in territorio nemico con forze speciali. Sono per questo armati, oltre che di siluri Mk-48, di missili Harpoon e Tomahawk, sia a testata convenzionale che nucleare.

La fine della guerra fredda non ha dunque fatto diminuire ma aumentare i pericoli derivanti dalla base della Maddalena. Anzitutto quelli dovuti agli incidenti dei sottomarini a propulsione nucleare, dei quali la popolazione e anche le autorità sono tenute all'oscuro.

Le uniche notizie che si hanno sono quelle sfuggite alla cappa del segreto militare. Il 22 settembre 1972, ad esempio, entra nella rada della Maddalena, per esservi riparato, il sottomarino Ray, danneggiato da un urto contro il fondale; il 19 giugno 1982, la nave appoggio Orion lascia l'ormeggio di S.Stefano per riparare, poco lontano, un altro sottomarino danneggiato; il 13 novembre 2002, il sottomarino Oklahoma City resta danneggiato in una collisione nel Mediterraneo e viene quindi portato alla Maddalena; il 25 ottobre 2003 si incaglia nelle acque dell'arcipelago maddalenino il sottomarino Hartford: il contrammiraglio Stanley parla di «incidente di piccola entità», ma silura i vertici della base che vengono destituiti. La possibilità di fughe radioattive e di altre sostanze pericolose, sia in caso di incidenti che di normali riparazioni, è dunque reale. Il sistema di rilevamento è stato lasciato a un livello inaffidabile, nonostante che alla Maddalena si siano verificati diversi casi di malformazione cranica dei neonati che potrebbero derivare da inquinamento radioattivo.

La possibilità di un incidente catastrofico è reale: tra i compiti della nave appoggio Emory Land vi è quello di «riparare e testare i sistemi nucleari», ossia i reattori (in genere ad acqua pressurizzata) a bordo dei sottomarini. Così l'Italia, che con il referendum del 1986 ha deciso la chiusura dei reattori elettronucleari, è esposta a un rischio ancora maggiore. Non si può neppure escludere la possibilità di una esplosione che, pur non innescando una reazione a catena nucleare, diffonderebbe radioattività in un vasto raggio. La Maddalena potrebbe così divenire una nuova Chernobyl. Il nuovo piano di evacuazione, preparato nel 2003 dai ministeri dell'interno e della difesa «in sostituzione di un precedente piano classificato» (ossia ignoto alla popolazione), appare del tutto inaffidabile: in 60 minuti dovrebbero essere evacuate 15 mila persone. Come il primo, sarebbe rimasto a conoscenza di pochi se l'Unione sarda non ne avesse pubblicate alcune parti il 16 dicembre.

Vi è infine un aspetto non meno pericoloso: La Maddalena, che non è una base Nato ma solo statunitense, rientra a tutti gli effetti nella catena di comando del Pentagono. Pur essendo in territorio italiano, essa è quindi sottratta a qualsiasi meccanismo decisionale italiano. Quando e come deve essere usata viene deciso a Washington. Così, quando il governo statunitense decide di attaccare un paese, l'Italia è automaticamente coinvolta, indipendentemente da qualsiasi decisione parlamentare.

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