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Lavorare in una fabbrica d'armi

Sei lo strumento o il suo fabbricante?

Recensione del libro di Jean Alonso, "Patrioti: la vita in una fabbrica d'armi vista dall'interno", e commenti sugli effetti negativi dell'ambiente di lavoro sui dipendenti.
7 ottobre 2011
di Stephen Soldz
Tradotto da Daniele Buratti per PeaceLink
Fonte: www.counterpunch.org - 20 settembre 2011


Dr. Stephen Soldz, Ph.D. Director of Research ssoldz@bgsp.edu (617) 277-3915

"Hai mai chiesto una risposta?
Il chi, il cosa e il perché?
Mai messo in discussione lo stato delle cose?
Ti sei fatto da parte e hai lasciato che gli altri si scegliessero le cose migliori?
Che si prendessero la crema per accontentarti del resto?
Ti sei accontentato degli avanzi?
Pensavi che fosse giusto
lasciargli prendere tutto senza reagire?
Senza reagire? Senza reagire?"

- Tratto dalla 'Ballata della contabilità', parole e musica di Ewan MacColl

Di colpo l'occupazione è sull'agenda dei politici. Dal Presidente in giù tutti a proclamare che la priorità sono i posti di lavoro per gli Americani. Spesso un posto qualsiasi, come gli impieghi a basso salario che il Governatore del Texas Rick Perry si vanta di aver 'creato'. A volte magari creano impieghi ben pagati. Ma la questione è che un lavoro è tutto, perché ti permette di pagare le bollette ed evitare la povertà.

Lo sapevano bene quelli che lavoravano con Jean Alonso in una fabbrica missilistica del Massachussets – descritta come l'American Missile and Communication Corporation, ma che indurrebbe a pensare alla Raytheon [società per le tecnologie militari, ndt]. E sapevano anche che un buon lavoro va al di là di un buon salario. E l'esperienza aveva loro insegnato che molti lavori possono essere tossici, possono distruggere la mente e lo spirito e talvolta anche il corpo.

Raytheon missiles on display

Il libro della Alonso “Patrioti: La vita in una fabbrica d'armi vista dall'interno” inizia col racconto dei missili lanciati all'inizio della Guerra del Golfo. La fragile comunità della fabbrica è scossa dalle tensioni tra i lavoratori patriottici e le opinioni e le attività contro la guerra di Jean Alonso. Quest'ultima cerca di convivere con la sua angoscia conducendo un'indagine informale tra i suoi colleghi su come percepiscono il loro lavoro. E si accorge che c'è un sentimento diffuso e profondo di pessimismo e di disperazione:

 

 

Mi sento una nullità.”

Inferiore.”

Vuoto.”

Confuso.”

Depresso e ansioso.”

Ho un'infelicità che mi causa dolori dappertutto.”

A casa non riesco a far altro che guardare la tv.”

Sai, ero un musicista, e ho bisogno di scrivere musica ogni giorno – è una necessità dell'anima. Ma quando torno a casa sono troppo stanco.”

E' come se si fosse rotto qualcosa dentro di me. E' come rinunciare a se stessi per poter sbarcare il lunario – non c'è via d'uscita.” (pp 10-11)

 

Queste risposte, che esprimono sentimenti che non erano mai stati condivisi tra colleghi, stimolano la Alonso e un piccolo gruppo di suoi colleghi a condurre una ricerca per capire che cosa stesse loro succedendo e perché. Nelle riunioni mensili in cui la Alonso condivideva le sue ricerche di biblioteca, cominciano a esplorare l'effetto distruttivo del lavoro ripetitivo associato ad un senso di impotenza sul luogo di lavoro. Cercano di approfondire ciò che la Alonso ha intuito, ossia che “qualcosa nel nostro lavoro ci sta cambiando, come se abitassimo lungo il Love Canal [canale usato per lo stoccaggio di diossine, ndt]” (p.37)

Nel corso dei due anni successivi questo gruppo di lavoratori analizza i propri sogni e speranze infranti, e al contempo studia argomenti di scienze sociali per poter capire meglio in che modo il lavoro li stesse cambiando. Avevano ammesso l'un l'altro che la loro capacità di ragionamento era diminuita col passare degli anni in fabbrica. La carenza di stimoli mentali stava riducendo la loro intelligenza. Infatti, come aveva scoperto la Alonso nelle sue letture, un ricercatore tedesco aveva dimostrato che il QI diminuisce dopo anni di lavoro non specializzato. Questo declino cognitivo non aveva stupito più di tanto gli operai, a uno dei quali fu detto in passato da un superiore, “Non sei pagato per pensare”. Gli operai avevano scoperto a loro spese che un lavoro piatto appiattisce anche il loro intelletto.

La Alonso pensò che l'esperienza che stavano vivendo nella loro fabbrica non avrebbe stupito Adam Smith, che nel 1776 scrisse sugli effetti catastrofici per la mente del lavoro non specializzato, conseguenza sgradita ma inevitabile del nuovo sistema industriale:

La capacità cognitiva della maggior parte dell'umanità viene formata da ciò che si apprende sul posto di lavoro. Se si passa tutta la vita a svolgere poche e semplici attività, si perde naturalmente l'abitudine a risolvere problemi e inevitabilmente si diventa sempre più stupidi e ignoranti... Ma in ogni società moderna e civile questa è la condizione in cui ricade necessariamente la forza lavoro costituita dai poveri (p.180).

Oltre ai problemi cognitivi, gli operai devono anche affrontare depressione, ansia e apatia. La ricerca della Alonso mostra che questi sintomi sono analoghi a quelli delle vittime di quello che la psicologa Judith Herman chiamava “sindrome cronica complessa da stress post-traumatico” o CCPTSD. E come scriveva la Herman, le persone affette da CCPTSD “risentono di un passato di prolungato assoggettamento al controllo totalitaristico” (p.125).

L'esperienza quotidiana della Alonso e degli altri lavoratori era quella di un ambiente totalitario. Tutti i movimenti venivano controllati. Ci voleva un permesso per andare alla toilette. I supervisori alzavano la voce con gli operai come se si rivolgessero a dei bambini disobbedienti. Le conversazioni venivano controllate e spesso anche vietate. Lasciare il lavoro, sebbene possibile, era sempre più difficile col passare degli anni, anche a causa degli impegni economici dei lavoratori.

Cercando di comprendere meglio gli aspetti del totalitarismo nell'ambiente di lavoro, la Alonso studiò la cultura militare e si accorse di molte somiglianze con la cultura della fabbrica. E non erano casuali. Aveva potuto appurare che l'azienda selezionava deliberatamente supervisori con un trascorso militare. Il fatto che la fabbrica facesse parte del complesso militare-industriale, dato che costruiva missili impiegati nelle guerre degli Stati Uniti, rendeva la cultura militare particolarmente appetibile per i dirigenti dell'azienda.

Nel periodo preso in analisi dalla Alonso, i rapporti tra lavoratori erano tesi perché molti ricercavano un senso di appartenenza attraverso l'identificazione patriottica con la missione dell'azienda e con la guerra in corso, ma ciò li rendeva meno tolleranti nei confronti di coloro che non erano d'accordo con la guerra. Con l'aumentare della richiesta di missili aumentava la pressione sui lavoratori perché rimanessero coesi.

Come tante aziende manifatturiere, l'American Missile aveva un sindacato. Purtroppo questo fatto costituiva sia parte del problema che della soluzione. I capi del sindacato rifiutavano di promuovere interrogazioni su casi di abuso sessuale, non riconoscevano i comitati formati dalla Alonso e da altri, e tormentavano sistematicamente gli iscritti. E dunque molta dell'energia da impiegare per il miglioramento dell'ambiente di lavoro veniva usata per i tentativi spesso inutili di riformare il sindacato.

In tutto il suo libro, la Alonso unisce al racconto di quasi due decadi di esperienza in fabbrica la sua ricerca sugli effetti dell'ambiente di lavoro sugli operai. Il risultato è un libro tra i più provocanti dell'anno. Mentre i politici parlano incessantemente di posti di lavoro ma ne creano pochi, la Alonso ci rammenta che una società sana non solo sarà in grado di procurare lavoro, anche ben retribuito, ma un lavoro che innalzi lo spirito e favorisca la crescita delle persone.

Certamente oggi, 235 anni dopo la descrizione di Adam Smith della natura distruggi-mente del lavoro non specializzato, una “società migliore e civile” - come Smith chiamò il nuovo capitalismo industriale – dovrebbe essere una che smentisca le sue affermazioni. Una in cui tutti i lavoratori trovino il loro lavoro stimolante per la mente, lo spirito e il senso di umanità. Una società in cui i lavoratori non sono solo gli strumenti dei ricchi e dei potenti, ma costruttori di un mondo più decente per se stessi, i loro colleghi e tutta la società. E anche se i politici che fanno gli interessi dei potenti non saranno interessati a questo obiettivo, di sicuro la maggior parte di noi lo condivide.

"Che cosa hai imparato questa mattina?
Quante cose conoscevi nel pomeriggio?
E alla sera eri soddisfatto?
Ti hanno insegnato a far domande quando andavi a scuola?
La tua fabbrica ti ha aiutato a crescere, eri tu il costruttore dello strumento?
Il posto in cui abitavi
ha arricchito la tua vita, e poi
Sei riuscito a capire qualcosa dei tuoi compagni, gli esseri umani?
Di tutti gli uomini, di tutti gli uomini?"

- Tratto dalla 'Ballata della contabilità', parole e musica di Ewan MacColl

Note: Tradotto da Daniele Buratti per Peacelink
Stephen Soldz è psicoanalista, psicologo, ricercatore della sanità pubblica, e membro di facoltà della Scuola Universitaria di Psicoanalisi di Boston. E' autore del blog Psiche, Scienza e Società. Soldz è uno dei fondatori della Coalizione per una Psicologia Etica, una delle organizzazioni impegnate per il cambiamento della politica dell'Associazione degli Psicologi Americani sulla partecipazione agli interrogatori violenti; ha lavorato come consulente psicologo in diversi processi a Guantanamo. Attualmente Soldz è Presidente di Psicologi per la Responsabilità Sociale (PsySR).
Articolo originale:http://www.counterpunch.org/2011/09/20/34529/
Tradotto da Daniele Buratti per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
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