Con i miei connazionali, oltre le parate e i cacciabombardieri
Sono decisioni che fanno percepire un'attenzione e un'energia crescente nella popolazione. Come si sa, negli ultimi tempi si sono moltiplicati gli inviti a rinunciare al progetto da parte di enti locali, di associazioni, di singoli (al momento, sono quasi 80.000 le sottoscrizioni raccolte sull'appello lanciato da "sbilanciamoci" e dalle associazioni della "Rete Nazionale Disarmo" e 645 le associazioni che hanno aderito).
La crisi economica e i drammatici eventi delle ultime settimane - in particolare le scosse di terremoto in Emilia Romagna che hanno causato nuove vittime solo due giorni fa - hanno indotto moltissimi cittadini, insieme a esponenti politici e del mondo della cultura, a chiedere di rinunciare a quell'acquisto. Si è insistito anche per l'annullamento delle celebrazioni previste a Roma per il 2 giugno, festa della Repubblica, e quindi della parata militare.
Molte associazioni hanno considerato importante anche invitare a rispettare la scelta dei volontari che prestano servizio civile, scrivendo al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione Andrea Riccardi e chiedendone un intervento, per impedire un addestramento di questi giovani mirato alla partecipazione in formazione militare alla parata. E hanno ricordato la crisi gravissima in cui si sta spingendo il servizio civile - che avrebbe potuto rappresentare una grande risorsa anche in questo momento - privato di mezzi e di prospettive.
Infine, i tempi sono forse maturi per riflettere sul significato della festa della Repubblica.
La popolazione non si rispecchia in questo genere di celebrazioni. E' improbabile che possa mai affezionarsi a questo appuntamento con armi e divise. Sarà forse tollerante e potrà considerarla al massimo un'esibizione spettacolare, rispettando l'impegno personale dei singoli partecipanti. Nessuno, invece, può pensare che all'indomani di una parata militare si sia più pronti a riflettere sul periodo di vita comune trascorso, sul futuro da affrontare, sulle scelte che come paese abbiamo fatto - anche a livello internazionale - e sulle prospettive e gli scenari futuri. Saranno pochi ad averne ricavato qualcosa.
Pensare per un giorno al proprio paese potrebbe essere un’occasione di conoscenza e di crescita civile, ma procedendo in questo modo nessuno potrà mai sospettarlo.
Proprio ieri è stata recepita la direttiva sul commercio di armamenti all'interno dell'Unione Europea (2009/43/CE), con l'approvazione definitiva di un decreto legislativo da parte del Governo. Vi si prevede il sempre benvenuto "snellimento della burocrazia", che in questo caso però riduce controlli e obblighi per le società che commerciano e per le banche intermediarie. Uno dei fenomeni che non si riesce a contrastare - e che la modifica normativa certo non combatte - è quello delle triangolazioni (il reale destinatario delle armi è diverso da quello apparente). E' quasi superfluo sottolineare che le semplificazioni intervengono in un settore e in un contesto internazionale da brividi, certamente peggiorato rispetto a quello in cui la direttiva è maturata.
Non ha in ogni caso senso indugiare in un esercizio acritico - quasi infantile - e avere sempre paura di confrontarsi. Sarebbe preferibile se mai conoscere meglio le forze armate e il ruolo che svolgono, arrivare così ad assumere posizioni più consapevoli sulle missioni all'estero, ragionare sulle regole che ci siamo dati attraverso la Costituzione.
Avrebbe un senso indurre soprattutto i giovani ad andare avanti in una ricerca, nell'elaborazione di un'idea di paese e di destino comune, di scelte che si possono condividere ma anche discutere e modificare; va fatto proprio perché è difficile, proprio perché manca la spinta ideale e l'entusiasmo per partecipare e tutto contribuisce a scoraggiarla questa partecipazione, offuscando l'orizzonte in cui dobbiamo muoverci e valutare.
Un'esibizione militare, in questo contesto, è quanto di peggio - e comunque di meno significativo - si possa proporre.
Si sta diffondendo quindi l'opinione - pur circospetta, data l'abitudine a vedere che ad ogni confronto su materie sensibili si sprigionano, ai piani alti, la rissa e il turpiloquio - che avrebbe un maggiore valore sociale organizzare eventi che producano la circolazione di materiale storico e di attualità, forniscano sostanza ideale e culturale, emozioni collettive di ben altro genere. Nelle città in cui, ad esempio, è stata più diffusa, l'esperienza delle celebrazioni per i 150 anni dall'Unità d'Italia è stata positiva; è riuscita a infiltrarsi nel tessuto e nel sentimento sociale, ha incontrato arte e letteratura, giovani e insegnanti, ha indotto a riunirsi fisicamente in posti pieni di storia e anche di simboli, con la curiosità e la volontà di condividere un momento comune di conoscenza. Proprio il protagonismo dei cittadini è stato determinante e non ha fornito spazio ad alcuno spirito nazionalistico o a manipolazioni. Andrebbero solo coinvolti settori economici e fasce della popolazione che in quell'occasione sono rimasti ai margini.
Alcuni temi, esperienze ed eventi che ci hanno riguardato o che dovranno essere affrontati, potrebbero ogni anno diventare un punto verso cui far convergere l'attenzione, nelle scuole, nelle iniziative culturali, nei musei e nei teatri, nelle università e nelle aziende, sollecitando partecipazione e creatività. Si parla infatti poco e in modo frammentario - e poche volte con l'idea di poter condividere un progetto comune e non calato dall'alto - di prospettive scientifiche e tecnologiche, di scelte sulla ricerca, di parti del nostro territorio o di minoranze della popolazione, di categorie professionali e di percorsi dai vecchi ai nuovi lavori, e anche - una volta passato il momento delle emergenze e dell'emotività - di fenomeni che richiedono scelte di solidarietà e rinunce individuali. L'importante è appunto che sia la società civile ad essere protagonista.
Se vogliamo essere insieme, a testimoniare la nostra presenza sullo stesso territorio, vitalità e legami con esso e tra di noi, se vogliamo verificare e alimentare le risorse che abbiamo di fronte ai problemi e alle opportunità comuni, non vale la pena di tenere un profilo sempre così basso. Proviamo a non sottovalutarci.
http://www.disarmo.org/nof35/
La MAPPA degli enti locali che hanno aderito
http://urlin.it/30d22
La lettera delle associazioni al Ministro Riccardi
http://urlin.it/30d25
La mozione approvata dal consiglio regionale dell’Umbria
http://www.consiglio.regione.umbria.it/sites/www.consiglio.regione.umbria.it/files/pdf-atti/2012/N54334.PDF
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