E’ un mondo piatto, dopo tutto: la politica della Difesa e della Sicurezza italiana nell'era della globalizzazione
Sono passati dieci anni da quando nel giugno 2002, il presidente George Bush esplicitò la dottrina dell’ ‘attacco preventivo’ (pre-emptive war). Il concetto fondamentale di questa dottrina consisteva nel diritto, da parte degli Stati Uniti, di usare la forza militare contro ogni paese e organizzazione ritenuti ostili. In seguito questa dottrina si è dimostrata più una tattica per avvallare l’intervento militare in Iraq in palese violazione del diritto internazionale (nella giurisprudenza internazionale e nella prassi delle Nazioni Unite manca qualsiasi riconoscimento di un preteso diritto di legittima difesa preventiva, in più l’Iraq non possedeva armi WMD, ma è stata attaccata, la Corea del Nord che ha dichiarato di possedere testate nucleari, non è stata attaccata).
Questa teoria ha conferito al Presidente ampi poteri attraverso la legittimazione di uno stato di emergenza perenne, creando uno sbilanciamento dei poteri a favore dell’Esecutivo, e ha
decretato che i nemici “non solo i terroristi ma i liberal interni, il cui progressismo si sarebbe trasformato in imbelle e compiaciuto nichilismo relativistico”.
(Carlo Galli, Manuale di storia del pensiero politico, il Mulino, ed 2006).
Dagli studi del The National Intelligence Council (NIC), appare chiaro che già prima del 2001 gli scenari internazionali sarebbero cambiati nel breve periodo con l’emergere di nuove potenze, la continua crescita demografica mondiale, l’aumento delle richieste di risorse energetiche, e le minacce alla sicurezza rappresentate da possibili nuovi conflitti e dal fenomeno del terrorismo, per cui veniva presupposto l’uso preventivo della forza militare.
Nell’ultima relazione del 2012, la “Global Water Security”, la preoccupazione degli analisti si è concentrata su ciò che si pensa sarà causa di nuovi conflitti, e cioè “In che modo i problemi legati all'acqua (carenza, cattiva qualità, o inondazioni) possono impattare sugli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per i prossimi 30 anni?”, in questo caso oltre che la crescita della popolazione, si è fatto riferimento al cambiamento climatico e allo sviluppo economico.
http://www.fas.org/irp/nic/index.html
Lo stato di emergenza perenne dopo l’11 settembre, ha giustificato l’emanazione di norme che riguardano, fra l’altro, la possibilità da parte del Presidente di violare i diritti civili in caso di stato di necessità (Authorization for Use of Military Force 2001), la violazione della privacy, la diminuzione dei diritti e della libertà dei cittadini, l’uso della violenza nel corso degli interrogatori (Patriot Act 2001-2006, dopo le varie revisioni per incostituzionalità, l’attuale presidente Obama ne ha esteso la validà sino al 2015) e le restrizioni in materia di immigrazione e permessi di soggiorno. E’ da ricordare che secondo la Costituzione americana è il Congresso ad avere il potere di dichiarare guerra, mentre il Presidente è il comandante in capo delle forze armate. Il War Powers Act del 1973 stabilisce che una guerra decisa dal Presidente, debba ottenere l’approvazione da parte del Congresso entro 60 giorni dall’inizio delle ostilità. In caso contrario, la Casa Bianca ha altri 30 giorni di tempo per ritirare le forze armate dal conflitto.
Quando nel 2004, i militari italiani inviati a contribuire alla “rinascita” dell’Iraq con lo scopo di mantenere e salvaguardare la pace, a Nassiriya ingaggiano uno scontro armato con i ribelli "Annichiliscilo, Luca... Porco zio... annichiliscilo", l’attuale ministro della Difesa Giampaolo Di Paola allora Capo di stato Maggiore della Difesa, in visita ai militari italiani in Iraq, disse: "Il metodo Nassiriya, che cerca di valorizzare il dialogo, il confronto, il rispetto per le autorità locali, che sono sovrane, funziona. I fatti ci danno ragione e il trend è positivo". L’unica verità sulla missione di pace italiana veniva tuttavia detta da Bush durante un discorso in Pennsylvania “l' Italia è uno degli alleati più leali e impegnati degli Stati Uniti. E' anche grazie a essa che noi non ci sentiamo isolati in un momento critico”. Una smentita alle dichiarazioni di Di Paola arrivava invece da Donald Rumsfeld, di cui Di Paola è stato ed è grande estimatore, a proposito del “trend positivo”. Lo slittamento anche linguistico della “guerra al terrore” lungo il piano “The Long War”, che prevedeva operazioni militari complesse e di lunga durata, era la testimonianza dell’evoluzione del pensiero strategico statunitense maturato durante il conflitto in Iraq. La guerra in Iraq ha infatti rivelato tulle falle dei principi “network centric warfare” imposti da Rumsfeld.
Il ricorso ai sistemi high-tech possono risultare vincenti solo in alcune fasi circoscritte, ma il “dopo guerra”, decretato frettolosamente nel 2003, ha sminuito la convinzione che la riproduzione digitale del reale potesse razionalizzare la complessità della realtà.
Di Paola, uno dei pochi fedeli assertori del “Network Centric Warfare” radicale rimasti, ritiene che il Governo deve continuare a finanziare l’acquisizione delle capacità indispensabili alla sua importazione nel nostro Paese.
Partendo dalla teoria descritta in “An introduction to Strategic Studies“ http://assets.cambridge.org/97805218/72614/frontmatter/9780521872614_frontmatter.pdf per cui è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale negli studi strategici, dopo la guerra fredda vi è stata una accelerazione della sistemazione del mondo lungo linee regionali quindi “la guerra al terrorismo ed i problemi legati alla sicurezza delle risorse energetiche, stanno disegnando il contorno di un “Regional Security Complex” (complesso regionale costituito da un gruppo di stati legati tra loro da stessi problemi di sicurezza), più ampio degli stessi confini geografici dei paesi membri della NATO”. L’analisi proposta nella topologia del Global Power http://policytensor.com/2012/05/25/the-topology-of-global-power/ che fa parte della sicurezza regionale nell’architettura della sicurezza internazionale, http://policytensor.com/category/regional-security/ , comprende la convinzione che la caratteristica strutturale più importante dell'ordine neoliberista è stata la persistenza di squilibri globali.
Nell’articolo “E’ un mondo piatto, dopo tutto” Thomas L. Friedman, autore dell’omonimo libro, scrive che tecnologia (la rete) e geoeconomia (globalizzazione della conoscenza) stanno rimodellando la nostra vita molto più velocemente di quanto si pensi. Se il 9 novembre 1989 ha rappresentato il momento per cui dopo la caduta del muro di Berlino, si è immaginato un mondo diverso caratterizzato da una “immaginazione creativa”, la data dell’11 settembre 2001 ha dimostrato il potere di una diversa forma di immaginazione, quella della “immaginazione distruttiva”.
http://www.uflib.ufl.edu/pers/Town_Meeting/documents/ProQuest_8180690011.pdf
Allo stesso modo, commentando il rapporto "Global Trends 2015: Terrorism-related Excerpts from Global Trends 2015”, in cui si prende in esame il mondo nel corso dei prossimi 15 anni dal punto di vista della sicurezza nazionale https://www.cia.gov/news-information/cia-the-war-on-terrorism/terrorism-related-excerpts-from-global-trends-2015-a-dialogue-about-the-future-with-nongovernment-experts.html , l’Istituto per la pace degli Stati Uniti scrive che “come la rivoluzione comunista si è conclusa con la caduta del muro di Berlino nel 1989, così la rivoluzione informatica ha raggiunto il punto di non ritorno. Il Dipartimento di Stato americano, mentre segna la fine della guerra fredda, continua ad essere guidato da pratiche più adatte ad una epoca precedente. Il processo decisionale è diventato più centralizzato, l’ accesso più limitato, e il flusso di informazioni più inibita. http://www.usip.org/publications/net-diplomacy-iii-2015-and-beyond
“Il mondo per il 2015 sarà popolato da 7,2 miliardi di persone (crescita demografica); il continuo sviluppo economico, insieme all’aumento della popolazione, porterà ad un aumento del 50% della richiesta di energia nei prossimi 15 anni. La domanda di petrolio aumenterà dai 75 milioni di barili giornalieri del 2000 a circa 100 milioni per il 2015 (risorse naturali ed energetiche); lo sviluppo dell’information technology e delle biotecnologie acquisterà sempre maggiore rilevanza a livello globale (scienza e tecnologia); il dinamismo economico più forte sarà tra i due mercati emergenti: Cina ed India (economia globale); lo stato continuerà a rimanere, durante il 2015, la singola e più importante unità organizzativa degli affari politici, economici, e di sicurezza, ma si confronterà con dei tests fondamentali di governo effettivo (governance nazionale ed internazionale); nel 2015, i conflitti intrastatuali rappresenteranno le maggiori minacce alla stabilità intorno al mondo. Le guerre tra uno stato e l’altro, benchè meno frequenti, aumenteranno di letalità, a causa della disponibilità di tecnologie militari più distruttive. La comunità internazionale dovrà inoltre gestire le conseguenze militari, politiche ed economiche di una area indo-cinese in crescente sviluppo e di una Russia in declino (scenari e conflitti futuri).” (Global Trends 2015)
Ad aumentare le possibile cause dello scatenamento una guerra, c’è anche il clima e i cambiamenti ambientali, sempre intesi come minacce alla sicurezza nazionale.
“L'area del cambiamento climatico ha un impatto drammatico sulla sicurezza nazionale” ha detto il segretario alla Difesa Leon E. Panetta , mettendo in relazione il deficit di bilancio superiore a 3000 milioni dollari a causa del costo del carburante di quest'anno, con la protezione delle risorse della nazione e l’impegno a continuare a mantenere il Dipartimento della Difesa all'avanguardia nella spinta per l'energia pulita e un ambiente amichevole.
In un articolo apparso su “Le Scienze”, vengono presentati studi che confermano l'esistenza di un rapporto tra cambiamenti climatici e conflitti armati: “combinando l'insieme dei dati meteorologici con i dati economici, i ricercatori Hanne Fjelde e Nina von Uexkull hanno trovato che la variazione nei livelli di precipitazioni in autunno aumenta il rischio di un conflitto armato tra i gruppi sociali, un rischio che aumenta ulteriormente nelle regioni più povere, che sono più vulnerabili ai cambiamenti del loro ambiente. In un altro studio sul rapporto fra cambiamenti climatici e conflitti, Erik Melander e Ralph Sundberg hanno mostrato che una combinazione di alta densità di popolazione ed elevato degrado del suolo aumenta il rischio di violenza tra fazioni non statali. Ciò, osservano i ricercatori, è allarmante dato che il cambiamento climatico può aumentare il rischio che questa combinazione - densità di popolazione e suolo in progressivo degrado - si diffonda in tutto il mondo”.
http://www.lescienze.it/news/2011/12/10/news/mappa_dei_conflitti_risoluzione_ricercatori_per_la_pace_africa_pace_clima_ucdp-729680/
Sebbene il Presidente Barack Obama (nobel per la pace 2009 per lo straordinario lavoro per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli) si sia presentato come l’affossatore della dottrina Bush, e si sia mostrato sensibile al tema del riscaldamento globale e del climate change, il ruolo che la nazione americana gioca sullo scacchiere internazionale non è cambiato. Semmai è cambiato il metodo con cui Obama ne decreta la superiorità.
Bush voleva operazioni militari in grande stile per punire il nemico, Obama si concentra sull’uso strategico dell’intelligence, l’impiego tattico delle forze speciali e dei veicoli senza pilota terrestri, aerei e marini. L’uso criminale dei droni nella guerra asimmetrica è stato oggetto di un discorso di Ben Emmerson, relatore speciale delle Nazioni Unite, alla Law School di Harvard.
Nel suo discorso Ben Emmerson ha condannato la pratica del waterboarding (tortura dell'acqua) e gli attacchi con i droni come crimini di diritto internazionale."Il paradigma della guerra globale ha fatto enormi danni al condiviso consenso internazionale”.
http://www.guardian.co.uk/world/2012/oct/25/un-inquiry-us-drone-strikes
Quanto il nobel per la pace sia scaduto nel suo valore simbolico per diventare un atto politico vero e proprio, è dato dal suo conferimento all’Unione Europea.
La misura che mostra una Europa poco unita emerge dal numero delle persone che ritireranno il nobel: a ricevere il premio ci saranno il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, e il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz.
La Politica di Sicurezza e Difesa Comune (di cui è parte integrante la Politica Estera e di Sicurezza Comune) è lo uno strumento della politica estera dell'Unione finalizzato al mantenimento della pace, alla prevenzione dei conflitti ed al rafforzamento della sicurezza internazionale.
Anche qui si parla di minacce meno visibili per cui le nuove sfide consistono nelle conseguenze della debolezza degli Stati (“failing States”), la criminalità, la pirateria, le sofferenze diffuse, l’ immigrazione illegale, la vulnerabilità energetica, il riscaldamento globale e la degradazione ambientale, i disordini finanziari, il terrorismo e il crimine organizzato. http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/esdp/133046.pdf
Non si tratta qui di elencare i vari conflitti in cui l’Europa è coinvolta, o entrare nei vari meccanismi che dividono i paesi dell’Europa della difesa, ma, come hanno detto il presidente tedesco Merkel e il precedente francese Sarkozy, prendere atto che la pace per l’Europa è un dato talmente fragile che vi sarebbe il "Rischio conflitti armati nel continente europeo se cade l'Euro".
La mancata fusione fra i colossi Eads/Bae sta ad indicare, ancora una volta, la frammentazione politica europea e i nazionalismi ancora presenti. La fusione, secondo i quotidiani tedeschi, avrebbe voluto risolvere i problemi e contemporaneamente chiudere un affare, con lo scopo primario di far uscire la Eads dalla forte dipendenza della politica. La mancata fusione tra Edas/Bae è "la fine di un sogno europeo". La stessa Agenzia europea per la difesa fa fatica a svolgere il suo compito di coordinamento dello sviluppo e ristrutturazione generale dell’industria europea della difesa, trovandosi di fronte a paesi che preferiscono la via degli accordi bilaterali.
L’Italia, che continua a considerarsi una strategica e incondizionata alleata degli Stati Uniti, perfettamente allineata a tutte le posizioni americane nel mondo, ha risposto sull’affare EADS-BAE con un patetico commento di Di Paola “per Finmeccanica è una buona notizia” , e un più diplomatico "I movimenti nell'industria aerospaziale, tentati e poi non andati a buon fine recentemente, danno il senso che c'e' una necessità di base di integrazione nel settore” del presidente del Consiglio Mario Monti.
La riforma delle Forze armate propugnata da Di Paola, parte dalla constatazione che il Modello di Difesa e l’organizzazione dello strumento militare devono adeguarsi al periodo storico, per cui è necessario centrare l’obiettivo di assicurare all’Italia uno strumento militare più ridotto, ma capace di esprimere una operatività maggiore di quella attuale. La modernizzazione delle Forze armate si concretizza con la cooperazione con l’industria della difesa, perché così non solo ci si dota di nuovi sistemi d’arma, ma si garantisce alle aziende spazio per la ricerca e occasioni di sviluppo.
Nell’audizione al Senato del 1 agosto, il presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi, intervenuto per illustrare le condizioni competitive della holding della Difesa e Sicurezza italiana, ha iniziato la sua relazione dichiarando che Finmeccanica ha un effetto sull’economia italiana pari circa all’1% del prodotto interno lordo. Uno dei problemi principali di Finmeccanica è però quello di generare pochissima cassa “'Abbiamo un portafoglio di attivita' eccessivamente articolato - ha detto Orsi e generiamo pochissima cassa. In particolare il rapporto tra generazione di cassa e debito non è sufficiente alto da mantenerci nell''investment grade' da parte delle agenzie di rating''.
E’ importante tenere a mente che con la finanziarizzazione delle imprese (iniziata con l'esternalizzazione della produzione su scala mondiale), l’impresa è diventata essa stessa un settore della finanza, relegando in secondo piano non solo la sua funzione sociale, ma anche quella produttiva. Gli investitori istituzionali (fondi comuni, fondi pensione e assicurazioni) che sono entrati nel capitale delle imprese, ne hanno assunto il controllo e impongono nuove finalità e concezioni dell'impresa. I soli interessi rilevanti sono quelli degli azionisti e non più quelli dei lavoratori, investitori, dei territori e del sistema Paese. Ciò che si produce, con quali processi e rendimenti, diventa esiziale rispetto al rendimento finanziario dell'azienda in concorrenza con analoghi rendimenti di altre aziende, o altri settori speculativi.
Se il rendimento finanziario non viene più ritenuto remunerativo nel breve periodo, si eliminano interi rami produttivi (vedi Breda e Ansaldo).
A seguito dell’applicazione del regolamento Ue sullo “short selling” e i CDS
http://www.diritto24.ilsole24ore.com/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2012/10/dal-1-novembre-2012-e-in-vigore-il-nuovo-regolamento-ue-sullo-short-selling-e-i-cds.html , si è scoperto che “Finmeccanica (è) nel mirino degli hedge fund. Ako Capital che detiene il 4,26% di Finmeccanica e Aqr Capital l'1,1%, sono le ribassiste detenute da Finmeccanica. Le "net short position", che rappresentano la differenza (se maggiore allo 0,5%) tra le posizioni in vendita e in acquisto sui titoli, compresi i derivati, verranno aggiornate quotidianamente, in ritardo di un giorno, sul sito della Commissione.
http://www.consob.it/main/documenti/mercati/shortselling/pubblicazione_pnc_20121102.xml?hkeywords=&docid=0&page=0&hits=1&nav=false&filedate=02/11/2012&xsl=shortselling_publication.xsl
Orsi, che tace sulle ripercussioni in borsa dovute alle inchieste in corso che lo riguardano, afferma che "Per le attività 'no core' di Finmeccanica, Ansaldo Breda in testa non ci sono alternative: o si trovano partner affidabili o è fallimento”. E sottolineando come siano a rischio fallimento non solo le singole attività, ma anche l'intero gruppo di Finmeccanica, l'ad Orsi continua: “E' inutile illuderci.
Senza il contributo di capitali esterni non ci possono essere ne' le dimensioni necessarie, ne' l'eccellenza qualitativa che consentono la competizione sui mercati globali. L'alternativa sarebbe tenerci tutto col risultato che non saremmo eccellenti in niente e falliremmo, distrutti dai mercati.
Io considero che tutti i settori, non solo i tre pilastri su cui si basa il gruppo secondo chi mi ha preceduto: aeronautica, elettronica per la difesa, elicotteri, ma io ci aggiungo anche lo spazio perché senza non c'e' futuro, debbano essere eccellenti”.
Dunque Finmeccanica non avrebbe le risorse e le capacità strategiche per supportare lo sviluppo nel settore trasporti, e non sarebbe in grado di svilupparne una tecnologia avanzata.
Ma soprattutto è da sottolineare l’incredibile dichiarazione "Le strategie di Finmeccanica non necessariamente coincidono con quelle del paese". Tutto ritorna con quanto scritto sulla finanziarizzazione dell’impresa.
Se allora le strategie di Finmeccanica non coincisono con quelle del paese, perché gli italiani dovrebbero spendere milioni di euro ogni anno per finanziare Elicotteri Combat SAR, Sistemi di controllo del territorio (“SICOTE”), SICRAL 2, M-346 (di cui ha annunciato lo sviluppo della versione da attacco leggero perché, con questa variante. il velivolo dal valore di circa 30 milioni di dollari, potrà soddisfare più clienti - come avevano richiesto gli Emirati Arabi -), Eurofighter, FREMM, VBM Freccia, Forza NEC.
Solo nel 2012 abbiamo speso con i nostri soldi 4.196 milioni di euro (investimenti totali nella Difesa finanziati dal Ministero della Difesa e dal Ministero dello Sviluppo Economico)
Ecco il documento:
http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm10/documenti_acquisiti/IC%20competitivita/2012_08_01%20-%20Finmeccanica.pdf
E l’F-35? Come al solito le informazioni arrivano dagli altri paesi interessati dal programma.
In Italia dopo mesi di bugie circa il costo e il numero dei lavoratori che saranno impegnati nel programma, “il generale Claudio Debertolis, segretario generale della Difesa, ha ammesso candidamente che il costo dei cacciabombardieri F-35 per Aeronautica e Marina italiane sarà ben più alto dei circa 80 milioni di dollari”
http://www.lastampa.it/2012/10/22/economia/a-cameri-la-fabbrica-del-jet-dove-decollano-solo-i-costi-3SzXiaD3nlyXkEWQMFsZhL/pagina.html
Il Rekenkamer Algemene (AR), revisore di stato indipendente olandese, ha concluso una relazione a ottobre affermando che se il ritiro immediato dal programma non porterebbe alcun vantaggio per i Paesi Bassi, è però meglio non andare oltre la fase attuale del programma. Ha inoltre detto che l'aumento dei costi dell’F-35 si sta mangiando tutte le risorse della forza aerea olandese.
http://www.courtofaudit.nl/english/Publications/Audits/Introductions/2012/10/Cost_of_withdrawing_from_the_Joint_Strike_Force_programme
In Canada il Ministro dei Lavori Pubblici Rona Ambrose, ha detto che prenderà in considerazione programmi alternativi all’ F-35 http://www.hilltimes.com/news/politics/2012/10/24/feds-locked-into-f-35-fighter-jets-despite-ambrose%E2%80%99s-promise-to-consider/32560 dopo la denuncia che la relazione inerente la scelta del velivolo mancava delle informazioni più importanti.
http://www.cbc.ca/news/canada/story/2012/09/27/f-f35-contract-fifth-estate.html
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