“Tesoro mi si sono ristretti i costi dell’F-35” Dall’America all’Italia si salva solo la nuova generazione di armi
Il 1 gennaio 2013 sarà un giorno importante per gli Stati Uniti perchè se non si raggiunge un accordo fra repubblicani e democratici sulla politica di bilancio, sarà attivata una riduzione automatica del bilancio di 1.500 miliardi di dollari. Di questi 1500 miliardi 500 (in dieci anni), un terzo del taglio, dovrebbero essere riferiti al Pentagono. Sarà interessante appurare se le conseguenze negative del ''fiscal cliff'' (precipizio fiscale ) avranno un impatto non solo sui programmi sociali, ma anche sull’evoluzione della strategia difensiva americana.
Secondo Randy Forbes, repubblicano presidente della House Armed Services Readiness Subcommittee, la strategia delineata nella “Defense strategic guidance” http://www.fas.org/sgp/crs/natsec/R42146.pdf non deve essere intaccata dai tagli.
Come si può leggere nell’articolo “Usa-Cina, il duello è anche militare” di Matteo Dian http://temi.repubblica.it/limes/usa-cina-il-duello-e-anche-militare/32455 , “la grande strategia dell’amministrazione Obama è caratterizzata da due fattori principali: la riduzione degli impegni militari diretti (con razionalizzazione delle spese) e il ri-orientamento verso la regione dell’Asia-Pacifico”, mentre il complesso militare industriale deve essere diretto dal concetto di battaglia "Air sea battle" indipendentemente dal costo e dai conflitti che può incoraggiare.
La nascita del concetto di battaglia Airsea (ASBC), nella sua forma base, è una chiamata alla cooperazione tra Aeronautica e Marina per superare la “strategia cinese di Anti access-area denial (A2ad), ovvero la capacità di contrastare la superiorità degli Stati Uniti sugli spazi comuni dell’area dell’Asia Orientale”. Chissà se ASBC costituisce una strategia di comunicazione strategica non dissimile a quella delle Star Wars di Reagan nei confronti dell'Unione Sovietica, ma se così fosse, non si capisce perché gli Stati Uniti rifiutano costantemente l’offerta della Cina di un trattato multilaterale, finalizzato a prevenire la militarizzazione dello spazio. Alcuni critici dubitano che la Cina, che detiene 1.600 miliardi dollari nel debito degli Stati Uniti e dipende in larga misura l'economia americana, colpirebbero le forze Usa di punto in bianco.
La relazione di una task force formata da esperti indipendenti, ha approfondito la questione dei tagli alla difesa in corrispondenza del panorama globale e di una nuova strategia della difesa, la ‘Strategic Agility’. La relazione mette in evidenza principi che enfatizzano il funzionamento di piccole unità militari, queste hanno sede negli Stati Uniti ma possono essere proiettate velocemente verso basi in tutto il mondo. C’è necessità di riequilibrare le forze Usa che devono essere concentrate in Asia piuttosto che in Europa, e infine bisogna rafforzare il patrimonio tecnologico e scientifico, per garantire agli Stati Uniti il mantenimento del proprio vantaggio tecnologico contro tutte le altre nazioni. http://www.stimson.org/images/uploads/research-pdfs/A_New_US_Defense_Strategy_for_a_New_Era.pdf
Oltre che alla cyber guerra, una nuova forma di guerra combattuta nello spazio già iniziata in alcuni paesi, che viene discussa in forum globali a proposito dei modi per governarla, il presidente Obama ha privilegiato la combinazione di forze speciali, droni e una rete di spie (della DIA) clandestine addestrate dalla Cia. Il loro campo d’azione va dall’Iran ai gruppi di militanti islamici, dalla Corea all’Africa alla Cina. Sia per quanto riguarda la cyber guerra che l’impiego di sistemi d’arma autonomi, cioè quel sistema d’arma che, una volta attivato, può selezionare e innestare bersagli senza un ulteriore intervento umano, si stanno definendo delle direttive che stabiliscono le linee guida che hanno come scopo la riduzione dei danni dovuti a guasti (degrado delle comunicazioni, errori di codifica, infiltrazioni, ecc) o agli effetti collaterali (bersagli non previsti, uomini o cose).
http://www.washingtonpost.com/world/national-security/dia-to-send-hundreds-more-spies-overseas/2012/12/01/97463e4e-399b-11e2-b01f-5f55b193f58f_story.html
Special operations forces, Cyberspace capabilities, Next generation long-range penetrating surveillance and strike e Survivable undersea warfare systems, sono stati oggetto di studio del rapporto del Centro per le valutazioni strategiche e di bilancio (CBSA) “How Can the Defense Department Prepare for sequestration?” , che ha avuto il compito di selezionare i programmi e consigliare quali riduzioni avviare.
http://www.csbaonline.org/2012/12/03/how-can-the-defense-department-prepare-for-sequestration/
In questo rapporto, come in quello dello Stimson Center, si fa riferimento alla possibilità di ridurre gli F-35 per liberare risorse da investire in tecnologie di prossima generazione, collocando l’aeromobile come passo intermedio nelle guerre moderne. L’ F-35 viene considerato un calvario insopportabile perché pur essendo un aereo di quinta generazione come l’F-22, oggi non si può ancora dire nulla. La caratteristica principale di questi sistemi è quella di essere stealth, ma è proprio la diversa considerazione di questa tecnologia a dividere la Marina e l'Air Force, in quanto vi sono approcci radicalmente diversi sulla questione fondamentale di come i loro aerei possano sopravvivere alla vista del nemico.
Il capo delle operazioni navali, l'ammiraglio Jonathan Greenert, un sommergibilista, ha scritto nella rivista del US Naval Institute che "La rapida crescita della potenza di calcolo introduce nuovi sensori e metodi che renderanno sempre più difficile mantenere l’invisibilità e i suoi vantaggi. E 'il momento di spostare la nostra attenzione dalle piattaforme che si basano esclusivamente sulla furtività.". Così, mentre l'Air Force ha scommesso sui velivoli di quinta generazione con tecnologia stealth, la Marina preferisce proiettarsi verso l’aereo da combattimento a pilotaggio remoto X-47B UCAS-D (Unmanned Combat Air System – demonstration) che ha caratteristiche di bassa osservabilità di dimensione comparabile a quella di un F-18 (circa l’87%).
http://www.navair.navy.mil/index.cfm?fuseaction=home.NAVAIRNewsStory&id=5020
E’ ovvio che in questione non c’è solo la considerazione del fallimento o meno di questi tipo di aerei, ma la destinazione dei finanziamenti nel bilancio del Pentagono. Per difendere l’F-35 da ulteriori tagli, il Pentagono ha annunciato a fine novembre di aver raggiunto un accordo con la Lockheed Martin sul quinto lotto (e forse anche sul sesto) di produzione, che significa l’acquisto di altri 32 F-35. "E 'stata una trattativa difficile e siamo lieti che abbiamo raggiunto un accordo” ha detto George Little, il portavoce del Pentagono.
US Air Force continua ad affermare l’intenzione di acquistare 1.763 F-35, un velivolo che da solo rappresenta il 15 per cento della spesa per investimenti annuale del servizio, che è già stato ristrutturato tre volte negli ultimi anni, per consentirgli più tempo per lo sviluppo tecnologico e per risparmiare denaro.
Il tema della tecnologia stealth, oltre a quello dei costi e dei ritardi del programma, è stato al centro di una controversia interna al governo canadese.
Il generale Thomas J. Lawson, capo di Stato Maggiore delle Forze canadesi, ha minimizzato l'importanza di acquistare un aeromobile di cosiddetta "quinta generazione".
Questa classificazione viene utilizzata negli Stati Uniti per indicare aeromobili di più recente tecnologia con capacità stealth, ma alla domanda "C'è un solo aereo in grado di soddisfare gli standard stealth?” il generale ha risposto di no, contraddicendo il principale requisito per cui il governo ha scelto l’acquisto dell’F-35.
http://www.cbc.ca/news/politics/story/2012/11/30/pol-lawson-committee-f35-stealth-options.html
“Honey, I shrunk the F-35 cost estimates” è uno dei tanti articoli che denunciano come il governo abbia sempre ingannato i canadesi e continua a nascondere il vero costo degli F-35. http://www.cbc.ca/news/politics/story/2012/04/12/auditor-general-f-35.html Per questo nel mese di dicembre i deputati dell'opposizione hanno chiesto le dimissioni del ministro della difesa Peter MacKay. "E ' stato praticamente un portavoce della Lockheed Martin, il produttore dell’ F-35, da quando è entrato in carica. Ha denigrato e attaccato ogni persona dell’opposizione, nel partito liberale o altrove, che ha sollevato dubbi o domande su questo”. http://www.cbc.ca/news/canada/story/2012/12/06/poli-f35-pmo-government-fighter-jets.html
In Italia venerdì 7 dicembre si è dimesso il Presidente del Consiglio Mario Monti. Il Presidente ha comunicato a Giorgio Napolitano che abbandonerà l'incarico subito dopo l'approvazione della legge di Stabilità, e, probabilmente, dopo aver accuratamente fatto approvare alla Camera il disegno di legge Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia (Approvato dal Senato).
Anche in Italia, come negli altri paesi coinvolti nel progetto F-35, non solo il costo del’F-35 si è ristretto e allargato negli anni, ma anche il numero dei lavoratori coinvolti nella produzione. Inizialmente l’F-35 avrebbe dovuto occupare 10.000 nuove unità, poi le 10.000 unità impegnate per il programma Joint Strike Fighter F-35, sarebbero state quelle rilevate dal programma Eurofighter. Con queste parole Claudio Debertolis, segretario generale della Difesa, ha ammesso che anche il costo dei cacciabombardieri F-35 per Aeronautica e Marina italiane sarà ben più alto dei circa 80 milioni di dollari per ciascun esemplare dei primi tre apparecchi. “Il dato si è rivelato irrealistico - ha spiegato il generale - poiché si riferiva a una pianificazione ormai superata dalle vicende del programma e verteva sul solo aereo nudo”. I primi F-35 avranno un costo previsto attualmente in 127,3 milioni di dollari (99 milioni di euro) a esemplare per la versione A e di 137,1 milioni di dollari (106,7 milioni di euro) per la versione B a decollo corto e atterraggio verticale (Stovl) che verranno acquisiti dal 2015.
Il 5 e 6 dicembre 2012 si sono svolte due audizioni importanti presso la Camera dei Deputati.
Nella seconda il Ministro della difesa, Giampaolo Di Paola ha esposto “il contributo italiano alla costruzione della dimensione europea della difesa”. Il Ministro ha sottolineato due iniziative: la crescita e l'approfondimento della dimensione di difesa e sicurezza come elemento necessario del processo di integrazione politica dell'Unione, il documento chiamato “More Europe”, poi ha dichiarato che una difesa europea maggiormente integrata rafforzerebbe anche l'Alleanza Atlantica, e infine ha concluso dicendo che il disegno di legge delega per la revisione dello strumento militare nazionale, in approvazione alla Camera dei Deputati, va in questa direzione.
L’Italia è membro del gruppo Weimar Plus che riunisce i ministri di Esteri e Difesa di Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia. Con l'iniziativa “More Europe”, il ministro degli esteri Giulio Terzi di Sant'Agata ha dichiarato che si è deciso che “Occorre andare verso un mercato unico dell'industria della Difesa, tenendo conto che l'Europa deve saper efficacemente cooperare al suo interno per promuovere la sua sicurezza esterna, dalle missioni all'estero alla sorveglianza verso le possibili situazioni di crisi che tocchino i Paesi vicini, alle missioni umanitarie e di mediazione per affrontare situazioni come quelle del Mali e della Somalia. Il primo passo è avere tecnologie avanzate meno costose e più efficienti, in un periodo in cui gli Stati nazionali dispongono di risorse sempre più esigue e le crisi sono sempre più multidimensionali. La Difesa è un tema cruciale, ad esempio, nei rapporti con la Russia e in questi mesi abbiamo più volte sottolineato che il concetto di indivisibilità della sicurezza rende indispensabile la cooperazione con la Russia”. Quello fra la Nato e la Russia è un rapporto che consideriamo strategico e al quale teniamo molto. Ne ho parlato nei mesi scorsi nei miei incontri avuti a Mosca sia con Medvedev che con il collega Lavrov, evocando lo "spirito di Pratica di Mare", e lo ribadirò alla riunione del Consiglio Nato-Russia la prossima settimana. http://www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/ArchivioNotizie/Approfondimenti/2012/11/20121115_WeimarPlus.htm?LANG=ITBruxelles».
Nella prima audizione invece, il Segretario Generale della difesa e Direttore nazionale degli armamenti, Gen. Sq. A. Claudio Debertolis, ha relazionato sullo stato di avanzamento del programma d’armamento Joint Strike Fighter.
Quello dello Joint Strike Fighter ha detto Debertolis, è un “programma di fondamentale importanza per la Difesa”, e ha spiegato che gli ordini per il nuovo modello di aereo rappresentano una “ineludibile esegenza per le sostituzione” di modelli ormai obsoleti. Nei mesi scorsi alcune dichiarazione di Debertolis erano state al centro di polemiche perché aveva parlato di un raddoppio dei costi per il velivolo. Ipotesi e smentite si erano alternate anche sull’ipotesi, diffusasi alcuni giorni fa, di un raddoppiamento del numero di F-35 costruiti a Cameri. La smentita poi è arrivata da Alenia Aermacchi e Lockheed Martin.
F-35, alla Camera la verità sui supercaccia: “Primo aereo pronto nel 2015”
http://edizioni.lastampa.it/novara/articolo/lstp/26771/
Come si legge nell’articolo, Debertolis afferma che “a Cameri, oltre all’assemblaggio dei velivoli destinati a Italia e Olanda (nessun cenno, invece, all’ipotesi di realizzare qui parte della produzione per gli Usa), saranno costruite circa mille ali e parti centrali di fusoliera per un terzo della flotta totale. ‘Quello di Cameri - ha aggiunto - è l’unico stabilimento oltre a Forth Worth. L’Inghilterra non sta investendo, l’Australia e il Giappone non hanno messo neanche le fondamenta. La possibilità che il lavoro ci arrivi c’è“.
Altra bugia: Bae Systems ha recentemente reso noto che ha attivato una nuova linea di montaggio per l’F-35 a Samlesbury nel Lancashire. La nuova linea è stata installata nell’ultima parte dello stabilimento dedicato al velivolo, e servirà all’assemblaggio finale delle sezioni terminali della fusoliera di tutte e tre le varianti. Una struttura simile verrà attivata nel 2013 per l’assemblaggio dei piani di coda.
http://www.baesystems.com/article/BAES_153641/f-35-on-the-pulse?_afrLoop=1740690222892000&_afrWindowMode=2&_afrWindowId=_refreshed_
Tanto per il Ministro Di Paola quanto per Debertolis, il programma è di fondamentale importanza per la Difesa come è altrettanto importante finanziare l’industria della difesa.
Nel suointervento al Senato della Repubblica sulla Revisione dello Strumento Militare nazionale, il Ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha detto “I militari italiani che in Libano, in Kosovo, sui cieli della Libia, sui mari dell'Oceano indiano e in Afghanistan svolgono così bene la loro missione (come ha ricordato la senatrice Mancuso), lo fanno, non solo per le loro qualità umane, ma anche perché sono equipaggiati con mezzi terrestri e aereo-navali, droni, sistemi di protezione, di osservazione, di comunicazione, satellitari e di intelligence di ottimo livello. Senza queste dotazioni ed equipaggiamenti moderni, il militare italiano potrebbe fare poco o niente e certamente sarebbe tagliato fuori dal mainstream delle forze armate europee e NATO”.
http://www.difesa.it/Il_Ministro/Messaggi_Interventi/Pagine/DiPaolaSenatorevisionestrumentomilitare.aspx
In questa crisi che è anche una guerra di classe “il fatto è che la lotta di classe c’è ancora, e questa volta con una dose aggiuntiva di inganni”, come scrive il nobel per l’economia Paul Krugman nell’articolo “Le guerre di classe del 2012”, i governi sono preoccupati a salvare solo le banche la nuova generazione di armi.
Nella conferenza di Londra “Le aziende di Difesa Aerospaziale può contribuire a salvare il pianeta da espansione nei mercati adiacenti”, i gestori e gli specialisti della ricerca e sviluppo del settore aerospaziale, della difesa e della sicurezza, si sono incontrati per esplorare i mercati emergenti a loro contigui. L'energia, l'ambiente e il clima, la sicurezza alimentare e l’acqua, la protezione contro le catastrofi naturali, sono al centro dell’interesse di EADS, Finmeccanica, Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon e Saab in collaborazione con IHS.
Finmeccanica ha illustrato la sua strategia che vuole offrire il suo know-how per il monitoraggio della terra e dei cambiamenti climatici, la gestione delle risorse naturali, la gestione dell'energia e della mobilità sostenibile, la sanità e l'istruzione. Secondo una stima del Stimson Center, il mercato della sicurezza civile e sociale ha un valore di 200 miliardi di dollari l'anno. Lorenzo Fiori, Direttore Strategie del Gruppo Finmeccanica Senior Vice President Strategy di Finmeccanica, ha parlato delle “Città Intelligenti” come del “sistema dei sistemi, in cui siano realizzate le gestioni integrate di soluzioni sostenibili che abbiano a che fare anche con le tematiche dell’energia e della mobilità. Si tratta, in sintesi, dell’interdipendenza dei bisogni a cui fare fronte impiegando le risorse economiche nel migliore dei modi” http://planetinspired.info/-/l-itc-nelle-smart-cities
Così oltre alle bombe intelligenti avremo le città intelligenti marchiate Finmeccanica.
“Basterebbe rifinanziare la legge 808 con 50 milioni di euro all'anno (con impegno di spesa di 15 anni) per garantire all' industria italiana dell' aerospazio e dell' elettronica, quindi anche a Finmeccanica e al suo indotto, il supporto necessario per proseguire lo sviluppo di progetti innovativi che permetterebbero di continuare ad eccellere nel mondo, assicurando decine di migliaia di posti di lavoro altamente qualificati ai nostri giovani”.
Per finire, letterina di Natale di Giuseppe Orsi al sole24ore.
“Gentile Direttore, ho letto con vivo interesse l'articolo di Paolo Bricco «Ilva e Finmeccanica: i pivot italiani da tutelare. La manifattura al bivio tra vecchie zavorre e mercati globalizzati», apparso sul Sole 24 Ore il 30 novembre.
E sarei lieto di intervenire in questo importante dibattito sulle prospettive dell'industria manifatturiera italiana, in particolare nell'orizzonte di medio-lungo termine a cui tutti guardiamo con crescente attenzione vista la prolungata crisi economica che stiamo attraversando.
Ritengo che l'industria italiana si trovi realmente a un punto di non ritorno. Questo vale sia per i pochi grandi gruppi manifatturieri rimasti nel Paese, tra i quali Finmeccanica, sia per le decine di migliaia di piccole e medie imprese che continuano a fare la ricchezza dell'Italia e la cui diffusione capillare sul territorio rappresenta una delle più importanti risorse su cui il Paese può ancora contare.
Sono infatti le Pmi che consentono all'Italia di confermarsi, nonostante la crisi, seconda nazione manifatturiera in Europa, dopo la Germania.
Benché vi siano molti lacci e lacciuoli, giustamente richiamati da Bricco, ad ostacolare lo sviluppo delle aziende italiane, dando ai nostri concorrenti stranieri vantaggi significativi, oggi l'industria manifatturiera italiana di ogni dimensione riesce ancora ad imporsi a livello internazionale grazie alle proprie eccellenze, in particolare dove c'è l'esigenza di capacità manifatturiera qualificata e attenta all'innovazione tecnologica.
Delle tre componenti necessarie per la creazione di un prodotto - costo del lavoro, capitale e tecnologia - solo quest'ultima costituisce ancora un fattore competitivo favorevole alla nostra industria, incluse le Pmi: su questo aspetto, dunque, l'industria manifatturiera italiana deve basare sempre di più la propria competitività.
Finmeccanica è impegnata con grande determinazione ad innovare il proprio patrimonio tecnologico, i propri prodotti, i metodi di produzione, la propria supply chain, per attuare il nuovo indirizzo strategico approvato un anno fa dal consiglio di amministrazione, che punta ad uno sviluppo "sostenibile" del Gruppo per farne un leader mondiale nell'alta tecnologia. Il nostro futuro non si baserà più soltanto sulle pur importanti produzioni per il settore della difesa, ma sarà focalizzato anche su alcune aree strategiche in cui Finmeccanica ha, o può raggiungere, posizioni di leadership sfruttando per il mercato civile le tecnologie originariamente sviluppate per il militare. Penso alle opportunità della cybersecurity a protezione delle infrastrutture critiche, alla gestione delle moderne città attraverso tecnologie smart, alle comunicazioni satellitari, alle necessità di una mobilità intelligente: tutte aree soggette a grande sviluppo, nelle quali Finmeccanica può giocare un ruolo determinante per una effettiva modernizzazione del Paese.
Raggiungere questo obiettivo è possibile, a patto che maturino condizioni di contesto chiare e precise, animate dalla consapevolezza che le attività di ricerca e sviluppo rappresentano il motore indispensabile per creare innovazione tecnologica in Italia, in generale, e nel nostro settore, in particolare.
L'industria aerospaziale ed elettronica italiana, civile e militare, rappresenta oggi uno dei principali settori manifatturieri strategici per lo sviluppo del Paese: ha un giro d'affari superiore ai 13 miliardi di euro annui, di cui oltre il 50% esportato; ha più di 50mila addetti, altamente specializzati, tra cui 10mila ingegneri; investe in Ricerca e Sviluppo circa il 12% del proprio fatturato; dispone di un indotto qualificato di oltre 150mila persone e di una presenza capillare in quasi tutte le regioni italiane. Tuttavia, il rischio di una significativa recessione per questo comparto industriale è molto concreto, in un contesto di mercato nel quale i concorrenti internazionali continuano a ricevere dai rispettivi governi un sostegno attivo e strutturato, fatto di interventi sistematici di supporto alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e programmi.
Tale supporto, che potrei definire di "partenariato strutturale", è stato sempre assicurato dai governi delle nazioni più avanzate alle proprie industrie dell'aerospazio, difesa e sicurezza, nella consapevolezza che un settore strategico come questo necessita di investimenti in ricerca e sviluppo che, per dimensioni e tempi di ritorno, non sono sostenibili dall'industria in maniera autonoma.
Tale settore rappresenta, peraltro, una delle filiere produttive con i maggiori tassi di ritorno degli investimenti sia in termini economico-finanziari, sia di mantenimento delle competenze tecnologiche e di livelli occupazionali qualificati. Basti considerare che il moltiplicatore della domanda aggregata degli investimenti in sistemi di difesa è pari a 1,83, il più elevato tra quelli relativi alla spesa pubblica; 1 euro di investimenti in ricerca e sviluppo genera 6-7 euro di Pil; 10 milioni di euro creano 300 nuovi posti di lavoro, altamente qualificati.
Al pari degli altri grandi Paesi europei, anche l'Italia si è dotata a suo tempo di una specifica legge, la 808/85, dimostratasi un importante strumento di sostegno alla R&S nel settore aerospaziale ed elettronico. Questa legge, finanziata dal ministero dello Sviluppo economico, ha garantito interventi dell'ordine di 400-500 milioni di euro l'anno, il 30% dei quali destinati alle Pmi, ed è riuscita ad attivare ulteriori investimenti, da parte delle imprese, pari ad almeno il 45% di quelli pubblici, consentendo così all'industria nazionale di sviluppare nuove tecnologie che hanno contribuito in maniera decisiva al successo dell'industria italiana, e di Finmeccanica, in questo settore. Tra queste, lo sviluppo di materiali compositi per le costruzioni aeronautiche, di sistemi avanzati ad ala rotante, di radar per il controllo del traffico aereo e navale, di velivoli e sistemi di addestramento avanzato. La vendita di prodotti basati su queste tecnologie ha generato per Finmeccanica un fatturato, in gran parte di esportazione, pari a circa dieci volte l'investimento in ricerca e sviluppo.
Nel 2012 la legge 808/85 non è stata rifinanziata, interrompendo così, per la prima volta in oltre vent'anni, un'azione costante di "partenariato strutturale" tra Stato e imprese che aveva dato riscontri altamente positivi in termini di tecnologia, sviluppo, occupazione e innovazione. Pur in assenza di tale fondamentale finanziamento, Finmeccanica ha continuato ad investire, nei limiti sostenibili dal proprio conto economico, per proseguire programmi di ricerca avviati negli anni passati e per avviarne di nuovi.
Vi è ora il rischio concreto di vanificare queste attività di ricerca e sviluppo già avviate, non solo da Finmeccanica, ma dall'intero comparto industriale dell'aerospazio e difesa italiano, in quanto il rifinanziamento della Legge 808/85 non è previsto nell'ambito del Ddl relativo alla Legge di Stabilità 2013: sarebbe il secondo anno consecutivo senza finanziamenti della R&S.
In un momento tanto delicato per la nostra economia, il mancato finanziamento della ricerca equivale a minare alla radice una delle poche avanguardie tecnologiche presenti in Italia, che al contrario dovrebbe essere rafforzata proprio in un periodo di crisi, per trovarsi pronta, con prodotti più competitivi, nel momento della ripresa. Così come accade in altri Paesi (Germania, Regno Unito, Francia), le cui industrie del settore sono nostre concorrenti su tutti i mercati del mondo, pronte a cogliere ogni occasione di espansione che un nostro indebolimento competitivo potrebbe aprire sul mercato.
Questo significherebbe fermare il processo di miglioramento continuo che qui, come e più che in altri settori dell'economia, continua a garantire all'industria italiana la possibilità di essere leader credibile nel settore dell'alta tecnologia, su molti mercati e in tutti i continenti. Equivarrebbe, inoltre, a rendere sempre più precaria un'occupazione altamente qualificata, riducendo il patrimonio tecnologico del Paese e costringendo Finmeccanica a ridimensionare in modo significativo il proprio perimetro di competenze, fino ad intaccare il core business.
Al contrario, basterebbe rifinanziare la legge 808 con 50 milioni di euro all'anno (con impegno di spesa di 15 anni) per garantire all'industria italiana dell'aerospazio e dell'elettronica, quindi anche a Finmeccanica e al suo indotto, il supporto necessario per proseguire lo sviluppo di progetti innovativi che permetterebbero di continuare ad eccellere nel mondo, assicurando decine di migliaia di posti di lavoro altamente qualificati ai nostri giovani.
Siamo consapevoli che il momento è tutt'altro che facile, che vi sono risorse limitate e che bisogna competere sempre più duramente per vincere sui mercati. Siamo tutti impegnati per rispondere alla continua sfida attraverso la nuova Finmeccanica che stiamo costruendo: una Finmeccanica più sostenibile, più trasparente, più competitiva, maggiormente inserita nelle tante comunità di tutto il mondo dove operano, con professionalità e intelligenza, i nostri 68.000 dipendenti. Dipendenti che, come il sottoscritto, non si sentono né "deboli" né "soli", ma che vorrebbero giocarsi le loro capacità ad armi pari con i concorrenti degli altri Paesi.
Giuseppe Orsi è presidente e amministratore delegato di Finmeccanica
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-12-04/tagli-aerospazio-063637.shtml?uuid=Ab5eou8G&p=3
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