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Un telefono per i soldati a rischio

Uranio impoverito: allo 06.65932231 assistenza legale dei Verdi ai militari

Hanno messo a disposizione di tutti i militari italiani che hanno partecipato a missioni in aree a rischio contaminazione uranio impoverito una linea telefonica 06.65932231 e un indirizzo di posta elettronica lazio@verdilazio.it
24 marzo 2004
Redazione

Una linea telefonica per raccogliere le denunce dei soldati italiani in Kosovo che hanno partecipato a missioni a rischio di contagio da uranio impoverito e per fornire assistenza legale.
E' l'iniziativa dei Verdi, che arriva dopo la scoperta di altri due casi sospetti nel Lazio di contaminazione da uranio impoverito (già denunciati nei giorni scorsi), fanno sapere in una nota. "Si tratta di due soldati in missione in Kosovo. Sono Armando Paolo, di Latina, e Giovanni Stagni, di Aprilia", si legge nella nota. "27mila soldati italiani hanno partecipato dopo la guerra nei Balcani alle 112 missioni della nato nella ex Jugoslavia- spiega Angelo Bonelli, coordinatore dei Verdi- in quell'area sono stati sparati oltre 31mila proiettili all'uranio impoverito. La triste storia dei due soldati, uno di Latina l'altro di Aprilia, adesso in congedo senza alcun tipo di aiuto economico, è sconcertante. Tornati a casa i due militari hanno cominciato a lamentare disturbi di vario genere. All'ospedale Umberto I e all'istituto oncologico Ifo al soldato di Aprilia è stato diagnosticato un tumore maligno al retto e una serie di linfonodi maligni al collo e sotto le ascelle. Al soldato di Latina, invece, e' stata diagnosticata una disfunzione tiroidale”.
"Oggi- aggiunge Bonelli- abbiamo messo a disposizione di tutti i militari italiani che hanno partecipato a missioni in aree a rischio contaminazione uranio impoverito una linea telefonica 06/65932231 e un indirizzo di posta elettronica lazio@verdilazio.it . La storia dei due soldati in servizio in Kosovo nel 2000, che hanno riferito che le maschere antigas per ripararsi dall'uranio erano prive di filtri e insufficienti per tutti, e che di tute protettive ne erano state portate solo in pochi campioni tanto per far vedere che esistevano, deve far riflettere, e merita la massima attenzione”. "Quanti sono i militari che si sono ammalati - chiede Bonelli - quanti quelli che non riescono a veder riconosciuti i propri diritti. E' necessario fare chiarezza, a partire da com'e' stata condotta l'indagine epidemiologica per i militari in missione in Kosovo, che presenta lati oscuri come evidenziato da questi due nuovi casi". (Dire)

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